Ho cercato di dare più volte un senso a quello che Sonic Boom mi proponeva. Con fatica e dopo svariate ore di gioco posso dire con certezza che il titolo di Big Red Button Entertainment, il primo per home console dedicato al famoso riccio blu affidato a un team di sviluppo occidentale, è una specie di frode ai danni dei fan della serie. Perché il problema di fondo non sono le meccaniche di gioco abbozzate, il comparto tecnico insufficiente su tutta la linea o la ridondante sceneggiatura sorretta dall’incalzante vociare dei petulanti personaggi. Il vero problema è solo uno ed è che Sonic Boom: L’ascesa di Lyric non è un prodotto finito. Prendendo le distanze dagli ultimi titoli del Sonic Team, Sonic Boom riscrive il mondo ideato da Yuji Naka e co. proiettando i colorati protagonisti della serie in un nuovo universo che il titolo non si pone nemmeno il problema di introdurre a dovere, mescolando personaggi e situazioni del passato a elementi inediti.
Sonic, Tales, Amy e Knukles, seppur ridisegnati per l’occasione, sono fondamentalmente gli stessi personaggi conosciuti nella serie storica, con la sola eccezione della rossa echidna che pare essere stata sottoposta a una cura a base di anabolizzanti. In tal senso fa sorridere pensare che la voce italiana sia stato affidata proprio a Maurizio Merluzzo, attore, doppiatore e youtuber noto al pubblicato italiano per la mini serie “Cotto & Frullato”. Coincidenza? Malgrado ciò, gli eventi narrati in Sonic Boom tramite raffazzonatissime scene cinematiche realizzate con il motore di gioco sono spesso confusi, con personaggi che appaiono e spariscono senza che il giocatore abbia il tempo di affezionarcisi.
[quotesx]La volontà da parte del team di fondere narrazione ed esperienza di gioco non convince[/quotesx]
La volontà da parte del team di fondere narrazione ed esperienza di gioco non convince, soprattutto in virtù della scarsa qualità della sceneggiatura, che malgrado sia paragonabile a quella di una qualsiasi fan fiction dedicata alla mascotte Sega, finisce per essere eccessivamente verbosa fino a risultare insostenibile. Da una parte è notevole constatare come a ogni singolo elemento di gioco siano state dedicate più linee di dialogo a seconda del personaggio gestito in quel momento, ma il risultato è quello di trovarsi spesso a esplorare, combattere e correre in compagnia di macchiette che non fanno altro che descrivere enfaticamente ciò che sta succedendo su schermo in modo tristemente didascalico. Il tutto caratterizzato da suggerimenti ripetuti in modo ossessivo nel caso ci si fermasse un momento per ammirare gli esiti di una modellazione poligonale povera e priva di qualsivoglia pretesa artistica.
Sorvolando sulle flebili caratterizzazione dei personaggi, perdonabili solo in virtù del target commerciale del prodotto, evidentemente giovanissimo, il gioco propone fondamentalmente la possibilità di prendere il controllo del quartetto di protagonisti cambiandoli di volta in volta, a seconda della situazione: Sonic si occupa ovviamente delle sessioni legate alla sua caratteristica velocità supersonica, Amy è essenzialmente la saltatrice del gruppo, Knukles si dedica a spaccare tutto e sfrutta la capacità di appendersi a determinate superfici e infine Tails è in grado di planare e usare un robottino telecomandato che porta sempre con sé, utile per attivare interruttori altrimenti inaccessibili. Spesso i quattro si separano in due gruppi, dando al giocatore la libertà di gestire l’esplorazione, potendo optare fra un personaggio o l’altro: in tal senso la meccanica funziona poiché al posto di muovere a turno i componenti del quartetto, quando il leader raggiunge una determinata distanza, i compagni lo raggiungono magicamente, annullando così la necessità di backtracking. Sulla carta un sistema di gioco basato sulle abilità uniche dei protagonisti sembrerebbe funzionare, il problema è che tutta l’esperienza di gioco è in realtà un ripetersi di tre momenti ludici inframezzati dall’esplorazione delle gigantesche quanto vuote ambientazioni che fanno da palcoscenico alla nuova avventura del riccio blu.
Nel primo caso vi sono le classiche sequenze di corse al cardiopalma a cui i recenti episodio tridimensionali del franchise ci hanno abituati. Unleashed (nei livelli diurni), Colors, Generations, e a suo modo anche Lost World, ci avevano mostrato come la velocità dei titoli bidimensionali della serie potesse essere riproposta in modo ancora più coreografico e incredibilmente coinvolgente anche negli episodi 3D, seguendo le orme del classico senza tempo Sonic Adventure 2. Sonic Boom dimostra invece come anche una corsa in gran parte scriptata su un percorso lineare, se gestita da un team inesperto, possa finire per risultare ingiocabile e frustrante. I rapidi movimenti della telecamera non permettono di seguire l’azione e comportarsi di conseguenza, tanto che il più delle volte si ha la sgradevole sensazione di non essere in grado di controllare ciò che succede su schermo. Fondamentalmente non è importante schivare o meno gli ostacoli posti sui percorsi, perché mancando un qualsivoglia tipo di play test del prodotto, la calibrazione dei danni è tale che è praticamente impossibile svuotare la barra dell’energia del gruppo pur ferendosi in continuazione. Il terribile frame rate, inoltre, non aiuta in alcun modo l’azione su schermo, finendo solo per sottolinearne la scarsa fattura grafica e tecnica.
