Top Eleven 2015 – Recensione

top eleven 2015

Fare gli allenatori, si sa, è il sogno segreto della maggior parte degli italiani appassionati di calcio. Inutile dire che molti di noi saremmo in grado di cambiare, ovviamente in meglio, le sorti della nostra squadra del cuore se solo fossimo messi alla prova. Dal momento che il mondo crudele ci ha fatto intraprendere un’altra strada, dunque, ci rifugiamo in diversi surrogati virtuali che possano dimostrare la nostra competenza, e i maniaci di Football Manager come me possono ampiamente comprendere la situazione. Il fascino di avere la propria squadra sempre con sé, nell’epoca degli smartphone, è davvero suadente e Nordeus, software house slava, ha deciso di sfruttare lo charme di un manageriale handheld, unendolo ad alcuni concetti molto interessanti: un mondo totalmente alternativo pullulato di calciatori; una sorta di federazione mondiale divisa in serie e categorie grazie alla quale i giocatori di tutto il mondo possono sfidarsi; un calendario di gioco organizzato in tempo reale; la logica di condivisione dei giochi da social network; il tipico modello economico freemium; Jose Mourinho come testimonial. D’altronde, Top Eleven è da anni una realtà nel panorama di Facebook, ma con la versione per dispositivi mobile il potenziale degli utenti è ovviamente aumentato a dismisura, grazie anche a un nuovo design delle interfacce che strizza l’occhio a Football Manager e vuole portare il titolo verso nuovi orizzonti.

C’ERA UNA VOLTA EL TRIPLETE

Dalla descrizione del gioco fatta in precedenza, ai manager virtuali di lungo corso non può che essere venuto in mente un titolo, ovvero Hattrick, il browser game a tema calcistico molto in voga fino a qualche tempo fa dove, di fatto, si svolge una seconda vita fra allenamenti, partite e gestione del proprio club virtuale. La profondità del titolo svedese è impressionante, tanto da diventare, per molti, dipendenza vera e propria, o comunque un’attività che impegna moltissimo tempo. Top Eleven prende chiaramente spunto dal browser game, ma lo declina in maniera decisamente più sociale, da pausa caffè e non nasconde di voler strizzare l’occhio a Football Manager, o meglio, al vecchio Scudetto, per la rappresentazione della partita.

Insomma, marketing e piacioneria sono alla base del titolo di Nordeus, che devo dire si presenta molto bene: una volta fondato il club, scelti i colori sociali e lo stile delle magliette, infatti, possiamo gestire immediatamente la nostra rosa, ovviamente composta da scarsoni fenomenali, proprio come nel browser game di Extralives AB, che impareremo a conoscere e amare. Non ci vuole tanto, visto che le caratteristiche sono riassunte in uno schema abbastanza chiaro e i ruoli definiti a monte. Insomma, in dieci minuti siamo pronti a scendere in campo e abbiamo due opzioni: aspettare la prima gara di campionato o coppa (di solito se ne svolgono due al giorno per tutto il mese, periodo che definisce una stagione), oppure sfidare un amico. Nel caso della sfida amichevole non c’è bisogno di attendere che il nostro contatto sia online, ma si tratta di una scrimmage che serve ad allenare la squadra e testare soluzioni. Occhio, però, a non sfiancare i giocatori con partite di preparazione e allenamenti, perché poi potrebbero risentirne durante i match che contano.

top eleven 2015Tutto il gioco si basa su una fitta rete di cause e conseguenze molto lineari e abbastanza equilibrate, e bisogna entrare nell’ottica prettamente da social game che il tempo di gioco segue 1:1 quello reale, per cui ci sarà da attendere un “tot” per qualsiasi azione si metta in pratica. Poco male, perché in un certo senso è possibile organizzarsi il da fare in brevi sessioni, sfruttando l’orologio del gioco per pianificare le proprie mosse. L’unica eccezione è fatta dal mercato, che segue il modello di Ultimate Team di FIFA e necessita, ovviamente, di stare lì come le faine a partecipare alle aste. Occhio, però, che proprio sul mercato iniziano le note dolenti di Top Eleven 2015.

