“Hi K, it’s all over, it’s all over. Hamilton seventh. Hamilton seventh. By my calculations we win the championship by one point”. Brasile 2007, Interlagos. Kimi Raikkonen vince il Mondiale F1 per la Ferrari, l’ultimo che la storia ricordi. Lo fa nella maniera più rocambolesca possibile, grazie al suicidio motoristico di Hamilton, grazie a una McLaren spaccata, ma anche grazie a un lavoro costante, sulla distanza, con i piazzamenti e con la convinzione di potercela fare. La storia del Mondiale di F1 del 2007 ci ha insegnato molto sul motorsport, universo che ha tanti racconti da narrare e costituisce un’oasi di epica classica in un mondo disilluso. Fra le curve dei circuiti c’è ancora bisogno di eroi e antieroi, imprese e cadute, frutto di una montagna di ore di lavoro. È un mondo di eccessi, ma d’altronde parliamo di quella lucida e inspiegabile follia di sedersi a bordo di una vettura e sfrecciare a velocità inumane su strada. Per simulare un baraccone del genere ci vogliono attributi degni di quelli che permettono di vivere esperienze così forti, e Slightly Mad Studios ha dimostrato di avere le (s)palle per portare a compimento la sua impresa, nonostante errori, difficoltà, decisioni impopolari e rinvii che hanno dato botte severe all’hype che si è creato, negli ultimi mesi, attorno a Project Cars, un titolo che ha promesso e a ha fatto vedere tanto, ma anche lasciato diversi dubbi in ogni sessione di prova. La storia, però, insegna che si può vincere un Mondiale anche all’ultima gara, per un punto.
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FEEL THE RACE
Project Cars è il simulatore di esperienza motoristica più adrenalinico in circolazione, su qualsiasi piattaforma. Occhio, non il miglior simulatore di guida e neanche il gioco più divertente, ma semplicemente è il gioco che più di tutti riesce a trasmettere quella lucida follia sopracitata, fatta di velocità, vuoti allo stomaco, esaltazione, frustrazione e passione. Così come detto in anteprima, in Project Cars si corre, non si guida. Che è diverso, ma si corre come mai si era corso prima in un videogioco, perché semplicemente tutto è focalizzato per rendere l’esperienza di gara epica, esaltante e unica. Sono anni che mi diverto con qualsiasi gioco di guida e, pur non essendo un pilota provetto, mi difendo degnamente con volante e pedaliera e ho imparato a memoria molti circuiti: in Project Cars ho avuto una tremenda difficoltà a finire un giro di Montecarlo su una vettura a ruote scoperte senza aiuti e con i danni al massimo realismo. Il motivo, oltre che nella mia scarsezza, va ricercato nella paura derivata dal senso di accelerazione e fuori controllo costante generato dalle strette strade del Principato, con i muretti fin troppo vicini e un margine di errore pari a zero. Ci ho provato e riprovato, ma ammetto la mia totale incapacità di venir fuori con un tempo decente.
[quotesx]l’universo motoristico di Project Cars è alla totale mercé del giocatore[/quotesx]A che pro dire questo in una recensione? Beh, è uno dei motivi principali per cui sono esaltato da Project Cars: perché ciò che ogni pilota virtuale vuole è essere messo in difficoltà e costantemente pressato a fare di più, fare meglio, spingere. Il merito principale dei ragazzi di Slightly Mad Studios è essersi presi tutto il tempo disponibile, e anche oltre, per mettere a punto ed equilibrare il tailoring system, un complesso sistema che permette al giocatore di settare qualunque parametro del gioco in modo da creare esattamente le condizioni di guida desiderate. Dal modello di guida all’Intelligenza Artificiale degli avversari, passando per un sistema meteo da far impallidire Edmondo Bernacca, l’universo motoristico di Project Cars è alla totale mercé del giocatore e la ricerca del proprio punto di equilibrio è un’esperienza oltremodo gradevole. Non c’è vergogna nell’attivare un aiuto o nell’abbassare la bravura degli avversari, perché in ogni caso il gioco risponde alla perfezione alle esigenze di ciascuno, per una disponibilità al compromesso mai vista in nessun altro titolo. Il tutto al servizio di un solo, basilare concetto: portare il giocatore al centro della più appassionante gara della sua vita virtuale. Il risultato, da questo punto di vista, è eccellente: sia giocato come un simcade tollerante con il pad (eresia, certo, ma ampiamente possibile) che come una vera e propria simulazione, Project Cars fa quello che ogni gioco di guida ben fatto dovrebbe fare, ovvero divertire e dare soddisfazione, a prescindere dal risultato finale. Da questo punto di vista Project Cars è l’esatta evoluzione di Need For Speed Shift e Ferrari Legends, ed è un ibrido che funziona a meraviglia, pur sacrificando sull’altare la ricerca sfrenata del realismo.
