Da fan sfegatato del fumetto non potevo che essere eccitato nel mettere le mani su Dragon Ball Xenoverse, nuovo tentativo degli sviluppatori giapponesi Dimps di riportare in auge gli adattamenti videoludici dedicati a Son Goku e soci. Certo, dopo i mediocri risultati ottenuti negli ultimi anni da Spike Chunsoft con la serie Raging Blast e il terribile Dragon Ball Z for Kinect, le mie aspettative non è che fossero particolarmente alte. Quando Bandai Namco presentò al pubblico questo nuovo capitolo cross generazionale sottolineò come Xenoverse mirasse a far riscrivere direttamente ai giocatori la storia della serie, catalizzando l’attenzione di coloro che da sempre sognano di apprendere sviluppi inediti del colorato universo narrativo firmato da Toei e Akira Toriyama.
THE STORY SO FAR
L’incipit della storia presenta i pattugliatori del tempo, un gruppo di guerrieri capitaneggiati da Trunks e incaricati di proteggere lo scorrere degli eventi. Pare infatti che alcuni avvenimenti cronologici stiano subendo dei cambiamenti, con risultati (ovviamente) catastrofici. Una volta creato il proprio avatar tridimensionale scegliendone sesso, razza, aspetto e persino la voce, si debutta in Toki Toki City, l’hub principale dal quale si snodano tutte le modalità di gioco. Dragon Ball Xenoverse si basa su una componente online che esula dal mero multiplayer e ambisce a proiettare chi gioca in una piazza virtuale nella quale è possibile interagire con altri pattugliatori in rete mediante messaggi preregistrati e animazioni spassose, in pieno stile MMORPG. D’altronde, quasi tutta l’esperienza si focalizza proprio sulla crescita e la personalizzazione del proprio avatar e sull’interazione con altri utenti online. La città del tempo permette l’accesso a diverse modalità locali e multigiocatore: scontri a squadre fino ad un massimo di 3 contro 3 giocatori, missioni secondarie da affrontare da soli o online e anche tornei veri e propri, che verranno organizzati da Bandai Namco per decretare il combattente più forte della community. Non contenti, gli sviluppatori hanno annunciato che Dragon Ball Xenoverse verrà espanso nelle prossime settimane con DLC contenenti personaggi giocabili, accessori, mosse aggiuntive e missioni da portare a termine in compagnia dei classici eroi della serie o di altri appassionati del fumetto.
Tutto questo popò di roba diventa accessibile solo col prosieguo dell’avventura principale, nello sconclusionato e anticlimatico story mode che, a differenza da quanto si poteva presupporre, è lineare e non permette in alcun modo di andare a modificare la narrazione seguendo il proprio gusto. Le cutscene riprendono la regia dell’adattamento animato, inserendo il protagonista nelle vesti di “misterioso salvatore”. Immancabilmente, spetterà proprio a lui salvare gli storici volti della serie da nemici spropositatamente potenziati e da sviluppi drammatici un po’ pretestuosi. Ciò non toglie che assumere il ruolo di un eroe muto del quale nessuno sembra realmente interessarsi è un po’ come assistere a un cinefumetto dove l’attenzione della storia è costantemente spostata dai carismatici eroi principali a personaggi secondari, come famigliari e colleghi di lavoro, con risultati davvero pessimi.
Una volta completata la modalità storia, dopo aver preso a botte per l’ennesima volta un personaggio reso aggressivo dal “potere del male”, non posso dire di essere rimasto particolarmente soddisfatto da questo punto di vista. Il duetto di antagonisti, Towa e Mira, provengono da una linea narrativa inedita in Occidente, poiché introdotta nel deludente MMORPG per PC Dragon Ball Online, di cui il titolo Bandai Namco rappresenta un’evoluzione. Il loro apporto alla vicenda è inoltre quasi nullo, perché vengono presto sostituiti da un nemico più formidabile, ma altrettanto anonimo: il continuo riutilizzo di situazioni già viste, piuttosto che di elementi originali, tradisce un po’ lo spirito stesso della produzione. Insomma, Dragon Ball Xenoverse è lungi dall’essere un’opportunità di riscrittura della storia del fumetto così come tutti la conosciamo, ma si palesa piuttosto come un tentativo un po’ goffo di giustificare l’ennesima campagna a giocatore singolo basata sugli eventi che negli ultimi 10 anni abbiamo rivissuto in ogni singolo adattamento in forma di videogioco dell’opera di Akira Toriyama.
BOTTE DA GOKU
[quotedx]il gameplay è sufficientemente solido da assicurare un intrattenimento genuino[/quotedx]Pur col suo animo MMO e con l’ambizione di rivoluzionare la narrativa del franchise, Xenoverse rimane un picchiaduro ispirato a Dragon Ball, il padre degli “shonen” anni ‘90. Il sistema di combattimento si colloca a metà fra lo spostamento veloce in ampie arene tridimensionali dalla serie Budokai Tenkaichi e l’approcciabile complessità degli scontri della serie Budokai, due nomi che segnarono la fortuna di Bandai su PlayStation 2 fra il 2002 e il 2007. Il sistema di combo fisiche è legato a due pulsanti principali, ai quali si aggiungono i dorsali per l’utilizzo di colpi speciali e delle abilità evasive o difensive. Sotto la canonica barra dell’energia stazionano due ulteriori indicatori di aura e vigore, rispettivamente la barra per i colpi speciali e quella che segnala la resistenza. Pur non stupendo per originalità, il gameplay si dimostra funzionale, certo ridondante nella ripetizione, ma comunque sufficientemente solido da assicurare un intrattenimento genuino. La presenza di più combinazioni di attacchi fisici, sia normali che speciali, permette di legare a pugni e calci le canoniche “super mosse”, con tanto di celebrazione del contatore colpi, sempre visibile a schermo. È inoltre possibile utilizzare oggetti durante la battaglia per ripristinare la salute e l’aura di eroi e compagni.
