Assassin’s Creed Unity – Recensione

Assassin's Creed Unity

Fino a qualche anno fa, quando pensavo ai francesi, la mia mente faceva partire in automatico il filmato del gol con cui Trezeguet ci scippava gli Europei del 2000. Nel 2006, il ricordo è stato sostituito dalla voce di Fabio Caressa che grida per quattro volte “Campioni del Mondo”. Da oggi, invece, i riflettori saranno tutti per Assassin’s Creed Unity.

Non è un mistero che io sia un grande appassionato di questa serie. Ho cominciato tardi, apprezzando la sola prima ora di gioco dell’AC originale, quello che vedeva Jade Raymond a capo del progetto. Ho amato alla follia le vicende di Ezio Auditore, pur riconoscendo il mezzo passo falso rappresentato da Revelations, e sono riuscito a farmi catturare anche dalla lunga – e da molti ritenuta tediosa, a torto o a ragione – infanzia di Connor. Edward Kenway, capitano coraggioso di una Jackdaw con cui ho solcato i mari dei Caraibi su old e next-gen, ha rimesso le cose a posto con il mondo, riportando in alto l’asticella un po’ per tutti.
Unity, invece, mi ha sempre fatto paura. Troppa attenzione sulla folla, poca sul gioco. Temevo potesse essere un flop, un grosso buco nell’acqua. Arrivato al termine dell’esperienza single player e con alle spalle un buon numero di ore dedicato al multiplayer cooperativo, grande novità di questo episodio, posso dire solo una cosa: erano timori infondati.
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DENTRO LA STORIA

[quotedx]Il multiplayer cooperativo introdotto in Unity, se affrontato con un amico, dà assuefazione[/quotedx]Assassin’s Creed Unity ci porta in una Parigi insanguinata, alla fine del ‘700, con lo scopo di farci rivivere uno dei periodi più famosi della storia europea, quello della Rivoluzione Francese. Protagonista del gioco è Arno Dorian, un giovanotto all’apparenza come tanti che si trova invischiato, suo malgrado, in qualcosa di molto più grande di lui. Conosciamo Arno nella sua fanciullezza, in una sfarzosa reggia simbolo di una monarchia che fa del lusso sfrenato il proprio cavallo di battaglia.
Il piccolo sta aspettando il padre, impegnato per questioni di lavoro. Viene fatto sedere su una panchina, dove stare tranquillo ad attendere il genitore. Si capisce subito, però, che è un ribelle, uno che si sente soffocare al semplice sentir nominare la parola “regole”. Con lui c’è una ragazzina, la piccola Elise. E mentre lui sta cercando di rubare una mela, piccolo pegno per quella che non sembra destinata a rimanere una semplice amicizia, qualcosa non va come dovrebbe. Il cadavere di un uomo giace sul pavimento, la pozza di sangue circondata da una dozzina di persone. Nessuno ha visto niente. Arno si avvicina. Quell’uomo è suo padre. Nel suo orizzonte, il vuoto. Unico appiglio, una mano che si allunga per coprirgli gli occhi, per provare a nascondere alla sua mente un evento che, nel giro di un secondo, cambia per sempre il suo futuro. La mano è quella di Francois de la Serre, padre di Elise. Sarà lui che darà ad Arno la possibilità di crescere, facendolo vivere con la sua famiglia.
Stacco.
Da questo momento in poi eviterò qualsiasi riferimento diretto alla trama. Il perché è presto spiegato: ci sono diversi colpi di scena, sparsi abilmente per le dodici sequenze che compongono il single player, che, se svelati, sarebbero capaci di rovinarvi l’intera esperienza. Quello che posso dirvi è che Unity racconta del percorso di redenzione di Arno, della sua storia con Elise, di tradimenti, di complotti, di cose che sembrano in un modo e invece sono l’esatto opposto in un crescendo narrativo che mi ha appassionato, stupendomi in diverse occasioni. Questo non significa che la storia raccontata sia perfetta, e un paio di momenti appaiono “buttati via” per la troppa fretta. Quel che mi è rimasto negli occhi alla fine di tutto, però, è la convinzione di essermi trovato al cospetto di un gioco che, credo e spero, potrà rappresentare una pietra miliare nell’evoluzione della serie.
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UN’INTERA CITTÀ DA SCOPRIRE

