Dopo una settimana a testa bassa nei server di gioco, possiamo finalmente raccontarvi la nostra esperienza diretta con il comparto multiplayer di Battlefield Hardline. Visceral sarà riuscita nel difficile intento di riscattare il franchise di DICE? Scopritelo leggendo la dettagliatissima recensione del nostro Mario Baccigalupi.
IMPERFEZIONI POLIZIESCHE
Il multigiocatore è una componente importantissima, direi centrale, anche per Battlefield Hardline. La campagna single player della serie non mai è riuscita a convincere del tutto, dalla sua introduzione in Battlefield 3 a oggi, e questo diventa ancora più vero per il nuovo capitolo, in cui Visceral è stata chiamata a sostenere una responsabilità anche più pesante del solito, visti i minimi storici raggiunti dal singolo. Mentiremmo a dirvi che non ci siamo divertiti, a tratti anche parecchio, di fronte a un gameplay più veloce e comunque discretamente “tattico” (almeno nelle modalità meglio riuscite), che si distanzia dai predecessori in alcuni aspetti ma non ne tradisce lo spirito; allo stesso tempo, è rimasto il sentore di trovarsi di fronte a un’enorme espansione – o un’invenzione all’indomani dei problemi di BF4, vallo a sapere – a cui sono stati appiccicati, a volte con eccessiva violenza, gli storici canoni di Battlefield.
Se già è difficile credere alle città totalmente spopolate degli shooter bellici, la bagarre poliziesca messa in piedi da Visceral diventa qualcosa di addirittura surreale, specie se il confronto viene fatto con la densità “umana” di GTA5, come saprete fortissimo anche sul piano multigiocatore (e comunque diversissimo, talvolta antitetico, rispetto a qualsiasi episodio di BF). Non che la verosimiglianza sia poi così cruciale, in uno sparatutto online, ma da un nome così altisonante sarebbe lecito pretendere uno sforzo supplementare, anche sul piano della contestualizzazione, magari con qualche aggiunta facoltativa o, semplicemente, con qualche idea in più. Ciò detto, vediamo se i protagonisti delle battaglie, ovviamente “guardie e ladri”, sono in grado di farci divertire anche così, soli soletti nella vastità delle metropoli.
[quotedx]Mentiremmo a dirvi che non ci siamo divertiti, a tratti anche parecchio[/quotedx]
Chiaramente, la scelta di non inserire i civili dipende anche da esigenze competitive, per rendere cristallino il bilanciamento delle squadre. Battlefield Hardline riecheggia in alcuni punti di Payday, come vedremo più avanti, ma la sua anima risiede ancora una volta nello scontro fra due fazioni di giocatori, fino a 32 per parte, e la presenza di NPC avrebbe potuto, se verosimilmente inserita, avvantaggiare troppo la fazione dei criminali. Questo non è, però, l’unico punto in cui la funzione multiplayer risulta un po’ forzata: nelle classiche partite in TDM o Conquista, ma anche in una modalità inedita come Soldi Sporchi (comunque fra le migliori), il fatto di aver di fronte poliziotti e criminali, invece di soldati, risulta quasi irrilevante e non aggiunge molto sul piano degli obiettivi, assolutamente speculari da una parte e dall’altra. Prima di passare alle cose buone, che certo non mancano, mi voglio togliere un altro pensiero, relativo al level design e ad alcuni pezzi di equipaggiamento: le 4 classi hanno in comune la disponibilità, fra gli sblocchi, dei rampini e delle balestre zipline – rispettivamente per raggiungere la cima degli edifici o creare una corda tesa da cui scivolare verso obiettivi e pieni inferiori – ma i risultati non sono poi così influenti come avrebbero dovuto essere, un po’ per la conformazione delle mappe (quelle urbane, munite anche dei soliti ascensori, sono in netta minoranza) e la posizione degli obiettivi, un po’ per il semplice fatto che è difficile trovare una squadra affiatata per coordinarsi al meglio, a meno ovviamente di non giocare in un clan.