Esattamente come gli storici predecessori, anche Dragon Ball Xenoverse soffre di problemi legati alla navigazione negli ambienti, dettati principalmente dalla scarsa reattività della telecamera, specie in arene ambientate in spazi chiusi. Inoltre, capita non di rado di rimanere a tirare pugni al nulla, pur essendo posizionati nelle vicinanze dell’avversario, specie quando si è ad altitudini leggermente differenti. Difetti in ogni caso sorvolabili, considerando come gli scontri finiscano spesso per essere più che altro dimostrazione di tempismo e riflessi, più che di tecnica e juggle.
COME PLASMARE UN EROE
L’eroe (o eroina) creato dal giocatore crescerà dopo ogni scazzottata, accumulando livelli di forza e punti statistici da distribuire a proprio piacere. Nonostante la libertà di gestione del personaggio, nella mia esperienza con Dragon Ball Xenoverse ho notato che è comunque consigliabile potenziare le mosse speciali di tipo aura se si vuole arrivare con più serenità alla fine degli scontri, di certo sbilanciati verso la tipiche “onde energetiche” per le quali – d’altronde – Dragon Ball è conosciuto dai più. Sfortunatamente, la modalità storia non può essere felicemente completata se non allenandosi forzatamente nelle missioni secondarie. Il motivo è presto detto: non contando su una meccanica di gioco abbastanza profonda da riuscire a premiare l’effettiva bravura tecnica di chi utilizza il joypad, il titolo Dimps continua a scaraventare il giocatore in situazioni di evidente svantaggio. Normalmente le schermaglie possono arrivare fino ad un massimo di 3 contro 3 giocatori, ma nello story mode capita spesso di trovarsi contro orde di avversari fortissimi, anche più di dieci di fila: questo fatto obbliga a grindare, ossia ad accrescere il proprio livello come se si stesse giocando ad un J-RPG, nella speranza di migliorare le proprie statistiche. D’altronde, completare la modalità storia è vitale se si intende sbloccare tutti gli elementi che corredano l’offerta, come mosse, abilità, costumi e anche personaggi giocabili.
L’unica possibilità di riuscita è quindi armarsi di pazienza e cimentarsi nelle missioni parallele ( magari online con l’aiuto di altri amici) e in questo senso il titolo dà il meglio di sé. Non stupisce che Dragon Ball Xenoverse nasca dalle ceneri di Dragon Ball Online, vista la sua evidente fascinazione per il comparto multiplayer e la community di pattugliatori che abitano la piccola Toki Toki City. Certo, poter viaggiare fra una modalità e l’altra attraverso menù sarebbe stato più comodo, ma Dimps pare ci tenga davvero tanto a fare in modo che le spoglie ambientazioni tridimensionali che compongono l’hub siano popolate da svariati giocatori.
TRASFORMARSI SENZA PUDORE
I protagonisti della serie sono presenti in diverse forme e si distinguono per mosse e costumi differenti. Circa 50 personaggi sono già selezionabili e altri volti storici verranno implementati tramite DLC; detto questo, rimane comunque da segnalare l’immotivata assenza di alcuni combattenti vitali per la storia, come il buon C16, Darbula, Majin Vegeta, Baby o Cooler, i quali non appaiono né vengono menzionati durante la modalità storia o nei dialoghi che spesso corredano le azioni dei giocatori.
La cosmesi tipicamente Akira Toriyama style cede il passo a una modellazione poligonale fin troppo basilare quando si guarda agli ambienti; le cose vanno meglio quando si tratta dei personaggi, comunque afflitti da un’accentuata monoespressività. Per fortuna le animazioni sono invece ben realizzate, e spesso sottolineate da rapidi zoom drammatici della regia digitale.
[quotesx]nonostante un roster esteso, mancano comunque alcuni volti noti[/quotesx]Pur debuttando anche su Xbox One, PlayStation 4 e Steam, è chiaro come Dragon Ball Xenoverse appartenga ancora alla scorsa generazione di console. Ciò che più mi ha deluso è la totale mancanza di coraggio in ambito puramente grafico, che si palesa nella scarsa interattività delle arene, ancora una volta appena sufficienti e incapaci di rendere con la giusta credibilità l’effetto dei potentissimi colpi sferrati dai combattenti. Le sequenze narrative realizzate col motore del gioco sono probabilmente il fiore all’occhiello della produzione in ambito artistico, mentre i rari inserti animati soffrono di una qualità tecnica appena gradevole, e certamente non possono essere considerati ben realizzati sotto il profilo dell’animazione: la sequenza d’apertura, per dire, è riuscita a farmi rimpiangere quella di Dragon Ball GT: Final Bout per PsOne, il che la dice lunga.
Pollice verso per il commento musicale, generico e poco incisivo, troppo simile a quello di qualsiasi altro prodotto dai toni giovanili, con l’unica eccezione dell’iconica “Cha-la-head-cha-la” coverizzata dalla band j-rock “Flow”. Il doppiaggio è fortunatamente presente sia in lingua giapponese, sia in lingua inglese. E dico “fortunatamente” perché sentire la doppiatrice originale di Son Goku, Masako Nozawa, urlare con lo stesso ardore di un tempo “Kamehameha” – nonostante i suoi 78 anni – è davvero un’esperienza irrinunciabile.