Skylanders Superchargers – Recensione

Prima di iniziare a scrivere questa recensione, concedetemi una breve premessa, dedicata soprattutto ai padri di famiglia. Sono un convertito dell’ultima ora alla passione per i giocattoli di Activision. Fino all’anno scorso li ho sempre liquidati – diciamo pure snobbati – come robetta per ragazzini (e per certi versi lo sono davvero), ma grazie a un paio di ottime promozioni ho deciso di tentare l’avventura nel mondo delle Skylands in compagnia delle mie due figlie, in età sufficientemente differente tra loro, e ho dovuto ricredermi profondamente. E per diverse ragioni, tutte frutto dell’esperienza all’interno della mia famiglia: la prima è che gli Skylanders sono veri giocattoli, intesi come oggetto fisico da tenere in mano con cui inventarsi, creare e vivere storie. Al di là della qualità degli oggetti in sé, sono personaggi che entrano subito in contatto con il bambino che li tiene in mano (anche quello che si nasconde dentro un adulto); la seconda ragione è che la formula di gioco messa in piedi da Activision è solida, efficace, diverte senza complicare la vita, si affronta con spensieratezza.

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Va da sé che il modo migliore per gustarsela è in compagnia di qualche figlio/nipote/cuginetto, perché sono le loro risate e le loro facce concentrate nell’affrontare i minion di Lord Kaos che regalano il divertimento maggiore per noi adulti. Devo però riconoscere che il gameplay fatto di esplorazione, combattimenti in modalità “button mashing”, raccolta di monetine/gemme e quant’altro è tutt’altro che puerile o semplicistico, e risulta perfettamente godibile anche da chi si porta qualche annetto di più sulle spalle. Questo è un discorso che vale tanto per i capitoli degli anni precedenti quanto per questo Superchargers, la cui principale innovazione riguarda la presenza di veicoli (di terra, acqua e aria), che regalano una notevole ventata di novità.

Al bando la noia

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La storia vede nuovamente le Skylands minacciate dallo scombiccherato villain Lord Kaos, questa volta affiancato dal misterioso e inquietante Tenebroso, e con la sua estrema semplicità rappresenta forse l’aspetto meno riuscito di tutto il gioco, nel senso che la narrazione scorre via liscia, quasi troppo, un po’ meno coinvolgente e divertente di quella di Skylanders TrapTeam dello scorso anno. La campagna principale (che è possibile portare a termine con lo Starter Pack iniziale, contenente un veicolo e due personaggi, di cui uno “supercaricato”) è strutturata ancora una volta in missioni, a loro volta suddivise in diversi capitoli; il nocciolo del gameplay, almeno per quel che riguarda le sezioni “a piedi”, non si discosta molto dalla formula dei capitoli precedenti, fatta di esplorazione, combattimenti, forzieri da aprire e punti esperienza da raccogliere, e risulta sempre godibile e perfettamente bilanciata, con quattro diversi livelli di difficoltà crescente (niente che possa impensierire un giocatore scafato, ma l’ultimo in particolare richiede un approccio ai combattimenti un pochino più tattico, specialmente nella scelta del personaggio e relativi potenziamenti). Quel che continua più di tutto a colpirmi, ancora una volta, è l’incredibile fantasia dimostrata dagli sviluppatori di Vicarious Visions: non parlo solo della loro capacità di proporre personaggi particolarmente ispirati (a volte al limite del geniale), che pure è vero, né di come siano in grado, giunti ormai al quinto capitolo della serie, di mettere sul piatto ambientazioni sempre diverse e affascinanti, caratterizzate da un “tema” e uno stile ben specifico. Più di tutto mi ha stupito la varietà di situazioni di gioco: pur rimanendo nell’ambito di un action dalle meccaniche ben definite, ci sono mappe in cui gli sviluppatori si divertono a giocare con la gravità e con la prospettiva, altre in cui riescono a ricreare un’ambientazione da libro “vivente” dove le pagine prendono letteralmente vita, altre dove gli Skylanders diventano minuscoli come insetti o grandi come palazzi, e potrei continuare a lungo. Insomma, il rischio di annoiarsi è assolutamente scongiurato.

