L’idea che sottende alla serie Inazuma Eleven mi ha sempre affascinato. D’altronde, quelli un po’ vecchietti come me, che sono crescuti a suon di Catapulte Infernali e Tiri della Tigre, non possono restare insensibili di fronte a un videogioco che permette di replicare certe gesta calcistiche folli e al di fuori di qualsiasi logica fisica. La serie di Level-5 ha persino avuto il pregio di attivare tutto un indotto, fatto per lo più di manga e anime, che ha permesso di conoscere le vicende di Mark Evans e compagni anche al di fuori del ristretto ambiente nintendaro. Questo terzo capitolo arriva dalle nostre parti in colpevole ritardo, visto che si tratta in realtà di un adattamento della versione per DS, uscita in Giappone nel lontano 2010. Il fatto che Lampo Folgorante e Fuoco Esplosivo (questo il nome delle due versioni distribuite in Italia) siano porting è abbastanza evidente fin da subito, visto che l’impatto grafico non è quello che ci si aspetterebbe da un titolo per Nintendo 3DS, seppur si nota un certo raffinamento rispetto all’edizione originale. Di certo, però, non è questo l’aspetto che dovrebbe muovere (o far rinunciare) all’acquisto un potenziale campioncino digitale, visto che in un J-RPG le questioni che spostano l’asticella della qualità riguardano soprattutto il gameplay.
Da questo punto di vista, Inazuma Eleven 3 non si discosta molto da quanto proposto dal predecessore. D’altronde, nel mondo dei videogiochi “squadra che vince non si cambia”, e la serie ha fatto buona presa nei cuori dei giapponesi, che hanno in questo genere di prodotti l’unico modo per vedere un compatriota diventare forte quanto e più di Messi e Ronaldo assieme. Mark Evans, comunque, è un portiere che in confronto Benji Price pare mia suocera alle prese con mouse e tastiera, anche se non è certo l’unico protagonista del gioco, visto che la premessa narrativa è la costituzione di una squadra nazionale giapponese che possa partecipare al Football Frontier International, ovvero un campionato mondiale per giovani promesse del calcio.
Proprio come i suoi predecessori, anche Inazuma Eleven 3 si regge sulla tipica struttura da J-RPG. Si va in giro (con un botto di backtracking), si parla alla gente, si aprono scrigni, si comprano cose e si livella come se non ci fosse un domani. Allo stesso modo, poi, si svolgono i combattimenti, qui incarnati ovviamente in partite di pallone all’ultima mossa speciale. L’azione si svolge in real-time mediante tap dello Stilo sullo schermo touch e si blocca al momento di incappare in un avversario o di effettuare (o subire) un tiro in porta. Qui entrano in ballo tutti i parametri dei vari giocatori, che devono essere confrontati tra loro per operare la scelta giusta, poco importa che sia tentare un dribbling, uno sfondamento o sfoderare un’abilità speciale. Il mix funzionicchia quando si tratta di affrontare match corposi, ma si risolve in poco più che un esercizio noioso durante gli incontri casuali, tutt’altro che impegnativi e, in generale, poco forieri di Punti Esperienza.
A parte l’introduzione di qualche oggetto e delle nuove tecniche di squadra, Inazuma Eleven 3 è troppo uguale ai capitoli che lo hanno preceduto perché non si provi un eccessivo senso di déjà vu, talvolta con sfumature negative quando ci si accorge che alcuni difetti endemici sono stati riportati “paro paro”. Come detto, il backtracking è eccessivo, così come i dialoghi tendono un po’ troppo spesso a essere lunghi e stucchevoli: roba che piace da matti ai giapponesi, evidentemente, ma che in Inazuma Eleven è reiterata con troppa ridondanza perché non porti a qualche sbadiglio di troppo. Oltretutto, chi non si fosse giocato gli scorsi capitoli potrebbe rischiare di perdere per strada diversi elementi di interesse della trama: la “réunion” sotto la bandiera del Giappone mette assieme protagonisti che fino a ieri erano acerrimi nemici sul campo e le cui relazioni sono ovviamente condizionate dagli accadimenti dei precedenti Inazuma Eleven.