Metal Gear Solid V: Ground Zeroes è quel che si dice una patata bollente. Da qualsiasi prospettiva lo si guardi, finisce sempre per sbatterti in faccia quel prezzo lì, che è un problema, inutile girarci attorno. È vero, ci sono tante cose da fare in questo piccolissimo assaggio dell’opera di Hideo Kojima, ed è bene sottolineare che per arrivare al fatidico 100% di completamento potrebbero essere necessarie dozzine di ore. Il che sarebbe fantastico se non fosse che esiste un unico scenario e una serie di missioni sempre e comunque legate al Camp Omega, la piccola base nemica situata nella celebre baia di Guantanamo.
La missione principale ormai è nota persino ai sassi. Snake, alias Big Boss, dovrà infiltrarsi in questa struttura paramilitare per cercare di salvare Paz e Chico, due nomi che suoneranno piuttosto familiari solo a quei giocatori che hanno avuto l’occasione di giocare a Peace Walker. Considerando che il titolo in questione, per altro validissimo, è uscito solo su PSP e in un remake HD su PS3, immagino che tutta l’utenza Xbox non riuscirà a cogliere le implicazioni del rapimento di questa coppia. Paz Ortega, il cui vero nome è Pacifica Ocean (giuro), è una giovane fanciulla cresciuta da una organizzazione segreta nota come Cipher. È una delle poche persone al mondo ad aver incontrato Zero, che è un po’ il master of puppet di tutta la saga di Metal Gear. Chico invece, al secolo Ricardo Valenciano Libre, è un ragazzino di 13 anni arruolato a forza nell’esercito del Fronte Sandinista di Liberazione, che per tutta una serie di casualità ha finito per incontrarsi con Big Boss. Come abbiano fatto i due ragazzini a finire incarcerati e torturati all’interno del Camp Omega non è molto chiaro, anche se diversi dettagli potranno essere svelati solo trovando le sette audiocassette contenenti le registrazioni di alcuni (dolorosi) eventi.
Entrare in questa base non è comunque una passeggiata di salute. Snake si trova per la prima volta in uno scenario caratterizzato da ben pochi ripari, circondato da una marea di soldati tutt’altro che stupidi e senza gli aiuti dei capitoli precedenti. Kojima ha difatti eliminato completamente l’HUD, quindi a video non troverete una mappa con la posizione dei nemici, il loro status e cose del genere. L’unico modo per sapere dove si trovano i soldati e cosa stanno facendo è di inquadrarli con il binocolo per qualche secondo, in modo da taggarli ed eventualmente udire anche i loro discorsi. In certi casi il chiacchiericcio fra commilitoni potrebbe svelare dettagli importanti per la missione in corso, quindi conviene soffermarsi ad ascoltare quel che dicono. Trovare Chico non sarà un problema, ma Paz richiederà invece un po’ più di arguzia e attenzione ai particolari.
Questo cambio nell’approccio stealth di Metal Gear Solid probabilmente non farà impazzire i veterani della saga. Kojima ha insistito molto sul concetto di realismo e quindi non meraviglia che celebri trovate, come lo scatolone di cartone, siano totalmente scomparse dal gameplay. In compenso è possibile attivare in qualsiasi momento l’iDroid, una sorta di proiettore portatile con il quale si può avere una visione completa della mappa di gioco e degli obiettivi. Questo, è bene ricordarlo, sempre e comunque in tempo reale. In Ground Zeroes non esiste il concetto di pausa, quindi se vi fermate a consultare il vostro tablet dell’anteguerra, lo fate a vostro rischio e pericolo.

Se una guardia inizierà a insospettirsi, vedrete delinearsi una sorta di mezzaluna sulla schermo, a indicare che ha notato la vostra presenza. Sperare che si distragga è una tattica che difficilmente funziona, quindi l’unica via d’uscita rimane sfruttare l’ambiente a proprio vantaggio o colpire al volo la guardia con un letale colpo alla testa, o anche addormentarla con un proiettile tranquillizzante. Ovviamente, lasciare dei cadaveri in giro non è una tattica congliabile, dato che il rischio di mettere in allarme l’intera base è piuttosto elevato. Nascondere i corpi non è però così semplice, anche perché, tolti i cespugli, rimangono ben pochi luoghi utilizzabili con successo. Qualora, nonostante tutte le precauzioni, qualcuno dovesse notarvi, avrete comunque il tempo di reagire tramite una specie di bullet-time: ocio… non si tratta di un salvacondotto che vi toglie dai guai a ogni passo; di certo aiuta, ma se vi trovate con il soppressore del fucile scarico, il rumore dell’arma verrà sentito anche a grande distanza, allertando tutti i soldati in zona. Ground Zeroes è insomma uno stealth game tutt’altro che banale, anzi, rispetto al passato offre un livello di sfida più alto. L’IA ha fatto non pochi passi avanti dai tempi di Metal Gear Solid 4 e riuscire a salvarsi dopo che è stato dato l’allarme, non è un affare semplice.
Rimane però sempre il discorso legato alla lunghezza complessiva della missione principale, l’unica dotata di un arco narrativo concreto, vero preambolo al futuro (speriamo non troppo remoto) Phantom Pain. Personalmente ho terminato la campagna in circa un’ora e mezza, con non poche morti in mezzo. Al secondo giro ci ho messo 60 minuti e alla lunga ho il sospetto che potrei metterci sempre meno. In verità, due sono gli aspetti che potrebbero convincervi a ricominciare ogni volta da capo: la raccolta delle 9 toppe XOF, necessarie per sbloccare la missione segreta (Deja Vu su PS3/PS4, Jamais Vu su Xbox 360/One) e il ritrovamento di tutte le cassette di Chico (sette in totale), queste più per curiosità che altro. Le quattro missioni che si sbloccano una volta completata la campagna primaria sono dei contentini: anche a perderci tempo, portano via tre o quattro ore al massimo in totale. Ho trovato comunque piuttosto divertente il salvataggio dell’agente segreto, con tanto di assalto al Camp Omega a bordo di un elicottero: una roba un po’ da Rambo, ma almeno diversa dal solito e con un finale a sorpresa niente male.
Torniamo quindi alla domanda iniziale: vale davvero la pena investire quasi 40 euro per un demo allargato? Purtroppo, non ho la risposta definitiva. Personalmente – ed esco un attimo dal discorso puramente critico di una recensione – la trovo una cifra eccessiva, almeno doppia rispetto a quella che reputerei accettabile come giocatore. Ma come accade con certi film, libri e opere d’ingegno assortite, il valore che possiamo dargli è troppo soggettivo, legato a sentimenti che travalicano, spesso e volentieri, la ragione. Certo, non posso negare che Ground Zeroes mi abbia emozionato, a tratti persino disturbato: da grande fan della saga, ogni nuova uscita, ogni frammento di storia, ogni passo avanti nell’enorme puzzle narrativo ideato da Hideo Kojima riesce a emozionarmi. Metal Gear Solid rimane un’opera complessa, contraddittoria e facile da odiare, ma nulla m’impedirà di attendere Phanton Pain con un’impazienza smisurata.