Un paio di precisazioni, giusto per iniziare: la prima è che sono di nuovo un drogato di Anime, e mi porterò avanti questa condizione per parecchi mesi, alla ricerca di segreti e successivi livelli di sfida, perché Dark Souls II è agilmente in grado di distruggere la vita sociale di un amante degli ARPG; la seconda riguarda il giudizio e i contenuti di questo articolo, che hanno come base l’ottima recensione di Ivan Conte di qualche settimana fa, per le versioni old gen del gioco From Software, e ne seguono il senso anche in termini meramente numerici. Le mie valutazioni saranno prevalentemente tecniche, dunque, vista la comprensibile attesa che circondava l’uscita della versione PC, e solo in minima parte andranno a toccare ulteriormente le questioni ludiche intorno a Dark Souls II.
ORFANI DELLA PACE
Una discussione su Dark Souls II, al massimo, si può focalizzare sul bilancio delle caratteristiche introdotte ex novo, mentre per il resto possiamo tranquillamente appendere al chiodo i freni critici, di fronte a meccanismi di ruolo costruiti con precisione e tanta maestria artigiana. Da una parte abbiamo elementi del lore, alcuni scorci di level design e boss mediamente meno ispirati, giusto perché eravamo abituati a un elevatissimo grado di meraviglia e varietà; dall’altra, però, c’è un mondo di gioco più grande e colmo di cose da fare e da vedere, un poco più aperto nell’esplorazione delle ambientazioni così come nella possibilità di sfruttare gli oggetti per agire sulla difficoltà, con robusti sconti sulle restrizioni (limitando la perdita di vita da Esseri Vuoti, ad esempio, oppure ripopolando alcune aree dopo il limite dei 15 respawn) e ulteriori innalzamenti del livello di sfida anche al primo giro di giostra.
Dark Souls II si prende la libertà di risultare più interessante e vario nelle fasi avanzate, dopo parecchie ore, nelle diramazioni più lontane dal “nucleo” di Majula, ma non toglie mai la foga di venir divorato: anche nei passaggi meno riusciti, magari nella ripetizione di mostri e situazioni già viste nell’immediato predecessore, a tenerci compagnia c’è la lenta e meticolosa costruzione del personaggio, il valore assuefacente degli item di gioco e l’atmosfera del mondo di Drangleic, meno densa ma comunque capace di incrociare, per lunghissimi tratti, il mistero minimalista e il fascino dark che la serie è sempre riuscita a sublimare.

IL GIUSTO RISCATTO
Dopo la Prepare to Die Edition, per fare pace con i giocatori PC (sul piano tecnico; in termini di gameplay non c’era davvero nulla da eccepire, men che meno sull’ottima line quest su Artorias) serviva un risultato di segno nettamente contrario, che per fortuna è arrivato. Naturalmente, in Dark Souls II abbiamo finalmente ottenuto le attenzioni più ovvie, come le risoluzioni HD o un degno frame rate, incredibilmente negate dall’edizione PC di Dark Souls. Al di là di ciò, non mancano altri cambiamenti di peso rispetto alle versioni Xbox 360 e PS3, rilevabili nelle texture molto più rifinite, nei bei effetti di rifrangenza (talvolta un pochino troppo marcati) e nella validità del sistema di illuminazione (complici le ombre soffuse e convincenti), particolarmente adatto ad esaltare le preganti atmosfere di Drangleic.
Fatti i dovuti distinguo, per sancire la notevole distanza visiva con le altre versioni possiamo scendere più nel dettaglio: in tante, pericolosissime zone di passaggio, dunque in una parte rilevante del gioco, il valore prevalentemente funzionale del level design rende il risultato non così lontano dalla Prepare to Die Edition che fu (opportunamente moddata, per la risoluzione e l’unlock del frame rate), con una quantità relativamente bassa di dettagli ed elementi “d’arredo”; a Majula e nelle regioni più importanti, invece, gli scorci maggiormente elaborati permettono di godere appieno dei progressi, supportati da un buon numero di opzioni grafiche e da un frame rate incollato ai 60 fotogrammi per secondo. L’esperienza visiva, che pure non ha nulla di rumorosamente next gen, è volata via leggerissima su una macchina composta da un Quad Core i5 a 3,4 GHz, 8 Giga di memoria di sistema e una GeForce 780 GTX. In queste condizioni la resa ai massimi livelli è addirittura ovvia, ma una rapida prova in stereoscopia (non ancora perfetta; gli utenti 3D Vision, come sempre, tengano sott’occhio questo indirizzo per eventuali mod correttivi) ha mostrato come il frame rate sia rimasto ineccepibile, anche raddoppiando la richiesta dei fotogrammi per secondo, per cui le prestazioni dovrebbero essere più che soddisfacenti su un larghissimo spettro di macchine.
Ancora una volta è emersa un (bel) po’ di inesperienza nella definizione dei comandi per mouse e tastiera, inutilmente numerosi e intricati, talvolta con due input da premere contemporaneamente, laddove il pad permette di avere tutto sotto controllo senza troppo soffrire (le assegnazioni tasti del gamepad, peraltro, non sono indicate nei menu di gioco). Alla fine, il tutorial iniziale è più che sufficiente ad acquisire il pieno ed efficace controllo del proprio personaggio, addirittura prima di mettere piede a Majula, a patto di non farsi del male perseverando con i comandi PC. Dark Souls II richiede parecchie energie mentali, direi addirittura “fisiche”, ed è bene affrontare l’esperienza al massimo della praticità, con le mani ben salde su qualcosa di responsivo e immediato. La morte di certo non aspetterà, se non troviamo il tasto giusto.