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ARNO E I VECCHI ASSASSINI

Arno è un personaggio che, a prima vista, potrebbe sembrare molto distante da quelli che abbiamo visto sino a ora nella serie. Non è uno spaccone come il primo Ezio Auditore, non è nemmeno naif e ingenuo come il giovane Connor, che ha dato il via alla trilogia americana pronta a chiudersi con l’imminente Rogue, e non è alla ricerca di fortuna come il Capitano Kenway. Eppure, Arno racchiude nella sua essenza tutti e tre i protagonisti degli ultimi episodi di una delle saghe più famose del mondo dei videogiochi. Il perché va ricercato nella sete di vendetta – la stessa di Connor ed Ezio – e nella voglia di redenzione, che invece aveva contraddistinto Edward Kenway.[/box_articoli]Il primo impatto con le strade della Parigi virtuale confezionata da Ubisoft è di quelli che tolgono il fiato. Ogni singola via ospita decine di persone, molte delle case sono esplorabili, e tutto è maestoso. Ma se un contenitore così prezioso fosse vuoto, verrebbe a noia dopo la prima ora di gioco, esattamente come capitò con il capostipite. La sfida, per Alex Amancio e il suo team, era proprio questa: riempire di contenuto una scatola da sempre apparsa stupenda. Missione compiuta.
Come? In molti modi, a dire il vero. C’è una campagna single player entusiasmante, almeno per il sottoscritto, e una parte cooperativa che ha saputo farmi girare l’intera Parigi in compagnia di Ualone, amico e collega in forza a IGN con cui ho condiviso l’intera giornata di sabato mettendo a ferro e fuoco ogni centimetro quadrato della mappa. Poi ci sono le missioni investigative, un gioco nel gioco, e gli enigmi di Nostradamus, di non semplice soluzione, che danno accesso all’armatura più importante dell’intero Unity. Ancora, ci sono le Fratture, buchi temporali in cui recuperare Assassini rimasti intrappolati visitando altre epoche. C’è il Café Théâtre, quartier generale di Arno, da restaurare missione dopo missione, e ci sono le quest in strada, in cui ci viene chiesto di aiutare la povera gente vittima degli sgherri del cattivo di turno, di cui non faremo il nome. Insomma, c’è tanta di quella roba che il rischio di trovarsi di fronte a un titolo dispersivo era più che concreto. La buona notizia è che Assassin’s Creed Unity non soffre dello stesso difetto del pur godibile Watch_Dogs, e non dà mai la sensazione di lasciarci in balia degli eventi. Detta in altre parole, il gioco ci accompagna nella trama single player: ho scelto il verbo “accompagnare”, che è ben diverso da “spingere”. C’è una bella differenza, fidatevi.
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IL SINGLE PLAYER

[quotedx]Unity ha molti difetti, alcuni anche più che evidenti. Tuttavia, il quadro generale è maestoso[/quotedx]Le ore necessarie per completare l’avventura principale dipendono molto dal vostro stile di gioco. Alex Amancio, Creative Director di Assassin’s Creed Unity, ci aveva confidato che ne servivano tra le 18 e le 20, ma in realtà a me ne sono bastate un pochino meno, attorno alle 15. L’approccio che ho scelto, come spesso mi capita, è quello di chi vuole solo sentirsi raccontare una storia, una bella storia. Non mi sono curato quindi di completare tutte le sequenze con il 100% di sincronia e spesso all’approccio furtivo ho preferito la lama sguainata, contravvenendo alle regole del Credo. La cosa potrà non piacere ad alcuni Assassini, ma serve a me per dimostrare come non esista un modo univoco per affrontare le missioni, fatta salva qualche rara eccezione dettata da esigenze di copione.
I vari livelli, accessibili come al solito recandosi sul punto esclamativo che funge da Loading Point, propongono compiti molto variegati, impreziositi da sfide che rendono la ricerca della sincronia perfetta una faccenda parecchio complicata. Si può scegliere di ignorarle, come ho fatto in diversi casi, ma se avete voglia di qualcosa di davvero impegnativo sapete cosa fare.
Ogni volta che comincerete una missione cruciale per lo sviluppo della storia assisterete a un breve filmato che avrà lo scopo di illustrarvi quali sono le alternative a disposizione per raggiungere l’obiettivo. Ci sono momenti in cui potrete ostruire dei camini per avere il vantaggio del fumo ristagnante poco dopo, altri in cui organizzare un’evasione di massa distrarrà guardie altrimenti troppo attente, altri ancora in cui salvare un carretto di fuochi d’artificio dall’assalto di alcuni manigoldi vi fornirà uno spettacolare e pirotecnico – è proprio il caso di dirlo! – diversivo. Quale che sia lo strumento, scegliere se avvalervene o meno starà unicamente a voi. Si tratta di una caratteristica inedita per la serie, che aggiunge più di un pizzico di varietà.
Per quanto concerne il livello di sfida, Unity risulta molto spesso abbordabile, quasi mai frustrante e solo in alcuni casi davvero impegnativo. Ho particolarmente apprezzato la rivisitazione del sistema di combattimento, che rende ogni scontro potenzialmente letale. Questo Assassin’s Creed mette infatti spesso da parte le ordinate file indiane in cui si disponevano nemici vogliosi di farsi infilzare, sostituendole con qualcosa che, a tratti, mi ha ricordato una Royal Rumble abilmente controllata. Gli avversari vi soverchieranno frequentemente per numero, ma difficilmente vi attaccheranno in più di tre alla volta. Per avere ragione delle forze nemiche potrete – anzi, dovrete! – imparare da subito a padroneggiare la parata, che funziona similmente alla “counter” vista in azione nel FreeFlow dei vari Batman. Si tratta di premere il tasto giusto, la B nel caso utilizziate un pad Xbox One, quando la barra della vita nemica si tinge d’oro: fatelo per tempo ed eviterete di subire il colpo, imbroccate il momento perfetto e sbilancerete il vostro avversario, lasciandolo in balia della vostra furia.
Il sistema funziona bene, ma qualche baco c’è e una miglior gestione della telecamera, ampliando magari la porzione d’azione mostrata, avrebbe reso le cose migliori, eliminando gli angoli ciechi da cui è proprio impossibile vedere partire un attacco. Potreste anche chiedervi perché Ubisoft non copi il FreeFlow in maniera brutale, ma personalmente credo che, benché sia un sistema chiaramente superiore – e lo preferisco – c’entri poco e niente con Assassin’s Creed. Stiamo impersonando Arno, mica Batman. Ho sviluppato un giudizio molto positivo anche sul sistema di crescita del personaggio, che è molto più complesso di quello che potrebbe sembrare. Ce ne occupiamo nel prossimo paragrafo, non abbiate fretta.
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CRESCERE ARNO