L’ARTE DEL COMPROMESSO
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CHI CORRE IN COMPAGNIA…
I miei test di Project Cars online sono stati ovviamente limitati, visto che ancora i server sono scarsamente popolati. Al momento la resa mi è sembrata ottima e, anche in questo caso, le possibilità di configurazione degli eventi multigiocatore sono enormi. Il netcode ha retto brillantemente in tutte le prove da me effettuate, consentendomi di prendere randellate in faccia e togliermi qualche soddisfazione senza la frustrazione di lag e affini. Certo, nelle gare che vedono un numero di piloti superiori a 10/12 le partenze possono essere un attimo problematiche, laddove bisogna limitare i danni più che attaccare, e comunque capita di andare lungo o toccare qualcuno. La gestione della direzione gara, da questo punto di vista, è decisamente poco tollerante, con penalità sull’accelerazione che fioccano per ogni infrazione, ma la scelta è decisamente comprensibile per evitare il proliferare di furbi. In ogni caso, per un test definitivo ci sarà da aspettare l’arrivo del titolo in commercio.
[/box_articoli]Se in anteprima avevo sollevato il dubbio sull’identità del progetto, gli ultimi mesi di “polishing” hanno definito in maniera precisa l’identikit del pilota ideale di Project Cars, tagliando via, di fatto, le fasce più estreme del target potenziale: i totali novizi e, all’opposto, i più fanatici e intransigenti piloti non ameranno il gioco di Slightly Mad Studios. I primi, perché nonostante tutto, ci vuole costanza e impegno, bisogna accettare la frustrazione di essere inizialmente dietro nel gruppone e pagare i propri errori; i secondi, invece, non potranno che vedere di traverso la tolleranza estrema in fatto di contatti, un sistema dei danni estetico ampiamente rivedibile e un feeling di guida che, pur ottimo, è sempre e costantemente “ludico” prima che “vero”. Chiunque invece cerchi qualcosa di più dell’immediatezza Codemasters (oddio, Dirt Rally a parte!) e voglia un gioco meno piacione di Forza Motorsport e meno imbolsito di Gran Turismo troverà nel titolo britannico il gioco quasi perfetto. Quel “quasi” a tratti pesa come un macigno, ma è indubbio che nel suo travagliato percorso Project Cars sia, per certi versi, un po’ meno bello di quanto sarebbe dovuto essere, a causa di rinunce più o meno gravi che, in un quadro estremamente positivo, stonano un po’.
