Edward Kenway è la cosa migliore successa ad Assassin’s Creed dai tempi di Ezio Auditore. Parole forti? Lo so, ma devo ammetterlo… Connor non mi è mai andato giù. Per assurdo, il suo antagonista era ben più interessante e lo devono aver capito anche in Ubisoft, tanto da aver deciso di ripercorrere a ritroso l’albero genealogico della famiglia Kenway. E guardate che non si tratta solo di un cambiamento voluto per mere ragioni di marketing o di opportunità. Edward è parecchio diverso dai suoi parenti e predecessori: ha uno spirito animato da ben altre esigenze, ben più materiali e concrete del combattere un gruppo di fanatici. I Templari, insomma, sono sì suoi nemici, ma tanto quanto lo sono gli inglesi e gli spagnoli. Il fatto di indossare i panni di un Assassino non è dovuto a un trauma familiare o una forma di redenzione, ma per puro e semplice opportunismo.
L’occasione si presenterà fin dai primi minuti di gioco; non occorrerà quindi attendere un mentore misterioso e passare attraverso ere geologiche prima di entrare seriamente nel vivo della storia. Eh sì, al contrario di AC3, qua si fanno poche chiacchiere, anche perché Mr. Kenway non è un nobiluomo fiorentino nato e cresciuto nella bambagia, tanto meno un nativo americano dal nome impronunciabile. È un uomo che vuole vivere libero, che ha lasciato a casa una moglie e che cerca ricchezza e gloria solcando il Mar dei Caraibi. Certo, che lo faccia a bordo di una nave che sventola un nero vessillo non lo rende proprio il più onesto e raccomandabile degli essere umani. Ma altrimenti, che razza di pirata sarebbe?
UNA BOTTIGLIA DI RUM
Del resto non è un mistero l’ambientazione piratesca di questo Black Flag, sesto titolo ufficiale di una produzione giunta ormai al settimo anni di vita. Un record mica da poco, un po’ come le decine di milioni di copie vendute fino a oggi. Numeri che hanno trasformato questo franchise in uno dei prodotti di maggior successo di Ubisoft, che ora come ora non potrebbe mai rinunciare alla serializzazione annuale. Lo sappiamo tutti come vanno queste cose: quando si entra in questo circolo vizioso, iniziato da Call of Duty in tempi non sospetti, bisogna sfornare capitoli nuovi uno dietro l’altro; uno sforzo encomiabile, che vede coinvolti centinaia di individui, sparsi in più team per tutto il Globo. Pensate che quest’ultimo capitolo ha visto la collaborazione di oltre 900 persone… cifre da capogiro proprio!
Però non si può negare che qualcosa in Assassin’s Creed abbia iniziato a incrinarsi dopo Brotherhood. Revelations stava già tirando eccessivamente la corda e AC3, pur con l’introduzione di un rinnovato motore grafico (l’AnvilNext), ha finito per incespicare, proponendo un gameplay fin troppo frammentato e un ritmo tutt’altro che frenetico. Opinioni personali, sia chiaro: so benissimo che a tantissimi è piaciuto quel tipo di approccio (non ultimo il nostro Alberto Bono, ndAlias), ma per come sono fatto io, preferisco un qualcosa di meno rarefatto e più diretto, senza troppi impicci di contorno. Ed è qua che Black Flag brilla maggiormente, dato che gli sviluppatori hanno preferito semplificare, se non addirittura eliminare, alcuni degli elementi più fastidiosi della serie. Piccole ma fondamentali differenze, come il fatto che durante la corsa, se si sbatte contro un NPC, non si finisce più gambe all’aria. O che una volta evidenziati i nemici con l’Occhio dell’Aquila, questi si possano localizzare anche dietro gli ostacoli. Per non parlare dei tasti azione sempre presenti a video, in modo da non indurre il giocatore in confusione nei momenti più concitati. Scommetto che alcune di queste agevolazioni verranno viste come l’ennesimo abbassamento del livello di difficoltà, ma per quanto mi riguarda, penso che in certi casi sia doveroso arrivare a un compromesso, in nome di una giocabilità più felice e meno ammorbante.