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LA COMPANION APP

Allo stato attuale delle cose, non è ancora disponibile sullo store la Companion App ufficiale di Assassin’s Creed Unity. Durante il press tour settembrino, però, abbiamo avuto modo di provarla, toccando con mano l’effettiva qualità di un prodotto ambizioso e ben realizzato. Grazie a questa app potrete consultare la mappa del gioco vedendo in tempo reale dove si trova Arno, posizionare dei segnaposto e recuperare il contenuto degli scrigni Nomad, contraddistinti da un’icona di colore blu. Torneremo a parlarvene non appena verrà resa disponibile anche in Italia.[/box_articoli]Alex Amancio, nel corso dell’intervista che abbiamo pubblicato a settembre, ci aveva spiegato come «questo Assassin’s Creed è differente dagli altri. Fino a Black Flag, il focus era sul completare la campagna. In Unity, invece, tutto ruota attorno al percorso di Arno. Ogni cosa che farete nel mondo di gioco migliorerà il vostro alter ego». Pad alla mano, non mentiva. In Assassin’s Creed Unity il personaggio può essere sviluppato fondamentalmente sotto due aspetti, quello delle abilità e quello dell’equipaggiamento. Le skill, divise in quattro tipologie (“salute” migliora la sopportazione al danno, “corpo a corpo” l’uso delle armi, “dalla distanza” l’occhio dell’Aquila e i gingilli come bombe al veleno, e “furtività” la vostra capacità di sparire nell’ombra), si acquistano con i punti ottenuti completando le missioni coop e single player, e se ne sbloccano di nuove e più letali in tre precisi momenti della campagna principale (dopo le sequenze 2, 5 e 9). All’equipaggiamento, invece, quando non elargito come ricompensa per particolari missioni, si accede con il giusto quantitativo di monete. Ogni singolo oggetto, capo d’abbigliamento o arma che sia, può essere potenziato in due modi diversi, investendo i punti “assassino” o i crediti “helix”. I primi si ottengono semplicemente facendo le cose con stile (usando i montacarichi, dando colpi di grazia, uccidendo in maniera discreta i nostri bersagli), mentre i secondi sono una valuta parallela, propria del sistema su cui, nella finzione, state rivivendo i ricordi di Arno (io non ne ho mai utilizzati – mi sono bastati quelli che premiano lo stile!).
Nel corso della vostra redenzione potrete scegliere come sviluppare l’alter ego vestendolo come più vi serve, migliorando quelle, tra le quattro caratteristiche base, che tornano più utili in un preciso frangente. Non è niente di troppo complicato o di vitale per completare il gioco, ma sviluppare le proprie peculiarità dà modo di giocare come si preferisce soprattutto nel multiplayer a quattro giocatori, dove avere un party composto da tank, dps e healer, nella più classica tradizione MMO, può fare la differenza tra il completare una missione e il dominarla.
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SEAMLESS MULTIPLAYER? SÌ E NO