Tanta, tanta roba

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Impossibile poi sorvolare sulla enorme quantità di contenuti messi a disposizione dal gioco: ognuno dei venti nuovi personaggi ha le sue skill e abilità da scoprire e sbloccare, e la campagna principale da sola porta via parecchie ore; a quelle si aggiungono poi tutte le corse con i veicoli (anche online, ma di questo parliamo più avanti), le attività all’interno della rinnovata Accademia e le partite con le carte di Pietracielo (quest’anno in versione Overdrive, con la presenza dei veicoli nei mazzi del giocatore). Come da tradizione, poi, sono supportati gli oltre trecento personaggi usciti fino a oggi, che possono essere utilizzati senza problemi all’interno del gioco, e con qualsiasi veicolo. Si possono recuperare dallo scatolone dei vecchi Skylanders anche le trappole dello scorso anno, con un loro specifico slot nella nuova base, anche se consentono solo di ottenere alcune munizioni per i veicoli e qualche carta rara di Pietracielo (che comunque è meglio di niente, eh!). E già che parliamo di varietà di contenuti, è d’uopo sottolineare che le tre diverse tipologie di veicoli si caratterizzano per modelli di guida e tracciati radicalmente differenti tra loro, seppur all’interno di missioni strutturate sostanzialmente nello stesso modo (corse da un punto all’altro della mappa e arene, con qualche variazione sul tema).

Occhio al portafoglio

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Quando si parla di Skylanders (ma in generale di tutti i giochi con i “pupazzetti”), uno degli aspetti più controversi è quello della spesa più o meno obbligatoria per godere appieno dell’esperienza di gioco. Quest’anno va dato atto ad Activision di essere stata meno avida che in passato: in particolare avevo trovato particolarmente odioso, in TrapTeam, il fatto che per accedere alle missioni secondarie della campagna servissero non già personaggi di questo o quell’elemento (terra, aria ecc.), ma fosse indispensabile usare i TrapMaster, ossia i pupazzetti più costosi. Quest’anno, invece, le side quest sono legate ai soli veicoli: ergo, è sufficiente (si fa per dire) comprare un mezzo acquatico e uno aereo per sbloccare tutto il contenuto della campagna. Molto meglio così. Oltretutto, mi sento di consigliare caldamente l’acquisto dei due veicoli extra, perché le sezioni aeree e sottomarine sono profondamente diverse da quelle a bordo di mezzi di terra, e contribuiscono in maniera sostanziale ad arricchire il gameplay. A questo si aggiunge anche il fatto che le missioni secondarie con mezzi aerei e sottomarini influenzano direttamente – in alcuni casi – la campagna principale, eliminando minacce e ostacoli che altrimenti il giocatore si troverebbe sul proprio cammino. I collezionisti dovranno comunque mettere in conto una spesa non da poco, visto che i nuovi personaggi sono venti (e altrettanti i veicoli), con relative varianti “dark”. E già che parliamo di portafoglio, ho apprezzato la possibilità di acquistare il gioco in versione solo digitale, per chi possiede un’edizione degli anni scorsi, anche se purtroppo al momento non è ancora disponibile in Italia. Unica nota negativa, tre delle sei modalità di gara possono essere sbloccate solo con l’acquisto dei Pack Racing (uno per ogni tipologia di terreno); senza uno di questi, è possibile solo affrontare corse normali, contro il tempo e online.

