Che Ryan Murphy abbia cambiato le regole dello storytelling televisivo è un dato di fatto. Il successo di American Horror Story parla chiaro e, se la serie TV in onda in America su F/x è arrivata alla stagione numero 7 (ed altre 2 sono in lavorazione), qualcosa di buono deve pur esserci. Obbiettivamente non tutte le incarnazioni e le storie portate alla luce da Ryan Murphy sono state degne di nota. In 7 anni American Horror ha fatto tremare, ha fatto pensare, ha regalato momenti da pura antologia del terrore e, soprattutto, regalato ai posteri le magistrali interpretazioni di Sarah Paulson e Jessica Lange, ma ha avuto anche i suoi momenti-no, le sue defiance e l’attimo in cui il fattore horrorifico ha fatto spazio al trash e al nonsense. Il genio di Ryan Murphy è questo, a volte brilla e altre cade. La stagione 7 di American Horror Story, che si presenta con il sottotitolo ‘Cult’, sembra al momento troppo bizzarra per poter funzionare davvero: non si intuisce se vuol essere una satira alla politica di Trump oppure un viaggio negli abissi della psiche umana. Siamo ancora agli inizi, questo è vero, ma per ora la season premiere non è stata ‘cult’ come in molti si aspettavano. Per questo motivo abbiamo deciso di andare al di là della mera recensione e scavare più a fondo nel mito di American Horror Story. In sette anni di onorata carriera, qual è stata la stagione più bella, quella più disturbante e quella più onirica? Noi abbiamo stilato una top 3 con annessa special guest.
3. America Horror Story: Roanoke
Cominciamo con la stagione 6 del franchise. È vero, forse non è fra le migliori, ma risulta comunque degna di nota perché Roanoke segna un punto di rottura con la stessa tradizione di American Horror Story e, soprattutto, si torna ad una narrazione di grande impatto, con dialoghi fulminei ed un’impostazione crossmediale. In bilico tra found-footage e mockumentary, Ryan Murphy racconta la sua versione della leggenda di Roanoke, insediamento inglese dell’America del Nord celebre per la misteriosa scomparsa in massa dei suoi abitanti. Attraverso le vicissitudini di una coppia di sposini in cerca di un nuovo inizio, la storia prende forma come il più classico e convenzionale film horror. Il risultato finale è stato abbastanza discreto: una stagione che ha permesso alla serie stessa di guardare oltre i suoi orizzonti ed esplorare altri misteri, altri racconti che animano la nostra contemporaneità. Questa è stata anche la prima stagione con il minor numero di episodi (appena 10) e la seconda senza Jessica Lange ma con la riconferma di Lady Gaga.
2. America Horror Story: Murder House
Dove tutto ebbe inizio. La prima stagione della saga horror creata da Ryan Murphy si impose nel 2011 come una fra le novità più eclatanti. Con un cast di grandi stelle, da Connie Britton a Jessica Lange, senza dimenticare il piccolo grande talento di Evan Peters, la prima stagione della serie è stata un pugno nello stomaco. Nonostante il più usuale del plot twist – la casa infestata da fantasmi è un evergreen – Murphy ha costruito una storia di grande respiro, un purgatorio terreno dove spiriti maligni, fantasmi melanconici ed esseri umani condividono lo spesso spazio. Satira della società di ieri e di oggi, con Murder House l’horror cambia le sue regole e conquista anche il pubblico televisivo. Indimenticabile il monologo finale di Jessica Lange.
1. American Horror Story: Asylum
La seconda stagione dello show non è stata solo quella più inquietante e disturbante, ma anche quella più densa di significati. L’ambientazione era un ospedale che, ad inizio degli anni ’60, venne popolato dagli scarti della società; un ospedale dominato da forze oscure, strani miti e mistiche leggende, dove il buon senso si perde fra quei corridoi bui e pericolosi, dove verità, bugie e fantasie sono il piatto forte servito agli sciagurati ospiti. La trama si districa fra passato e futuro, e la narrazione pezzo per pezzo ricostruisce una storia di usi e costumi di un’America bigotta. Jessica Lange è la diabolica SourJude; Lily Rabe è Sister Mary, donna di chiesa sedotta dal lato oscuro della forza; Zachary Quinto uno psicologo che nascondeva un oscuro passato, e poi Evan Peters, Sarah Paulson ed altri ancora. American Horror Strory: Asylum – al netto delle aspettative – è per diritto l’annata migliore.
Special Guest – American Horror Story: Hotel
Concludiamo con qualche parola sulla tanto criticata stagione 5, quella ambientata in un Hotel vecchio stile nel cuore di Los Angeles. Effettivamente il racconto ha dei risvolti un po’ grossolani, a volte si perde in dialoghi lenti, inconcludenti e fin troppo didascalici. Eppure la stagione in sè merita comunque un plauso, sia per la regia che per l’ambientazione. Lunghi piani sequenza, accortezza quasi maniacale nei dettagli, luci soffuse e diffuso senso di oppressione: questi gli elementi per cui guardare la stagione 5 della serie. Anche l’assenza di Jessica Lange non ha fatto perdere allo show il suo appeal, perché la Little Monster aka Lady Gaga, nell’interpretare una vampira delusa dell’amore, ha regalato un tocco chic e gaio alla serie tv. Non a casa la stagione 5 ha avuto un ottimo indice di gradimento fra le comunità queer del web.
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