Il difetto più grave è sicuramente rappresentato da una lista di automobili non eccezionale in termini di varietà: 70 e più modelli sono tanti, ma i marchi a disposizione sono pochini e c’è una certa ridondanza in termini di classi e guidabilità. In sostanza, in Project Cars non ci si innamora troppo delle auto, visto che sono pochi i casi in cui ho sentito il desiderio di mettermi lì a girare da solo su un circuito per abbandonarmi al piacere di guida con una singola vettura. A bilanciare la car list un po’ piattina c’è comunque l’ottima scelta di tracciati, che ci porta a correre nei quattro angoli del mondo su circuiti fantastici e tratti di strada notevoli, tra cui spiccano ovviamente la Costa Azzurra e un road trip californiano da brivido. Certo, anche in questo caso c’è qualche mancanza illustre e non tutti i nomi sono quelli esatti, ma dal punto di vista delle location non ci si può davvero lamentare. La varietà, tra l’altro, è assicurata anche dall’eccellente modalità carriera che fra contratti, eventi speciali e stagioni con tanto di calendario realistico è davvero appassionante e conferma quanto lo spirito competitivo sia alla base del progetto. La possibilità di cominciare da un qualsiasi livello e la libertà di scegliere il ramo verso cui far evolvere la propria storia da pilota virtuale ingolosisce non poco; inoltre, la quantità di statistiche presenti sul proprio account è tale da poter analizzare i progressi in maniera rapida e precisa. Da questo punto di vista, il single player di Project Cars tiene davvero botta ed è apprezzabile lo sforzo continuo di porre il giocatore al centro di un mondo più o meno veritiero, fatto da team radio esortativi, mail dell’ingegnere che si complimenta con noi e uno stuolo di fan sui social che inneggiano al nostro nome o commentano in maniera becera i nostri incidenti.
BY ONE POINT
Se c’è, però, un aspetto dove Project Cars è semplicemente uno dei migliori titoli in circolazione al di là dei generi è sicuramente l’aspetto tecnico: la versione PC è meravigliosa a qualsiasi livello di dettaglio grafico e il tutto è talmente scalabile da girare in maniera più che dignitosa a 60 fps su un ampio ventaglio di configurazioni. L’ottimizzazione fatta da Slightly Mad Studios è semplicemente eccezionale e i fiori all’occhiello della produzione sono sicuramente la gestione dinamica delle luci e la resa delle condizioni meteo: entrambi gli aspetti sono fuori parametro e influiscono in maniera diretta e pesante sull’economia di gioco, costringendoci ad adattare la guida in base alle diverse condizioni in cui corriamo. Le vette più alte si raggiungono, ovviamente, durante i passaggi tra pioggia e sole, quando la pista inizia ad asciugarsi in maniera non uniforme e, a seconda del nostro assetto e della condizione delle gomme, andiamo a cercare le zone più bagnate o più asciutte per portare a casa la gara. Si tratta di momenti di pura poesia e il mero campo estetico, per quanto strepitoso, c’entra relativamente: tutto il comparto tecnico di Project Cars è al servizio della resa delle corse e non c’è mai la sensazione di imbellimento a vuoto. La dimostrazione di tale intento è il brutto photo mode che, nonostante una pessima interfaccia e una macchinosità orribile, tira fuori comunque dei capolavori a prescindere. Insomma, Project Cars è bello dentro, oltre che fuori, ed è una bellezza funzionale al sistema.
[quotesx]Project Cars è bello dentro, oltre che fuori, ed è una bellezza funzionale al sistema[/quotesx]Anche dal punto di vista audio, rispetto al preview code, la situazione è migliorata tantissimo, con alcune macchine che ancora ruggiscono meglio e più di altre, ma per fortuna la qualità media è ben più che dignitosa e anche la resa spaziale dei suoni, soprattutto dalla spettacolare visuale dal casco, è generalmente ottima. Forse, dal punto di vista meramente fisico, come già accennato in precedenza, c’era margine per evitare l’imbruttimento dato da un sistema di danni che meccanicamente si rivela discreto ma che davvero a volte non si può guardare; così come, per certi versi da un titolo così bello non ci si aspetterebbe una gestione grossolana delle collisioni con gli elementi dello scenario. C’è da dire che, però, questi elementi sono da interpretare anche come scelte di tolleranza estrema verso qualsiasi elemento che possa portare spettacolo all’interno delle gare, in una ricerca della bagarre che produce costantemente èpos, emozioni fortissime e adrenalina allo stato puro e consente di andare via dritti verso il titolo, e combattere per vincerlo anche per un solo punto, con tanto sudore, qualche sportellata e un po’ di buona sorte.