Il Viaggio di Arlo è un film Pixar decisamente atipico. Prende le distanze dall’altro lungometraggio partorito quest’anno dalla casa cinematografica campione di incassi (Inside Out), e propone una storia diversa, a tratti inconsueta, che strizza l’occhio ad alcuni classici del passato, Disney e non. Peter Sohn, alla sua prima regia di un film commerciale, porta i giovani spettatori indietro nel tempo, in una Preistoria “what if“, nella quale nessun asteroide, milioni e milioni di anni fa, colpì la terra. I dinosauri, quindi, non si estinsero. Uno di loro, più precisamente un apatosauro di nome Arlo, farà amicizia con un piccolo uomo primitivo di nome Spot. Sarà l’inizio di un’avventura piena di insidie, costellata da buoni sentimenti e tematiche consuete come la famiglia, l’amicizia e la ricerca di se stessi.
Se detta così potrebbe sembrare l’ennesimo film cliché, Pixar riesce tuttavia a soprendere, facendolo però in un modo che non le compete: omaggiando. C’è molto Alla Ricerca della Valle Incantata (1988) del maestro Don Bluth, con una citazione neanche troppo velata a Il Re Leone, e un rimando al film sperimentale in CG Dinosaurs (2000), ai tempi considerato troppo avveniristico e fuori target. Ma Il Viaggio di Arlo è innanzitutto un richiamo all’amicizia, un percorso che ha il retrogusto dello spaghetti western. Si, proprio quel western alla Sergio Leone fatto di panorami mozzafiato, atmosfere polverose e mandrie di bufali. E in questo, Sohn orchestra un film animato allo stato dell’arte, grazie ad una tecnica impagabile.
Dove Il Viaggio di Arlo rallenta, è proprio quando entra in campo l’emotività classica dei film Pixar: non vi è poesia, non vi è narrativa filosofica di nessun tipo, se non alcune brevi sequenze decisamente riuscite (il sogno di Arlo col padre, ad esempio, o la sequenza delle lucciole). Ed anche i personaggi di contorno, alcuni dei quali decisamente folli e fuori di testa, restano in scena per poco, davvero troppo poco tempo. Insomma, abbracciando un’idea di cinema tipico della vecchia animazione in 2D anni 80 e 90, Il Viaggio di Arlo si dimostra un film fatto col cuore, ma senza forse quella carica avveniristica che da sempre caratterizza i film Pixar. Forse, tuttavia, è proprio la sua spontaneità il vero punto di forza.