The Last of Us Remastered – Recensione

The Last of Us part II PlayStation 4

È passato poco più di un anno dall’uscita di The Last of Us e all’orizzonte ancora non si vede un titolo che possa in qualche modo offuscarne l’eccezionale valore. Su questa produzione sono state spese migliaia di parole (qui trovate la nostra recensione, per esempio) ma, per quanto ci si sforzi, è davvero difficile sottolinearne la grandezza in modo esaustivo, perché mai come in questo caso bisogna sedersi davanti a una gran bella TV con un impianto audio senza troppi compromessi e quindi lasciarsi guidare in una delle storie meglio narrate che si siano mai viste in ambito videoludico. Centinaia di testate lo hanno eletto Game of the Year e oltre 7 milioni di giocatori gli hanno dato fiducia, un risultato strepitoso per una nuova IP in un mercato sempre più difficile, dove produrre nuovi titoli tripla A è un azzardo sul quale ben pochi publisher sono disposti a scommettere. Fortunatamente Sony ha sempre avuto una filosofia ben diversa rispetto a molti concorrenti, pur essendo consapevole del fatto che i rischi sono in costante ascesa e i ritorni finanziari sempre più risicati. Shuhei Yoshida, il presidente dei Worlwide Studios ha affermato poco tempo fa che non più di quattro giochi su dieci creano un certo profitto. Tra questi, giusto un paio incassano cifre tali da coprire le perdite degli altri.

Gli ingegneri di The Last of Us Remastered

E qui veniamo a The Last of Us Remastered, un titolo che per certi versi segue la scia di Tomb Raider: Definive Edition. Come per l’opera firmata Crystal Dynamics, l’idea rimane quella di riprendere giochi usciti nella precedente generazione di console, svecchiarli e infondergli nuova linfa grazie alla maggiore potenza di fuoco offerta da un hardware ben più performante. La parola d’ordine è 1080p/60 fps, un aspetto fondamentale che coinvolgerà anche la Redux di Metro 2033/Last Light. Indubbiamente le avventure di Lara hanno preso tutto un altro sapore su PS4 (mentre è andata un pochino meno bene su Xbox One), ma l’impressione che si potesse fare molto di più c’era tutta. In molti avevano riposto le proprie speranze in The Last of Us Remastered: diciamocelo chiaramente, i Naughty Dog sono davvero su un altro pianeta quando si parla di qualità tecnica e artistica, ed è davvero difficile trovare un team altrettanto talentuoso e capace in tutta l’industry. Non è un caso, del resto, che il Team ICE, responsabile della creazione e dello sviluppo delle eccellenti librerie grafiche di PS4, militi proprio da quelle parti. Alcuni fra i migliori ingegneri informatici hanno trovato casa negli uffici di Naughty Dog e quello strepitoso filmato in realtime di Uncharted 4, mostrato alla conference E3 di Sony, lo ha ampiamente dimostrato.
The Last of Us Remastered Recensione 06
Con The Last of Us i “cagnacci” hanno davvero fatto i miracoli su PS3 e chiedere di più al complicatissimo hardware di Ken Kutaragi era davvero impossibile. Qualcuno ha lamentato un frame rate non sempre perfetto o texture di qualità altalenante, ma ragazzi, avete presente quali miracoli abbiano dovuto fare per riuscire a creare degli ambienti così dettagliati, con un sistema di illuminazione tanto sofisticato e realistico con meno 512 MB di RAM e una GPU che era già scarsa al suo debutto, 8 anni fa? Un lavoro di ottimizzazione, atto a spremere ogni millisecondo del CELL, con le SPU programmate direttamente in linguaggio macchina, nel tentativo di trasformare l’impossibile in possibile. Bisognerebbe davvero togliersi il cappello di fronte a risultati tanto eclatanti, piuttosto che puntare il dito senza neppure avere lontanamente l’idea della mostruosa mole di lavoro che ci può essere dietro la creazione di un qualcosa di così ambizioso e complesso.

Un’idea ce la dà Neil Druckmann, uno dei direttori creativi di The Last of Us, che ha definito “un inferno” portare il codice da PS3 a PS4, due macchine decisamente distanti a livello di architettura, con rapporti tra CPU e GPU praticamente agli antipodi. Naughty Dog, insomma, ha dovuto riscrivere tutto da zero, alla faccia della conversione facile facile, a costo zero, come alcuni sostengono. Non esiste nessun tasto magico che ti permetta di operare una conversione in cinque minuti, meno che mai quando si parla di un prodotto mirato a un’unica piattaforma, disegnato e pensato per sfruttarne punti di forza e debolezze. Ma per i coder è stata anche l’occasione per mettersi alla prova su PS4, utilizzando quindi The Last of Us Remastered come una vera e propria palestra dove sperimentare nuove soluzioni e mettere in pratica le proprie capacità.
The Last of Us Remastered Recensione 10

