Need for Speed – Recensione

Dopo la buona, ma non ottima, prova con Rivals, Ghost Games torna a bruciare l’asfalto con il nuovo capitolo di Need for Speed. Per l’occasione il titolo perde ogni apposizione e i dev anglo-svedesi reinventano la saga motoristica, prendendo ispirazione da uno dei capitoli più amati dal pubblico, Underground, declinandola in una forma che abbraccia sia alcune novità introdotte in Rivals sia una car culture totalmente nuova e al passo con i tempi. In undici anni, tempo trascorso dall’ultimo Underground, è cambiato tutto e, fatevene una ragione, quei tempi sono clamorosamente passati, sia culturalmente sia in termini di rapporto stesso con la strada. E così, se musicalmente il crossover e il nu metal fanno spazio all’elettronica e l’indie rock, anche il viscerale legame con la ricerca della performance in ottica vittoria è profondamente mitigato da una cultura sociale e condivisa, che pone al primo posto l’esperienza di guida stilosa. Sì, insomma, anche Need for Speed è diventato hipster.

SEGUI IL FLUSSO, FRATELLO

Il cambiamento filosofico della saga passa attraverso cinque storie raccontate in live action grazie alla collaborazione con attori professionisti e alcune personalità illustri del mondo dei motori, da Magnus Walker all’oramai icona videoludica Ken Block. Le cinque trame rappresentano un pentagramma su cui esprimere il proprio stile di guida, suonando le dolci note delle auto a disposizione come meglio si crede: le possibilità sono davvero tante e per quanto le cinque categorie (speed, crew, tuning, style e outlaw) sembrino inizialmente antitetiche, nel corso della campagna le varie strade si intrecciano sovente, tanto che per godere appieno del gioco viene relativamente naturale percorrerle tutte in parallelo, pur preservando il proprio stile al volante. Quello che bisogna metabolizzare, soprattutto nell’inizio abbastanza lento del gioco, è il clima estremamente “ggiovane” dell’intera produzione, con personaggi che parlano per slogan e appellativi che lasciano un po’ basiti – e che sicuramente hanno messo in difficoltà i traduttori, tanto da far riesumare la parola “pula” per indicare la polizia – ed esterrefatti, soprattutto quando vengono accompagnati da un continuo fist pumping. Il segreto, però, è tollerare e immergersi nel flusso e, al netto delle risate strappate dai pur ben prodotti filmati, comprendere che il concetto alla base di tutto ciò sia il puro piacere di guidare in maniera estrema per le strade notturne di Ventura Bay, città di ispirazione californiana con un evidente problema climatico, data la pioggerella continua che accompagna le nostre sgroppate. Una volta compreso che il senso del gioco sta nel perseguire gli obiettivi che ci vengono proposti man mano, che spesso esulano dal concetto classico di vittoria, e che il fine ultimo è seguire la strada delle 5 icon tutto diventa più divertente e il piacere di portare a termine un treno di derapate in perfetta sincronia può ripagare gli sforzi di aver tirato su la macchina perfetta con l’assetto perfetto.
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MECCANICI? NO, ARTISTI

Need for Speed porta alla ribalta anche il tuning, che offre picchi clamorosamente alti, ma anche qualche delusione. Sulla piatto della goduria c’è sicuramente il peso sulle performance del tuning prestazionale: i kit di sviluppo sono diversi e non si tratta sempre di prendere quello più costoso, quanto quello più adatto al proprio stile. A completare il quadro della personalizzazione c’è la modifica dell’assetto della vettura, che man mano che viene dotata di componenti avanzati può essere rifinito per dare il feeling di guida corretto, posizionato idealmente in un diagramma che mette agli estremi il drift perenne e il controllo assoluto. Il sistema funziona molto bene e ce n’è per tutti i palati visto che si può modificare radicalmente il comportamento di ogni automobile. Molto positivo anche l’editor di livree con cui vandalizzare la sobrietà estetica e le linee di capolavori appena usciti di fabbrica con ogni sorta di vinile e vernice poco eleganti, per la gioia di chi, come me, finisce poi per passare più ore a creare livree che a guidare. D’altronde, se si viene invitati da Ken Block a guidare per strada, mica puoi presentarti con un vestito inadatto? Meno entusiasmante, invece, è il tuning estetico dal punto di vista della personalizzazione della scocca, con molte auto che, presumibilmente per motivi di licenza, offrono ben pochi ricambi e, di fatto, restano sempre molto simili alle loro controparti stock. Fatto sta che, in ogni caso, il roster di vetture di Need for Speed accontenterà un po’ tutti, dato che grazie alla collaborazione con Speedhunters, gotha della car culture contemporanea, la scelta è ricaduta su auto di ogni genere ed epoca. Viste le tante opzioni di tuning, tra l’altro, per gran parte del gioco non è richiesto strettamente di cambiare auto, e per alcune discipline come il drift è possibile tranquillamente continuare ad elaborare la propria vettura iniziale. Quest’aspetto, che per certi versi potrebbe essere negativo, fa parte della filosofia di gioco totalmente libera attorno a cui Ghost Games ha sviluppato il titolo e che, a conti fatti, torna utile anche per avere un gioco online sempre equilibrato.
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ALLDRIVE AGAIN

Need for Speed è un gioco che richiede l’accesso online perenne: questo vuol dire rinunciare a replay e a un photo mode decente – grave danno data la grafica fuori parametro – da un lato, ma garantire un ambiente totalmente fluido tra single player e multiplayer. Le dinamiche di gioco sono sostanzialmente le stesse e tramite il rinnovato AllDrive è possibile in ogni momento organizzare sfide al volo o semplicemente una scorrazzata in compagnia. Il clima di cooperazione e di condivisione, infatti, è alla base del multiplayer di Need for Speed che, a conti fatti, potrebbe riuscire a fare quello che non è riusciuto a The Crew di Ubisoft: offrire una piattaforma per correre insieme a prescindere dalla gara in sé. Certo, io ho sentito la mancanza della possibilità di entrare in una lobby e correre in maniera molto ignorante, ma ho anche ben gradito quando ho sfidato o sono stato sfidato mentre ero a zonzo per Ventura Bay. D’altronde l’open world di Ghost Games è uno spasso da esplorare e c’è sempre qualcosa da fare, grazie ai tanti collezionabili e alle continue sfide in stile Driveclub che il gioco propone. Dal punto di vista del modello di guida, devo dire di essermi divertito parecchio soprattutto grazie agli assetti diversi delle macchine e alla natura arcade, ma mai scriteriata, del sistema messo a punto da Ghost Games. Una volta superata l’impasse delle prime gare oltremodo semplici, tra l’altro il gioco mi ha regalato degli attimi di esaltazione pura durante le gare finali delle diverse storie. D’altronde la filosofia quasi epicurea del piacere della guida in ogni occasione richiede tempo e disposizione mentale: Need for Speed non è un gioco frenetico e non offre una sfida complicatissima, ma è un’esperienza sempre divertente, frizzante e adatta a tutti i giocatori che vogliono un gioco di guida accessibile e profondo. Se avete un gruppo di amici, poi, il nuovo titolo Ghost Games è l’ideale per sessioni in multi ben organizzate, anche perché il net code è bello solido e graficamente resta sempre uno spettacolo clamoroso.