Sleeping Dogs: Definitive Edition – Recensione

Come si suol dire di questi tempi “una remastered non si nega a nessuno” e Sleeping Dogs forse se la meritava più di altri. Un titolo che come ben sappiamo ha floppato in maniera piuttosto evidente per gli standard (invero piuttosto altini) di Square Enix, ma dobbiamo dirlo senza ombra di smentita: al di là del solito discorso “clone di GTA”, le vicende narrate fra le strade di questa Hong Kong ottimamente riprodotta non avevano assolutamente nulla da invidiare a quelle di Liberty City. Purtroppo però uno sviluppo travagliato, il cambio di nome, e la solita supponenza di una certa critica lo hanno condannato a un’uscita quasi in sordina, che si è poi riflettuta in vendite tutt’altro che stellari.

Per chi se lo fosse perso ai tempi, e parliamo di un paio d’anni fa circa, è doveroso un piccolo riassunto. La trama vede protagonista Wei Shen, un poliziotto di San Francisco a cui viene assegnato il compito della vita: infiltrarsi fra le gang della Triade Cinese, nel tentativo di sgominarne la fitta e complessa rete criminale. Una lunga scalata al potere, che finirà per condizionare la sua esistenza e il corso stesso dell’indagine, il tutto immerso in un’escalation di violenza, morte e un sacco di sparatorie. Ma Sleeping Dogs non tenta di scimmiottare la saga di Rockstar, puntando a diversificarsi in alcuni aspetti, ponendo particolare enfasi sui combattimenti a mani nude.

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[quotedx]Le arti marziali sono uno degli aspetti cardine del gameplay[/quotedx]
Le arti marziali sono infatti uno degli aspetti cardine del gameplay, a tal punto da prevedere l’acquisizione di nuove mosse, che vanno da combinazioni di calci e pugni, con prese e proiezioni assortite, all’utilizzo creativo dell’ambiente per imporre del sano dolore ai nemici. Ovviamente non mancano le sparatorie, con tanto di sistema di copertura (seppur decisamente meno sofisticato di quello visto in GTA V), mentre gli spostamenti prevedono l’utilizzo di un gran numero di mezzi, a due e quattro ruote. Non esistono aerei ed elicotteri, ma in compenso il sistema di guida si comporta molto bene, almeno per quanto riguarda gli automezzi. Meno positive le moto, troppo nervose e con uno strano comportamento “elastico” che le rende particolarmente ingovernabili in curva.

In tutto questo non mancano una marea di missioni, che vedranno Wei Shen impegnato tanto sul fronte della malavita locale, tanto su quello del bravo poliziotto, in una costante dualità che aggiunge un certo spessore alla narrazione. Ovviamente, a far da contorno troveremo un corollario di eventi secondari, alcuni più riusciti e utili di altri, come la ricerca delle statue dello zodiaco, in grado di sbloccare nuove e micidiali forme di attacco, assolutamente soddisfacenti. Questa Definitive Edition inoltre contiene i due DLC usciti in precedenza, L’Anno del Serpente e Incubo a North Point, entrambi piuttosto corposi e in grado di estendere ulteriormente la già notevole longevità. Se nel primo caso si tratta di un prolungamento della storia principale, nel secondo invece ci troveremo al cospetto di un vero e proprio spin-off a base di vampiri cinesi e altre creature notturne appartenenti all’immaginario orrorifico dell’estremo oriente.

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[quotesx]I miglioramenti tecnici risultano piuttosto evidenti, seppur non eclatanti[/quotesx]
E a proposito di contenuti aggiuntivi, sono presenti anche tutti i Completi Leggendari, abiti che di fatto migliorano le abilità del protagonista e che si rifanno a ben noti personaggi del portfolio Square Enix, come l’Agente 47 (Hitman), Rico Rodriguez (Just Cause) e Adam Jensen (Deus Ex). Immaginiamo però che vogliate sapere come si comporta questa Definitive Edition sulle nuove console di Microsoft e Sony. Nel nostro caso abbiamo testato il gioco su PlayStation 4, ritrovando veritiere molte delle caratteristiche sbandierate dall’ufficio stampa del publisher giapponese. I miglioramenti tecnici sono piuttosto evidenti, seppur non eclatanti: quel che salta subito all’occhio, in un raffronto diretto con le precedenti console, è la pulizia generale dell’immagine, complice la risoluzione decisamente più elevata (1080p senza compromessi) e texture infinitamente più definite. Gli sviluppatori hanno inoltre migliorato la qualità dei modelli umani, specialmente per quanto riguarda i visi, anche se le animazioni rimangono sempre un po’ troppo legnose per gli standard odierni.

Si nota anche una maggiore densità di pedoni e mezzi, fumo e nebbia volumetrici, un aumento di effetti particellari e, soprattutto, un nettissimo miglioramento nell’illuminazione, cosa particolarmente visibile nelle sequenze notturne, data la presenza di neon nella ben nota (specialmente negli ultimi tempi) megalopoli cinese. Meno entusiasmante la vista diurna, dove sebbene si percepisca l’incremento del rendering sulla distanza, permangono alcuni problemi di LoD (l’improvviso cambiamento nel dettaglio degli oggetti) e una certa propensione a sfocare eccessivamente il panorama in lontananza. L’aspetto però che più di altri risulta deludente è una certa inconsistenza nel frame rate: non ci aspettavamo certo i 60 fps, ma, visto che parliamo pur sempre di un titolo old-gen tirato a lucido, i 30 fissi parevamo perlomeno doverosi. Purtroppo all’atto pratico l’engine tende a perdere colpi di tanto in tanto: nulla che infici negativamente il gameplay, sia chiaro, ma rimane un retrogusto amaro per un qualcosa che sarebbe logico dare per scontato. Sembra inoltre che Xbox One sia messa molto peggio sotto questo aspetto, con performance mediamente inferiori alla controparte PS4 e screen tearing a profusione. Tenetelo bene a mente se avete intenzione di acquistare questa versione.