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CHIAMATA ALLE ARMI

Potrà capitarvi, nel corso del gioco, di vedere un ologramma di un assassino corrervi incontro, recitando la frase “Abbiamo bisogno di te”. Quello è il modo in cui potete entrare in una partita multiplayer infilandovi nel girone infernale del matchmaking. Nel corso della nostra prova abbiamo riscontrato un piccolo bug, che una volta usciti da una partita coop e cominciatane un’altra, impediva di vedere il nome corretto del nostro compagno. Riavviando il gioco, tutto è tornato a posto.[/box_articoli]Come scrivevo poco sopra, la grande novità introdotta da Unity è il multiplayer cooperativo. Quattro amici hanno la possibilità di scorrazzare liberamente per le strade di Parigi, forzando scrigni, aiutando i passanti e cimentandosi in missioni create ad hoc, che possono essere giocate da soli, in coppia o con un massimo di tre altri assassini. Queste missioni sono divise in due tipologie e possono portarci al furto di preziosi pezzi templari o all’assassinio di determinate figure. Ognuna di esse ha una sua trama, che aiuta a far comprendere meglio il quadro generale dell’intera vicenda.
Il multiplayer cooperativo, più di ogni altra cosa, mi ha mostrato quanto sia potenzialmente devastante Unity per una coppia di amici che decide di affrontarlo insieme. Ualo e io siamo rimasti incollati ai rispettivi schermi per una giornata intera, trovando un sacco di buoni motivi per continuare – tra cui la ricerca di collezionabili portata avanti in compagnia – e solo due limiti palesi: il primo è rappresentato dal fatto che solo chi ospita la partita è in grado di raccogliere le rendite del Café Théâtre, che nelle prime fasi di gioco ha un forziere per nulla capiente. Il secondo è dettato dal fatto che è impossibile – logicamente, aggiungerei – portare avanti la campagna principale. Si è sempre parlato di “esperienza seamless”, cioè senza soluzione di continuità, con il single player, ma questo è vero solo in parte, quando non si gioca con un gruppo fisso, affidandosi al matchmaking per le missioni coop. Prima di condividere interamente la partita con un amico, quindi, fatevi le ossa nel singolo, in modo da evitare di sembrare dei dilettanti allo sbaraglio.
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LONTANO DALLA PERFEZIONE

Se vi dicessi che Assassin’s Creed Unity è un titolo perfetto, sareste autorizzati a regalarmi una camicia bianca con le maniche lunghe lunghe. Unity ha un sacco di difetti, a partire da un frame rate che non è sempre solido e, anzi, in più di un’occasione si è rivelato zoppicante su Xbox One, dove ho vissuto le vicende di Arno, arrivando a tratti ben sotto la soglia del sopportabile. Anche la risoluzione, che per me è un mero numero, per alcuni potrebbe rappresentare un problema, e potrei continuare citando il comportamento bizzarro del ragdoll dei cadaveri, o il fatto che, come in Assassin’s Creed III, capiti ogni tanto di vedere qualche fucile sospeso nel vuoto, quando non addirittura alcuni personaggi. Ci sarebbero da limare anche alcune cose a livello di meccaniche di gioco, come l’uso dei vari diversivi, a partire dalle borse di monete, utili giusto per completare l’achievement a esse legato, o le smoke bomb, che potrebbero sembrare troppo potenti se se ne abusa. Tuttavia, prima di bocciare un gioco, è bene cercare di ricordarsi cosa ci si porta a casa pagando il prezzo dei difetti appena citati. Nel caso di Unity, mentirei se vi dicessi che non mi sono divertito come un matto. Perché il titolo di Ubisoft è incredibilmente godibile, con un sacco di personaggi contemporaneamente a schermo che rendono la Parigi della Rivoluzione Francese qualcosa di più che un’ambientazione affascinante. Avrebbe potuto essere meglio? Certamente, non ci sono dubbi. Ma non consigliarvelo per questi nei, pur se evidenti, sarebbe come mettersi a criticare la Notte Stellata di Van Gogh per la poca matericità di alcune pennellate. Si può fare, magari a ragione, ma non è la bellezza del quadro nel suo insieme che andiamo cercando? E quello di Unity è davvero un gran bel quadro, che i fan della serie non potranno che apprezzare. Uniti.