GUARDIE E LADRI, SOLI SOLETTI MA FELICI
Il primo aspetto su cui non abbiamo alcun dubbio, e che in caso contrario avrebbe distrutto il progetto ancora prima di cominciare, è la qualità del codice multigiocatore: il titolo di Visceral doveva risultare ai limiti della perfezione, per riscattare il disastro di connettività del predecessore (che per il resto era un gran gioco, questo mi preme di ripeterlo), e il compito è stato svolto nel migliore dei modi, con una stabilità eccellente in quasi tutte le partite disputate. In termini di elementi giocabili, invece, su cui ci si può finalmente concentrare in modo sereno, le prime cose che balzano all’occhio sono le funzioni e il mutato design del mezzi, in questo caso adattati felicemente al nuovo contesto: niente aerei e carri armati fra le vie della città, bensì automobili veloci, motociclette, piccoli blindati ed elicotteri (meno pesantemente armati, questi ultimi, rispetto ai modelli da guerra) che serpeggiano fra vicoli e strade, mediamente più veloci e quindi più importanti nei pattugliamenti e nella velocità di movimento, rispetto alle pura forza delle armi. Per lo stesso motivo, la classica distruttibilità degli edifici concessa dal Frostbite diventa molto meno rilevante – anche nelle mappe più aperte che ne fanno uso – e va di pari passo con l’eliminazione delle armi pesanti e, allo stesso tempo, con l’aumentata efficacia di fucili e mitragliatrici sui mezzi.
Tali variazioni sono state utilizzate al meglio nelle modalità Rapina, Soldi Sporchi e, con qualche riserva, anche in Corto Circuito. In realtà si tratta di game-mode perfettamente funzionanti anche in assenza di veicoli, con il restringimento delle mappe per 32 o 40 giocatori: ma proprio qui risiede uno dei punti di forza, nel fatto di proporre regole duttili e sempre intriganti, ben oliate nonostante la sostanziale “universalità” (talvolta forzata, con scorci fin troppo caotici e altri quasi sempre vuoti, a seconda delle regole) delle 9 mappe.
[quotesx]Corto Circuito rappresenta contemporaneamente la modalità più coraggiosa e quella più controversa[/quotesx]
Soldi Sporchi recepisce l’insegnamento di Payday nella necessità di accaparrarsi il bottino poco per volta, recuperando un ingente quantità di denaro al centro della mappa per poi dirigersi nei rispettivi furgoni, una sacca per volta; una parentela piuttosto stretta al gioco di Overkill Software è rilevabile anche in Rapina, con la possibilità di usare strumenti da sfondamento per entrare negli ambienti e con l’obiettivo, finalmente asimmetrico, di portare a casa la refurtiva dalla parte dei criminali, oppure di impedirglielo sul versante dei poliziotti. Corto Circuito, invece, rappresenta contemporaneamente la modalità più coraggiosa e quella più controversa: i punti di conquista sono le macchine stesse, che devono essere portate a spasso alla massima velocità per accumulare risorse per gli upgrade, dando vita a spettacolari inseguimenti che utilizzano al meglio una delle caratteristiche inedite più sfruttate, vale a dire la facoltà di sporgersi dai finestrini, oppure dal retro dei furgoni, sparando fiumi di proiettili (oppure, ancora meglio, bersagliandoli col lanciagranate) sugli inseguitori. Peccato, però, che le partite si siano rapidamente trasformate nel paradiso del grinding, con surreali girotondi di veicoli ed elicotteri ai margini della mappa, impegnati a far punti ignorando bellamente il match. Per lo stesso motivo, vi consigliamo di giocare Corto Circuito esclusivamente nelle mappe con 64 giocatori, in cui la vita dei pigri viene resa più difficile e, per lo stesso motivo, è più facile apprezzare i pregi della modalità, anche sotto il profilo meramente spettacolare.
C’è davvero poco da dire, inoltre, sul nuovo sistema di sblocchi e abilità: a fronte di caratteristiche più risapute, come i pacchi di contenuti e i bonus temporanei, in Battlefield Hardline la possibilità di acquisire armi, equipaggiamenti e migliorie per i veicoli (contromisure, minigun, nubi di fumo e altro, a seconda del mezzo) è demandata al denaro guadagnato in battaglia, con cui possiamo acquisire qualsiasi gingillo ed assottigliare, così, il gap di prestazioni fra i livelli; anche il meccanismo dei perk è da salutare positivamente, con piccole migliorie prestazionali che ci vengono fatte scegliere direttamente in game, proprio perché dipendono dal comportamento in partita. In entrambi i casi si tratta di valide idee che potrebbero trovar posto anche in capitoli futuri, magari nella serie principale, rivolgendosi in modo particolarmente gentile ai nuovi arrivati ed esaltandone le capacità sul campo.