The Last of Us Remastered: un risultato eccellente

Il risultato è francamente eccellente, ben più di una spanna sopra la comunque ottima Definitive Edition di Tomb Raider. The Last of Us Remastered propone un frame rate quasi granitico, che di rado mostra qualche segno di cedimento, perdendo per strada qualcuno dei tanto discussi e desiderati sessanta fotogrammi al secondo. Sui 1080p non stiamo neanche a discuterne, mentre l’antialias, per quanto efficace nel 95% dei casi, non ha stessa identica precisione e qualità di quello – superlativo – visto in inFAMOUS: Second Son. Rimane comunque un bel vedere e le scalettature sono quasi materiale da lente d’ingrandimento. Degno di lode anche il lavoro operato sulle texture: non scherzavano affatto quando parlavano di risoluzione quadruplicata. È ora possibile ammirare fin nei minimi dettagli la cura certosina con la quale gli artisti hanno disegnato ogni singola location, arricchendola di particolari che probabilmente la maggior parte di noi nemmeno noterà mai. Si possono leggere anche le scritte più minute ed è davvero difficile incappare in qualche texture sgradevole. Può succedere, ma sembra più un glitch che altro.
Ovviamente nessuno si è sognato di ridisegnare o arricchire di poligoni le ambientazioni, sarebbe risultato un lavoro folle, ma in compenso per Joel ed Ellie sono stati utilizzati gli stessi soggetti presenti nella scene d’intermezzo (fra l’altro più belle che mai e anch’esse renderizzate a 60 fps), cosa che li rende di fatto ancora più dettagliati. Per quanto riguarda l’illuminazione, non troviamo grossi stravolgimenti, che del resto avrebbero modificato drammaticamente la resa degli ambienti, pensati proprio per avere quei colori e quella specifica palette. Se fosse stato introdotto un sistema più complesso, come quello presente nel già citato inFAMOUS: Second Son, gli artisti avrebbe dovuto intervenire pesantemente e ne sarebbe risultato un qualcosa di diverso, non necessariamente migliore.
Questo non significa che non vi siano dei miglioramenti in tal senso. La simulazione della luce è ancora più precisa e lo si nota specialmente osservando i i raggi del sole che filtrano fra le fronde degli alberi o i fasci delle torce elettriche, renderizzati a piena di risoluzione. Su PlayStation 3 questi effetti e, più in generale, le trasparenze (spesso usate negli effetti particellari), venivano sempre visualizzati a un quarto della risoluzione nativa per via delle ben note limitazione dell’RSX, un problema che su PS4 non esiste, dato che la GPU ha potenza vendere.
The Last of Us Remastered Recensione 01

Nascosti nelle ombre a 60 fps

Due doverose parole anche sulle ombre. Si è scatenata la solita tempesta in un bicchiere d’acqua per il fatto che queste siano migliori se si blocca il frame rate a 30 fps. È vero, i Naughty Dog hanno voluto sfruttare le risorse rimaste inutilizzate da questa modalità per offrire un’ulteriore ottimizzazione. Questo non significa certo che le ombre a 60 fps siano brutte, tutt’altro! Giusto in qualche ambiente, in determinate e circoscritte situazioni, si nota qualche scalettatura di troppo, ma nella stragrande maggioranza dei casi la resa è impeccabile. Evidentemente non ci si accontenta mai…

The Last of Us Remastered è un acquisto obbligato?

Per il resto, le migliorie proposte da The Last of Us Remastered sono quasi delle finezze, che impreziosiscono ulteriormente l’esperienza, senza alterarla in alcun modo. Abbiamo un comparto audio che presenta ancora più opzioni, utili specialmente a chi utilizza cuffie surround, ora attivamente supportate. Si possono persino impostare i gradi di inclinazione della casse! In un gioco dove gli effetti ambientali hanno un’importanza così elevata non si tratta di corbellerie ma di un’attenzione che alza, ancora di più, ancora una volta, l’asticella del fattore coinvolgimento.
Dal lato puramente pratico, il DualShock 4 ha l’indubbio vantaggio di essere assai più preciso del suo predecessore, il che, vista la scarsissima quantità di munizioni presenti nel gioco, è davvero un toccasana. Comoda anche la facoltà di richiamare il menu di crafting premendo il touchpad, mentre la lightbar cambia colore a seconda dello stato di salute di Joel.
A dir poco strepitosa la modalità photo, che permette di bloccare il gameplay in qualsiasi momento premendo semplicemente L3 e quindi accedere a una vasta serie di opzioni fotografiche degne di Instagram. Oltre a poter muovere liberamente la telecamera, è possibile modificare la profondità di campo, applicare numerosi filtri, aggiungere cornici, insomma c’è davvero di che sbizzarrirsi (aspettatevi un articolo dedicato nei prossimi giorni, non appena potremo passarci del tempo di qualità sopra). Che si può volere di più? Un seguito? Chissà, magari prima o poi arriverà pure quello…