PER TUTTO IL RESTO CI SONO I TOKEN

Ogni offerta fatta all’asta, infatti, costa un token, gettone virtuale che affianca la valuta che rappresenta il frutto del bilancio del nostro team. I token, ovviamente, sono limitati e dopo aver speso il gruzzolo iniziale ci son due modi per guadagnarli: molto lentamente, giocando ogni giorno, sfruttando le componenti sociali del gioco o i bonus degli sponsor, oppure molto più rapidamente, investendo moneta sonante. Inizialmente il modello economico è sufficientemente bonario, permettendo l’acquisto di un pack di benvenuto abbastanza cospicuo a soli 0,99€, ma col tempo l’investimento necessario a giocare tranquillamente non è esattamente da poco, a meno di non voler restare ancorati al palo per diverse stagioni.

[quotedx]C’è troppo pay-to-win, e questo è un problema[/quotedx]Il problema principale è che i token servono a oliare tutto il meccanismo di gioco: pur volendo soprassedere sull’accelerazione dei processi di attesa (come costruzione di miglioramenti allo stadio oppure l’acquisto di “gettoni” per curare gli infortunati o migliorare la condizione, ottenibili anche guardando video pubblicitari), infatti, i token non bastano mai e la loro assenza finisce per rallentare esponenzialmente il processo di sviluppo della squadra, ma anche la percezione dell’intera esperienza, visto che anche per accedere ai miglioramenti estetici c’è bisogno di una buona riserva. Esempio scemo: nella mia squadra, sin dalla prima stagione, c’era un brillante centrocampista, Daniele Tostini (D. Tostini nei menu di gioco): siccome il gioco dà l possibilità di editare nome e cognome degli atleti, non potevo esimermi dal farlo diventare Davide Tosini. Ecco, per farlo ho dovuto investire un token. Ben speso, per carità, però…

Certo, stiamo parlando di cose accessorie, e potrei aggiungere che lo sono anche l’avere maglia o stemma con design particolari, mentre non lo è sicuramente il mercato. Al di là del meccanismo di asta che prevede almeno la spesa di una manciata di token per assicurarsi un giocatore (nel mio caso il record è stato 17, oltre al pagamento del valore economico), pure investire sul mercato acquistando in maniera diretta un giocatore molto forte dalla lista fornita dagli osservatori richiede in media una cinquantina di gettoni. Se considerate che 80 token costano 9.99€ e che in una stagione ne puoi guadagnare più o meno la metà, è ovvio che il modello economico è decisamente sbilanciato verso il pay-to-win.

ROAD TO THE CHAMPIONS

Lo sbilanciamento del modello economico è un vero peccato, perché per il resto, come gioco da pausa caffè, Top Eleven è pure piacevole. L’ottimo lavoro di design ben si sposa con gli schermi dei tablet sul mercato e, generalmente, la simulazione delle partite è credibile. Certo, quando il sistema ti piazza l’incontro alle 11.30 di mattina di un giorno lavorativo ti mangi un po’ le dita se non riesci a vederla in diretta per guadagnarti un bonus sul possesso di palla o cambiare le sorti del match con una sostituzione, ma in fin dei conti tutto riesce ad essere gestito nei ritagli di tempo.

Stagione dopo stagione, però, l’impegno richiesto cresce esponenzialmente, dato che la nostra squadra invecchierà e non sarà più adeguata, e gestire più competizioni come la coppa di lega o la champions inter-leghe diventa sicuramente più impegnativo, soprattutto se non vogliamo investire troppi soldi reali. D’altronde però, il calcio è una questione di fatturato, come direbbe qualche presidente, e a fare i Lotito della situazione poi succede che qualcosa ti va storto.

L’altro problema evidente di Top Eleven, soprattutto mentre si galleggia nelle serie minori, è l’elevata mortalità delle squadre, che anche quando abbandonate continuano ad autogestirsi, diventando vere e proprie mine vaganti che possono falsare un po’ le fasi cruciali delle stagioni. Ma questo, in fondo, è il rischio che si corre in tutti i giochi sociali manageriali. Quello che conta, e in questo il titolo di Nordeus comunque fa il suo dovere, è il motore di gioco: non nascondo di essermi messo un paio di volte la sveglia a orari imbarazzanti per seguire la mia Sunspear United e portarla alla promozione. Ora con la Coppa e la Champions è dura, visto anche il clima di austerity che mi sono imposto.