COMPITINO METROPOLITANO
Lo sforzo è stato decisamente minore sulla concezione delle altre modalità di gioco. Sorvolando su TDM e Conquista, che sono le stesse pur se velocizzate dai mezzi, anche Nel Mirino e Salvataggio assomigliano a varianti di dinamiche già viste, nel primo caso con la scorta a VIP (guidati dalla CPU) e nel secondo con il recupero di feriti (da caricare sulle spalle), con la differenza che qui, rispetto alle modalità vicine a Payday, il rischio di confrontarsi con camper indefessi diventa molto più elevato e, per lo stesso motivo, la mancanza di mappe dedicate si fa sentire con forza ancora maggiore.
I risultati non proprio esaltanti, purtroppo, riguardano anche il ruolo dell’hacker e gli effetti di mutamento delle mappe, il cosiddetto Levolution, che non aggiungono nulla a quanto già detto e, anzi, dicono forse qualcosa in meno. Nel primo caso, abbiamo di fronte una reinterpretazione del commander di Battlefield, con una serie di azioni che possiamo svolgere in supporto ai compagni, ovviamente su una mappa tattica ispirata agli RTS; non si tratta, però, di azioni troppo influenti – vari sistemi per evidenziare i nemici, tra scan della mappa e videocamere di sorveglianza, insieme a scariche di disturbo o nubi di gas tossico – e il risultato è stato un disinteresse quasi totale da parte dei giocatori, che giustamente hanno notato come la presenza di un hacker, magari da una sola parte, molto difficilmente cambi gli esiti della partita.
La presenza del Levolution, infine, rischia di risultare un doppio autogol: tempeste di sabbia e cedimenti strutturali sembrano messi lì per far mostra di loro, senza un ruolo ben definito nello svolgimento delle partite, se non quello di costringere a cambiar strada o aguzzare la vista; peccato che, nel caso di Battlefield Hardline, ci sia davvero ben poco da mettere in mostra: l’impatto estetico è molto più contenuto anche in multiplayer, e c’è pure una fisica dei veicoli davvero discutibile, che li fa sembrare macchinine di plastica radiocomandate, invece di rombanti bolidi metropolitani. Facile che il downgrade tecnico sia legato alla volontà di non sbagliare un colpo in termini di fluidità (in effetti è eccellente sul piano visivo e del netcode), ma i risultati sono fin troppo pesanti per gli appassionati di Battlefield, che hanno avuto un quarto capitolo maestoso sul finire di una generazione, fatalmente problematico ma eccellente anche sul piano grafico, e si ritrovano oggi con uno dei blockbuster meno visivamente appetibili della cosiddetta next gen. A questo punto serve un Battlefield 5 a prova di bomba, altroché.
Dopo la debacle di Battlefield 4, per la serie FPS di EA le cose si sono messe piuttosto male. È chiaro che per una cospicua parte di giocatori il disastroso comportamento dei server in ambito multiplayer ha rappresentato uno sorta di tradimento, specialmente per quelli che hanno vissuta l’epoca d’oro di Bad Company. Ci sono voluti mesi per garantire un’esperienza online nei limiti della decenza, tanto che l’intero team DICE ha dovuto bloccare i lavori sugli altri titoli in sviluppo (compreso il tanto atteso reboot di Mirror’s Edge), per concentrarsi completamente sul “restauro” di un gioco uscito chiaramente senza il benché minimo bug fix. E se all’inizio EA ha negato le ripercussioni negative sul franchise, le varie class action che l’hanno colpita non sono sembrate esattamente sulla stessa lunghezza d’onda. Solo in tempi recenti David Sirland, il producer di DICE, ha ammesso che riconquistare la fiducia dei fan richiederà un impegno notevole. Sarà quindi Battlefield Hardline il primo tassello di questa rinascita? È tempo di scoprirlo.
LA LINEA DURA
Come è noto, questo nuovo capitolo della serie, di fatto uno spin-off, è stato affidato alle sapienti mani dei californiani Visceral Games. I nostri lettori certamente conosceranno bene questo team, che ha dato i natali alla tanto acclamata trilogia di Dead Space (sebbene il terzo non gli sia riuscito un granché bene). Non stiamo certo parlando di novellini insomma, anche se passare dal sci-fi horror a una ben più terrena guerra al narcotraffico non deve essere stato facile. Una sterzata notevole, anche per il brand Battlefield, che dopo tredici anni di conflitti mondiali si ritrova ora a dover fare da sfondo a una sorta di evoluzione del concetto di guardie e ladri. Vedremo ora di capire se a questa svolta corrisponde una reale volontà di cambiare pagina o se si tratta solo di una diversificazione atta ad annualizzare la serie (obiettivo mancato, fra l’altro).
