Moon

Curioso il destino che accomuna l’esordio artistico di Duncan Jones precedentemente conosciuto come Zowie Bowie, al celebre papà David, entrambi infatti affascinati dal grande spazio nel quale…

Regia: Duncan Jones
Cast: Sam Rockwell, Kevin Spacey
Distribuzione: Sony
Voto: 75

Curioso il destino che accomuna l’esordio artistico di Duncan Jones precedentemente conosciuto come Zowie Bowie, al celebre papà David, entrambi infatti affascinati dal grande spazio nel quale ruotiamo insieme alle altre sfere celesti. Ad esso si sono ispirati per raccontare storie di uomini perduti, abbandonati, dimenticati. Per David il successo è arrivato con la canzone Space Oddity nella quale era il Major Tom a chiamare invano la Terra, mentre per Duncan, responsabile in precedenza di campagne pubblicitarie di successo, si tratta del suo primo film, nel quale si racconta la storia di un altro essere umano perso lassù lontano, con la speranza di tornare a casa, ai suoi affetti, alla sua vita. In un futuro imprecisato, visto il sempre crescente bisogno di energia, le multinazionali sono andate a cercarsela sulla Luna, dove sono riuscite a produrre un gas, l’Elio 3, che viene estratto sulla dark side del satellite. Nella base della Lunar Industries, potente company, lavora Sam Bell, un umile operaio ma altamente specializzato, addetto alla manutenzione del sistema. Ogni tre anni avviene la rotazione del personale ed un altro dipendente arriva a sostituire l’esaurito collega.

Sam sta per completare il suo periodo di lavoro, durante il quale la sua unica compagnia è stata Gerty, il computer di bordo, un accondiscendente servitore pronto ad accudirlo e proteggerlo, programmato per esprimersi con una calda e pacata voce umana e a comunicare anche i suoi stati d’animo attraverso la faccina di un emoticon . Ogni tanto Sam riceve la videochiamata dell’amata moglie, che lo attende sulla Terra con la figlioletta, e qualche comunicazione di servizio, ma per motivi tecnici non sono mai in diretta. Tutte queste funzioni sono filtrate e rese possibili dall’intervento di Gerty. Sam è stanco di tanto isolamento, sente la mancanza dei suoi cari e nelle notti sogna l’amore di sua moglie. Ma un giorno comincia ad avere strane visioni e, mentre si trova su un mezzo esterno per una riparazione, provoca un incidente nel quale si ferisce. Al suo risveglio nell’infermeria della base, assistito amorevolmente da Gerty, avverte che qualcosa è cambiato, nonostante le rassicurazioni del computer, avverte i segnali di un’anomalia, di un mutamento nel suo comportamento e in quello di Gerty e un sospetto oscuro prende forma, una forma che si rivelerà drammaticamente identica a lui stesso…

Costato solamente 5 milioni di dollari, intenso e misterioso, pervaso da una ineluttabile malinconia, Moon ha un suo fascino che risente anche dell’influsso dei molti illustri predecessori, da Solaris a 2001 Odissea nello spazio, per il vuoto alienante silenzio di un’esistenza troppo lontana dalla Terra, e inevitabilmente Blade Runner, data la piega che prenderà la narrazione, ma il regista cita anche il trascurato Silent Running del 1971 (in italiano 2002 la seconda Odissea diretto dal grande Douglas Trumbull ), con Bruce Dern, anche lui un solitario ricercatore abbandonato nella sua stazione rotante, e Atmosfera Zero, tutti titoli più attenti alle meccaniche dei rapporti umani piuttosto che a quelle delle astronavi. Delude un poco solamente la conclusione affrettata che lascia in sospeso qualche dettaglio che potrebbe però essere svelato in un secondo film (nelle intenzione di Jones infatti la storia completa dovrebbe essere una trilogia). Splendida come sempre l’interpretazione di Sam Rockwell, pensando al quale il film è stato scritto, uno dei più grandi e misconosciuti attori di questi anni. La voce di Gerty nell’originale è di Kevin Spacey, che in italiano mantiene il suo doppiatore storico, l’ottimo Roberto Pedicini. Bella l’evocativa colonna sonora di Clint Mansell (The Wrestler, The Fountain, Requiem For A Dream). Tutti i mezzi in movimento che si vedono nel film sono stati realizzati con modellini, in uno stile volutamente datato anni ’60/70 grazie all’intervento del veterano Bill Pearson (Alien, Thunderbirds, AVP; Casino Royale), che si muovono su un grande plastico di 25 metri per 20, riducendo così l’uso della costosa computer grafica, con una procedura che ricorda quella usata da George Lucas per i suoi primi Star Wars,mentre i candidi interni della base e gli esterni sono stati ricostruiti in studio.

Esprimendosi “musicalmente ” il trentottenne Duncan Jones dice “it’s only science fiction, but i like it”, dichiarando di essersi ispirato al libro Entering Space di Robert Zubrin per una sceneggiatura scritta insieme a Nathan Parker. Presentato all’ultimo Sundance Festival e poi in altre manifestazioni in Europa con grande apprezzamento, Moon è un esempio di una fantascienza senza effetti, senza astronavi, senza battaglie o alieni, senza sparatorie e senza viaggi nel tempo, ugualmente pervasa da un’angosciosa suspance, la semplice storia di un essere umano e una riflessione quasi sociale su un possibile futuro: quali azioni è lecito compiere per procurare ciò di cui necessita l’umanità, per fare sì che non si estingua ma nemmeno perda le caratteristiche che le attribuiscono tale nome? Se un computer a forza di agire come un umano si può dimenticare di essere una macchina e scegliere di comportarsi diversamente da come è stato programmato, come si evolverà un essere perfettamente uguale ad un altro umano ma definibile ” di seconda categoria”? Se per fare un certo lavoro è necessario un uomo, come impedire che la sua “umanità” un giorno crei degli intoppi ad un’oliata ed impersonale macchina per produrre profitti? E infine, il dolore provocato da un ricordo “indotto” è meno pungente di uno “reale”? E come evitare la compassione, intesa come capacità di condividere i propri sentimenti con gli altri ed accogliere i loro in noi? In fondo siamo tutti cloni di uno stesso dio… che sia Dio nell’alto dei cieli , la Natura o un genetista geniale…