Il secondo elemento che compone l’ensemble dell’offerta ludica di Sonic Boom sono le sessioni 2,5D in cui la telecamera si distanzia dai protagonisti e i controlli non permettono più il movimento in profondità, un po’ come succedeva nei livelli classici di Sonic Generations. Questi intervalli sono probabilmente i più riusciti dell’intera produzione, poiché al netto di un level design piuttosto povero di idee e di enigmi ambientali a misura di bambino in età prescolare, i personaggi sono sufficientemente differenziati da riuscire a restituire la sensazione di stare effettivamente giocando a un prodotto realizzato da un team competente. Peccato, per l’appunto, che il mancato play test e l’immortalità dei protagonisti citati in precedenza minino in modo considerevole anche queste parti di gioco altrimenti sufficienti, con raggi laser e ostacoli totalmente ignorabili e momenti in cui il titolo si scorda che non è possibile muoversi in profondità. Il risultato è un gameplay che si “rompe” con esiti surreali, come parti di livello bellamente ignorate, morti improvvise quanto inspiegabili e via di seguito.
[quotedx]mai mi era capitato di perdere così tanto tempo a combattere con calci e pugni in un titolo di Sonic[/quotedx]
Terza e ultima meccanica ridondante, e forse la più noiosa fra quelle proposte, è quella legata al combattimento con i nemici robotici che appaiono in questo episodio. Prendendo a riferimento Sonic Unleashed, dove i livelli notturni erano sostanzialmente una versione semplificata di God of War in salsa cartoonesca, mai mi era capitato di perdere così tanto tempo a combattere con calci e pugni in un titolo di Sonic. Con la sola possibilità della schivata a pepare un po’ la situazione, il sistema di combattimento è sostanzialmente un button mashing eccessivamente semplificato dalla frusta d’energia, arma in dotazione a tutti i personaggi che di fatto agevola fin troppo queste sequenze. Il suo utilizzo infatti aiuta a concludere anche quei pochi scontri che richiederebbero un minimo di strategia semplicemente catturando i nemici e buttandoli fuori dalla porzione dello schermo inquadrata dalla telecamera.
Sconfiggere i futuristici avversari e raccogliere le ceste disseminate nelle spoglie e tristi ambientazioni gioco ricompensano il giocatore con pezzi di metallo che possono essere utilizzati per potenziare le abilità del quartetto o, in alternativa, aiutare i rari personaggi non giocanti nelle loro missioni secondarie, ma in linea di massima il sistema di crescita può essere del tutto ignorato in virtù di un livello di sfida praticamente assente. Le poche volte in cui mi è capitato di cadere nel vuoto o terminare l’energia hanno riguardato momenti di vera e propria follia videoludica; circostanze in cui il gioco ha deciso aprioristicamente che dovevo rifare un pezzo di livello, facendomi quindi precipitare nel nulla o annegare con l’acqua all’altezza delle caviglie. Da sottolineare, inoltre, la simpatica trovata legata al potenziamento massimo dei protagonisti, possibile solo se in possesso della versione gemella del titolo per Nintendo 3DS, Sonic Boom: Frammenti di Cristallo. Vorrei essere chiaro, e scusate se mi ripeto, ma trovo sia assurdo che non possedere il capitolo portatile collegato mi precluda la possibilità di potenziare del tutto i quattro eroi.
Per concludere vorrei spendere due parole sul comparto tecnico del titolo BigRedButton, mosso da un CryEngine che fatica anche solo a mostrare su schermo i quattro protagonisti e qualche sasso sullo sfondo senza che la telecamera non cominci a ruotare in preda allo stuttering generale e al pop up di elementi ambientali. Benché frutto di qualche compromesso, Bayonetta 2, Mario Kart 8 e Super Smash Bros. Per Wii U hanno dimostrato come la home console Nintendo possa flettere i muscoli di un comparto tridimensionale a 1080p, adornato da frame rate granitici e direzioni artistiche competenti. Sonic Boom: L’ascesa di Lyric è invece l’antitesi di quanto appena scritto, e al di là della caratterizzazione grafica dei personaggi, che rimane opinabile nonostante il redesign dei protagonisti, sfoggia una cosmesi anonima, con ambientazioni talmente povere di fascino e identità che potrebbero essere riutilizzate in futuro per un qualsiasi altro titolo dalle atmosfere cartoonesche. E pad alla mano viene davvero difficile pensare che qualcuno abbia testato il gioco prima di averlo considerato vendibile e successivamente prodotto, poiché il gameplay è minato da una quantità di bug e problematiche tecniche praticamente senza precedenti in tempi moderni.