[quotedx]nel dipartimento di Miami la corruzione dilaga ormai a tutti livelli[/quotedx]
Ci ritroviamo quindi nei panni di un integerrimo agente di polizia, Nick Mendoza, emigrato cubano con uno spiccato senso dell’onore e del dovere. Al suo fianco l’asiatica Khai Minh Dao, una dura tutta d’un pezzo, sulla quale però si accumuleranno presto una montagna di dubbi e sospetti. Già, perché nel dipartimento di Miami la corruzione dilaga ormai a tutti livelli e questo chiaramente ci metterà in una posizione sempre più difficile. Non a caso i primi momenti di gioco ci vedranno a bordo di un bus con addosso una curiosa divisa arancione… qualcosa insomma non deve essere andato per il verso giusto, come scopriremo nei primi cinque episodi che fanno da prologo alle nostre vicende. Hardline viene infatti proposto quasi fosse una sorta di serial TV, con tanto di riassunto delle puntate precedenti nel caso si decida di uscire/rientrare nel gioco. Non è certo una trovata inedita, ma almeno aggiunge un po’ di varietà che proprio non guasta.
TRAINING DAY
Lungi da noi voler paragonare l’ottima pellicola di Antoine Fuqua alle vicende del detective Mendoza, ma perlomeno a questo giro Battlefield non ci ammorba con l’ennesima incomprensibile trama fantapolitica, preferendole un discreto intreccio fra colleghi doppiogiochisti, corruzione e droga. Nulla di straordinario, ma almeno possiamo apprezzare un certo sforzo narrativo, ridotto ai minimi termini nelle produzioni passate. Un bel passo avanti, sebbene risulti del tutto assente il concetto di narrazione non lineare promessa tempo addietro da Visceral. Al giocatore non viene concessa alcuna scelta e il tutto avviene con una discreta linearità, che può essere giusto arricchita tramite la scoperta di alcuni indizi, utili a dipanare il corso degli eventi. Ed è qui che entrano in gioco alcune novità sostanziali, che di base ampliano il gameplay e lo rendono meno fracassone e decisamente più ponderato rispetto al passato.
[quotesx]Non a caso è possibile, se non addirittura consigliabile, estrarre il distintivo insieme alla pistola[/quotesx]
In questo contesto siamo rimasti piacevolmente sorpresi da un concetto di stealth che non è solitamente nelle corde di Battlefield. Il più delle volte è infatti consigliabile, specie ai livelli di difficoltà più elevati, un approccio più morbido e ragionato. Non a caso è possibile, se non addirittura consigliabile, estrarre il distintivo insieme alla pistola, in modo da intimidire i possibili aggressori per poi ammanettarli e bloccarli a terra. Nulla di particolarmente complicato, fattibile con la pressione di un paio di tasti, sebbene le cose potrebbero iniziare a farsi più rischiose nel momento in cui occorre tenere sotto controllo due o più malviventi. Fra l’altro questo genere di approccio frutterà anche più punti, che verranno poi convertiti automaticamente in esperienza. Non fatevi troppe illusioni però, non sono presenti abilità aggiuntive o un qualsivoglia albero di crescita, si tratta solo di poter accedere a nuove armi e ai relativi potenziamenti, indicati sotto forma di “complementi”. Si tratta per lo più di innesti aggiuntivi come mirini, impugnature, silenziatori e via discorrendo.
In ogni caso Mendoza può portarsi dietro non più di due armi, generalmente una pistola e una fucile secondario, sebbene vi sia davvero una vasta possibilità di scelta. L’armamentario può essere esteso anche raccogliendo il lascito di qualche criminale o risolvendo i casi proposti all’inizio di ogni missione. Per riuscirci bisognerà affidarsi a una sorta di scanner, che analizzando la scena permetterà di evidenziare alcuni indizi, il cui numero varierà da un episodio all’altro. Tutto fa brodo insomma, così come la cattura di alcuni soggetti, da identificare e quindi arrestare. Non sempre sarà così semplice, anche perché in determinati frangenti ci troveremo ad affrontare aree dense di nemici, che potrebbero insospettirsi e identificarci, iniziando un’inevitabile quanto inarrestabile sparatoria.