Un discorso che si può applicare tale e quale al resto dello scheletro di gioco. Se di base lo schema a missioni è sempre quello, l’esecuzione si presenta assai più snella, un filo più votata allo stealth e punteggiata di checkpoint che evitano momenti di pura frustrazione à la AC3. Il fatto che non vi siano veri e propri picchi di difficoltà è un bel vivere, ma questo non significa affatto che Black Flag sia un gioco poco interessante e lo dimostrano le 20 e passa ore che occorrono per arrivare ai titoli di coda. Quel numero lì, poi, è davvero ben poca cosa, perché basta farsi trascinare in mezzo alle varie missioni aggiuntive per vederlo moltiplicarsi per due, come se niente fosse. Tante, tantissime le attività collaterali: gli incarichi che potremo svolgere sono a dir poco svariati, tali da accontentare tutti i gusti. Oltre alla solita raccolta di oggetti, come i Frammenti dell’Animus o le bottiglie contenenti parte di un misterioso diario, non mancano ben due sfide legate a particolari armature (Templari e Maya, ma non vi dirò altro). Non parliamo poi della caccia, che trova un senso compiuto in Black Flag, essendo le pelli degli animali legate a diversi upgrade del nostro personaggio. Sì, ci sono anche le celeberrime sequenze di pesca, dove toccherà fiocinare megattere, squali, orche e altra fauna marina sparsa. Qui entra in gioco il menu di fabbricazione: una bella trovata, che evita di dover passare tutte le volte da un negozio per fare acquisti di qualsiasi genere. Considerate che non esiste un’armatura da riparare e l’energia può essere ripristinata semplicemente stando fuori dai guai per un po’ di tempo. A completare il nostro armamentario ci sono un set di doppie spade e numerose pistole (fino a quattro in totale), cui si affiancheranno, nel corso del gioco, granate fumogene e una cerbottana. L’utilità di quest’ultima è fuori discussione, dato che permette di iniettare, a grande distanza, piccole frecce bagnate di narcotico o di un veleno in grado di far sbroccare gli sfortunati nemici. Anche in questo caso è possibile notare come si sia preferito sintetizzare l’inventario, con pochi oggetti, ma davvero utili. Per dire, anche le mappe del tesoro, che rappresentano un’altra serie di side-quest interessanti, sono sempre attivabili con una semplice selezione delle croce digitale, evitando così continue aperture di scomodi menu.
SUL PONTE DELLA JACKDAW
Ma Black Flag non è solo Edward Kenway, anzi, il suo ruolo segue di pari passo un altro “personaggio”, la Jackdaw, la nave sulla quale ci sposteremo e combatteremo, terrorizzando l’interno arcipelago dei Caraibi. Il nostro fido veliero diventa così un elemento centrale nella storia e, proprio per questo, buona parte degli investimenti dovrà votarsi al miglioramento dei tanti aspetti che coinvolgono un natante di siffatta natura. Parliamo di cannoni, di mortai, di barili esplosivi, palle incatenate e quant’altro possa aiutare ad affrontare e depredare qualsiasi imbarcazioni galleggi in questi mari. Le battaglie navali, insomma, saranno il metodo più veloce e diretto per procurarsi materiali (metallo e legno soprattutto) e denari per potenziare la Jackdaw a dovere, trasformandola nel terrore di Cuba e dintorni. Si tratta di sequenze decisamente più impegnative di quelle viste in AC3, dato che, oltre alla fase di cannoneggiamento, prevedono anche l’abbordaggio con relativo passaggio a fil di spada di tutto (o quasi) l’equipaggio. Va da sé che i bottini più sostanziosi si troveranno a bordo dei galeoni più imponenti, spesso dotati di dozzine di bocche da fuoco e almeno un paio di brigantini al seguito. In tutto questo, esistono alcune Navi Leggendarie, dei veri mostri galleggianti, che vi faranno sputare sangue prima di riuscire ad averne ragione: il più delle volte, una singola salva sarà in grado di trasformare il nostro equipaggio in cibo per squali. E non certo per modo di dire: i pescecani abbondano da quelle parti e ve ne accorgerete specialmente nelle sezioni dedicate all’esplorazione dei relitti subacquei, pericolose quanto utili per riportare alla luce tesori assortiti e progetti segreti.
