Ho azzeccato quasi tutto, nella recente anteprima, compreso il fatto che l’ultimo capitolo della trilogia Van Helsing è molto più avaro di novità rispetto al predecessore. Non che quest’ultimo fosse poi così diverso dall’originale, ma almeno portava con sé diversi tocchi inediti, almeno per la serie, dalla devastante Chimera (un mostro da battaglia da richiamare a piacere, per una certa durata) alle truppe di supporto (presenti solo in alcuni scenari), in entrambi i casi con mini-missioni in background per migliorare le unità. A questo, nelle fasi avanzate di gioco, si aggiungeva un sistema di Rune ad affiancare l’incantamento e il moderato crafting dell’equipaggiamento, con nuovi PNG a gestire i laboratori del rifugio segreto. Van Helsing III eredita tutto in blocco, naturalmente, insieme ai soliti assaggi semi-opzionali della componente tower defence: gli scontri tattici a ondate, con percorso predefinito e trappole, sono stati degnamente ampliati nel recente Deathtrap, ed è forse per questo che Neocore non è riuscita a mettere la giusta freschezza – e le giuste forze di sviluppo – sull’epilogo della saga principale, pur riuscendo a confezionare un prodotto più che decoroso. Chi ha giocato ai predecessori sa bene che le qualità di base non sono da trascurare, comprese quelle visive, e certo potrà goderne anche in Van Helsing III. Non troverà molto altro, però, e un poco dispiace.
[quotedx]alle prime battute l’abilità primaria del Phlogistoneer appare fin troppo vantaggiosa[/quotedx]
Per la prova ho scelto di giocare con il Phlogistoneer, probabilmente la classe più desueta dell’intera serie, a fronte di uno schema iniziale un filo diverso da quello descritto in preview: contrariamente al livello di partenza della closed beta (60), e ad alcune info trapelate tempo fa, il nostro eroe riparte da zero e non può essere immediatamente importato dai salvataggi di Van Helsing II, operazione possibile solo dopo aver completato lo storymode. In effetti non abbiamo ben capito la scelta, considerata la continuità fra i contenuti dei vari episodi, ma questo non ci ha impedito di entrare serenamente nell’esoscheletro della nuova classe, affiancata da altre 5 varianti meno innovative ma comunque divertenti da usare (vari tipi di maghi, un paio di simil-tank e altri personaggi specializzati sulle armi da fuoco): alle prime battute l’abilità primaria del Phlogistoneer appare fin troppo vantaggiosa, e in qualche misura lo è, con uno scudo energetico che ci ripara generosamente dai colpi “fisici” di ogni genere.
Tuttavia, bastano pochi minuti per rendersi conto che la corazza meccanica è fragilissima nei confronti di diversi elementi, corrosivi e magici, e che bastano un paio di scariche “elementali” per metterci al tappeto, magari nel giro di un secondo netto. D’altra parte, questa variante risulta mostruosamente distruttiva sulla media distanza, grazie al lanciafiamme, alle salve di missili e agli altri gingilli da concatenare (secondo priorità e devastanti combo, impostabili anche in Van Helsing III) nel migliore dei modi, con scariche di proiettili a raggio, bombardamenti “satellitari”, bullet time e vari tipi di mine che sfoltiscono o rallentano le orde, perfettamente a loro agio nello steampunk orrorifico (di grana grossa, a prescindere dal mix) della serie.
LA TIMIDEZZA DELL’AMMAZZA VAMPIRI
Qualunque sia la nostra scelta, ci ritroveremo in compagnia di personaggi già conosciuti, ognuno con uno specifico ruolo all’interno dell’HUB (dispensare potenziamenti, modificare armi/pezzi di corazza, gestione di truppe/Chimera e così via). Il misterioso Prisoner 6 di Van Helsing II si è rivelato un vero figlio di… ehm, un vero birichino, ed è ora alla guida di un nuovo esercito di mostri che minaccia Borgovia e si nasconde altrove, nella regione del “Deep Ink”, con intere legioni di nuove creature ad aspettarci tra paludi, boschi, circhi infestati e radure sospese nel cielo. Una robusta sezione della trama è dedicata alla “pet di lusso” Lady Katarina, di cui come al solito possiamo decidere comportamento in battaglia, qualità del loot raccolto, opportunità di curarsi con pozioni e altro ancora, e della quale vengono approfondite le origini e la storia, a lato di toni e di dialoghi che mantengono la giusta carica di ironia e sagacia. Una parziale novità di Van Helsing III riguarda il multiplayer: dico “parziale” perché la modalità Touchdown è stata introdotta mesi fa per il secondo capitolo, ad affiancare il classico deathmatch per otto giocatori. Si tratta, in buona pratica, di una sorta di CTF (con un unico oggetto da contendere) dove i “portatori” sono praticamente inermi ma possono suicidarsi in una fragorosa esplosione, coinvolgendo i giocatori avversari.
[quotesx]Quello di cui mi rammarico è che la saga non si sia evoluta in modo più profondo[/quotesx]
Tutto il resto corrisponde al nucleo originario di Van Helsing, comprese le valide caratteristiche introdotte nel primo episodio: una di queste è proprio Lady Katarina – che può assecondare e affiancare al meglio il nostro stile di gioco – insieme alla notevole cura nel disegno delle ambientazioni, realizzate senza generazione algoritmica, e alle buone impostazioni “tattiche” (declinate l’aggettivo secondo il caso, si sta pur sempre parlando di un affetta mostri) dei nemici e delle skill del protagonista, relativamente semplici ma comunque mutuate, con divertenti risultati, dalla lunga esperienza di Neocore sugli ibridi RPG-RTS. Un’altra differenza dal modello di Diablo riguarda il respawn dei nemici, che non esiste nella serie Van Helsing e che, di conseguenza, ne limita un poco la rigiocabilità in singolo e l’imprevidibilità in co-op. Poco male, almeno da questo punto di vista, giocare Van Helsing III ai più alti livelli di difficoltà rimane una sfida bella tosta, comunque adatta alla fruizione di più giocatori. Quello di cui mi rammarico è che la saga non si sia evoluta in modo più profondo e che, oltretutto, non si sia omogeneamente arricchita lungo il cammino. Quello di Van Helsing II era un buon giro di boa, ma il percorso si è fermato lì.