A.C.A.B.
Sono in questi frangenti che la struttura di Hardline inizia a scricchiolare. In particolare l’intelligenza artificiale del Frostbite continua a mostrare tutte le sue idiosincrasie: è capitato di vedere la nostra collega Khai passeggiare allegramente davanti ai nemici, senza che questi la vedessero, mentre in altre situazioni siamo stati identificati da fin troppo solerti guardie. Durante gli scontri a fuoco le cose vanno un pochino meglio, sebbene l’IA tenda a comportarsi in maniera schizofrenica, passando dal formidabile all’idiota in tempo zero. Probabilmente, anche per questo motivo i criminali sembrano tutti dotati di una mira incredibile, capaci di colpirci a distanze siderali persino con un fucile a pompa; per non parlare della loro stupefacente forza nelle braccia, degna di un lanciatore della Major League, visto che riescono a scagliare una bomba incendiaria a 200 metri di distanza, centrandoci sempre con una precisione millimetrica! Insomma, va bene tutto, ma un po’ di sano realismo non avrebbe fatto poi così male.
Alti e bassi che ritroviamo nell’andamento scostante del motore grafico. Il Frostbite utilizzato in Hardline non è cambiato di una virgola rispetto a quelli visto all’opera in Battlefield 4, nel bene e nel male. I lati positivi rimangono quelli già segnalati nel titolo DICE, in particolare l’eccellente gestione della fisica, che si fa notare maggiormente durante gli scontri a fuoco. Pezzi di cemento, schegge di legno, esplosioni, muri che si sbriciolano, ecc., contribuiscono a incrementare la sensazione di non sentirsi mai al sicuro dietro una qualsiasi copertura. Non è sempre così, ma il più delle volte l’effetto devastazione è ben rappresentato. Apprezzabili anche i numerosi effetti di post-processing, come le onnipresenti luci anamorfiche alla Michael Bay, ormai diventate quasi uno standard industriale anche nel nostro settore.
[quotedx]non di rado si ha l’impressione di trovarsi al cospetto di un titolo old-gen tirato a lucido[/quotedx]
Tutto questo però non è sufficiente a nascondere le ben note magagne dell’engine, a partire da una resa visiva ormai insufficiente in termini di risoluzione. Con la versione PS4 bloccata a 900p (e quella Xbox One addirittura a un anacronistico 720p) c’è ben poco da stare allegri, anche in virtù di un mediocre antialias, che specialmente nelle scene ad alto contrasto mette in mostra terribili scalettature, difficili da giustificare in pieno 2015. La resa visiva è parzialmente gratificata dai 60 fps, sebbene di tanto in tanto si notino dei rallentamenti, per fortuna piuttosto limitati. Peccato invece per le scene d’intermezzo, fissate a 30 fps, che creano una fastidiosa dissonanza con le performance del gioco vero e proprio. Tutto questo per dire che Battlefield Hardline non è certo un mostro a livello tecnico, tanto che non di rado si ha l’impressione di trovarsi al cospetto di un titolo old-gen tirato a lucido. Inoltre, quel poco di pseudo open world implementato da Visceral non fa altro che far emergere ulteriori carenze, come la vegetazione che spunta dal nulla a pochissimi metri di distanza dai nostri occhi. E la longevità? Beh, quella come al solito dipende molto dal livello di difficoltà selezionato, ma in media diciamo che è possibile arrivare ai titoli di coda in non più di sette ore, tutto sommato nella norma per questo genere di produzioni estremamente votate al multiplayer.
CONCLUSIONI CAMPAGNA SINGLE PLAYER
Tirando le somme, non si può dire che Hardline sia un brutto Battlefield, anzi, per certi versi ci è sembrato una spanna sopra ai suoi recenti predecessori, almeno in termini di meccaniche e narrazione. Ciò detto, le lacune non mancano proprio, da un engine che sembra soffrire di un terribile immobilismo a una IA da rivedere sotto diversi aspetti. Stendiamo poi un velo pietoso sulle sequenze di guida, che ci hanno fatto ripiombare indietro di oltre un decennio, con le vetture che sembrano muoversi su un perno piantato nel mezzo. In definitiva possiamo dire che la volontà non manca, ma la strada per l’eccellenza è ancora molto lontana.