UN SACCO DI COSE DA FARE
Insomma, l’avrete capito… ci sono davvero tantissime cose da fare in Black Flag e di annoiarsi non c’è proprio il tempo. Anche supponendo di andare dritti per la vostra strada, ignorando buona parte delle azioni secondarie, si rimane comunque coinvolti da una trama appagante, forte di un’atmosfera piratesca che non scade mai nella parodia o nel farsesco. Il gioco ha una sua identità e non prova certo a scimmiottate i Pirati dei Caraibi e tanto meno a rifarsi a un immaginario d’altri tempi (niente gambe di legno, uncini e pappagalli sulla spalla assortiti). Magari alcuni bucanieri avevano una sorta di codice d’onore, ma molti altri, la maggior parte, erano dei tagliagole interessati solo all’oro e ai Real. Non aspettatevi delle scenette buffe o caricaturali, anzi… forse questo è uno degli Assassin’s Creed più crudi, anche per via di Kenway. Vi garantisco che non lo vedrete mai disperarsi à la Connor e tanto meno lasciarsi scappare un “requiescat in pace”. Poco ci manca che sputi sui suoi nemici!
Detto questo, però, bisogna fermarsi un secondo e cercare di guardare l’insieme con un occhio il più distaccato possibile. Black Flag funziona bene, ma lo fa anche attraverso meccaniche che ormai conosciamo a menadito. Diciamo che gli sviluppatori hanno provato a nascondere i limiti ben noti della serie, i quali però son sempre lì ad aspettarci. Lo si nota negli inseguimenti, quando Edward si incastra nello scenario o fatica a muoversi nella direzione voluta. Tanto per cambiare, sono i combattimenti a rappresentare l’anello più debole in senso assoluto: non posso proprio fare a meno di chiedermi quando Ubisoft si deciderà a copiare brutalmente il Freeflow di uno dei tre Batman, perché di questi scontri a turni non se ne può più. Speriamo che la next-gen porti consiglio. A questo proposito, occorre una doverosa digressione in merito all’aspetto puramente tecnico.
LA NEXT-GEN
Assassin’s Creed IV è il primo gioco che mi è capitato di provare interamente su PS4 e – inutile dirlo – su questa console è davvero uno spettacolo. Attenzione, non sto dicendo che sia tutta un’altra cosa rispetto alle edizioni current-gen, ma gli accorgimenti tecnici sono tanti e tali da risultare a dir poco piacevoli. L’aspetto più impressionante rimane quello legato alla vegetazione, completamente renderizzata in 3D, tanto che è possibile distinguere le singole foglie di ogni albero e arbusto della rigogliosa flora caraibica. Gli effetti ambientali, dalla nebbia volumetrica alla pioggia simulata fin nelle singole gocce, trovano qui una nuova dimensione e profondità, arricchiti da un’illuminazione globale superiore a quanto possibile su Xbox 360 e PS3. Il mare, splendido a prescindere, si fa notare per il suo moto ondoso, che muta a seconda delle condizioni meteo (un po’ troppo variabili a volte), mentre, a livello di riflessi e rifrazioni sulla superficie dell’acqua, la next-gen vince a mani basse.
Il tutto è immerso nello splendore dei 1080p che, unito a un discreto antialias (ma il TXAA su PC è di un altro livello) e ai 30 fps fissi, contribuisce a completare un quadro di notevole fattura, pur limitandosi al ruolo di mero abbellimento. A livello di gameplay, infatti, tutte le versioni si equivalgono, e non potrebbe essere altrimenti. In ogni caso, è quasi miracoloso quello che sono riusciti a tirare fuori dall’hardware current-gen i ragazzacci di Ubisoft. Lo dimostrano anche il LOD e il pop-up: migliorato non poco il primo, quasi assente il secondo, rimpiazzato da un effetto di fade più piacevole. Tanto di cappello agli sviluppatori per essere arrivati a un tale livello di ottimizzazione: laddove altre serie si sono fermate da tempo, Assassin’s Creed ha continuato a migliorarsi. La strada intrapresa è certamente positiva, ma rimane da capire se Ubisoft riuscirà a far crescere di pari passo anche il gameplay, magari con qualche scelta di design davvero coraggiosa.