Skylanders, al plurale

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Come nell’episodio precedente, anche in Superchargers è possibile affrontare l’intera avventura in compagnia di un amico (o un figlio, come nel mio caso) seduto sullo stesso divano. In questo caso è corretto dire che il divertimento raddoppia, perché la formula del coop di Activision è semplice ed efficace: i due giocatori rimangono sempre sullo schermo principale (e non in split screen come in Disney Infinity, con risultati molto meno riusciti), legati da un “filo” invisibile che permette di non perdersi mai di vista, e di “riagganciare” un compagno rimasto indietro in caso di necessità. I nemici raddoppiano, mentre loot, ricompense e punti esperienza vengono assegnati a entrambi. Detto in altre parole, se avete un personaggio di livello basso, potete “aiutarlo” a crescere molto rapidamente facendogli affrontare qualche missione in compagnia di uno di livello alto (il massimo è sempre venti). Anche questa, sotto un certo punto di vista, è rigiocabilità!
Debutta per la prima il multiplayer competitivo online, che offre la possibilità di cimentarsi in gare per quattro giocatori basate sui circuiti delle missioni principali, più altri realizzati ad hoc (con tanto di versione mirror, da sbloccare nella campagna). Qui purtroppo il giudizio è meno lusinghiero: le corse sono divertenti e i tracciati di ottima fattura, in particolare quelli sottomarini; continua però a non convincermi il fatto che i vari power-up non possano essere gestiti a piacimento, ma si attivino immediatamente dopo essere stati raccolti.

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Nelle gare con i mezzi terrestri le derapate in curva alla Mario Kart non funzionano benissimo, perché l’angolo di sterzata rimane troppo largo e il drift risulta efficace solo in alcuni frangenti; dell’intero lotto, le corse più riuscite e originali sono senza dubbio quelle con i mezzi subacquei, in cui le piste su due “piani” regalano gare molto più combattute e impegnative, dove occorre studiarsi un po’ il circuito per capire le scorciatoie e i passaggi più efficaci. Al di là di questo, sono lunghe, molto lunghe le attese nella lobby prima di cominciare a correre (e non tentate neanche di trovare giocatori con mezzi diversi dalla macchinina dello Starter Pack), e un po’ troppo frequenti le disconnessioni al termine di una corsa: problemi che inevitabilmente fanno passare la voglia di cimentarsi nelle gare online, ed è un vero peccato. Onore a Vicarious Visions per aver messo in pista (letteralmente) il multiplayer, ma allo stato delle cose è forse più corretto classificarlo come esperimento – riuscito solo in parte, senz’altro da migliorare e da ripetere il prossimo anno.

Bello da vedere e da toccare

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Dal punto di vista tecnico, Skylanders Superchargers si mantiene sempre su un ottimo livello: il motore di gioco è lo stesso dello scorso anno, con qualche leggera miglioria qua e là. La caratterizzazione “cartoon” del mondo di gioco nasconde bene alcuni limiti nell’uso dei poligoni, ma del resto non è che uno compra Skylanders per vedere la propria console spremuta fino all’ultimo teraflop o per la “grafica del bar”. Eccellenti come sempre le animazioni dei personaggi, sia degli Skylanders che di nemici e comprimari, così come il doppiaggio in italiano di tutte le voci. Per valutare nella sua interezza il titolo occorre considerare anche la qualità dei giocattoli, e da questo punto di vista c’è davvero poco di che lamentarsi: le statuine sono di ottima fattura, solide e robuste, con materiali plastici gradevoli al tatto e dal giusto “peso” da tenere in mano. Va ancora meglio con i veicoli, privi di base d’appoggio, il che li rende ancor più “giocattoli” dei loro guidatori. Molti di loro, inoltre hanno delle parti mobili (ruote, pale, eliche, pinne ecc.).

Un gioco da bambini? Ni.

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Da ultima, una considerazione sulla serie di Activision, che riprende in parte quanto scritto all’inizio: guai a liquidare Skylanders come gioco solo per bambini. Il suo target ideale è quello dei giovanissimi, su questo non ci piove, ma la struttura del gameplay e i suoi guizzi di originalità, la progressione dei personaggi e gli upgrade ai mezzi di gioco, i perk e i collezionabili, sono elementi che si ritrovano anche in titoli dal piglio decisamente più maturo e “hardcore”, presentati qui in maniera più semplice ma tutt’altro che banale. Da questo punto di vista, per un genitore che vuole far crescere il proprio figlio (video)ludicamente sano, la proposta di Activision potrebbe per certi versi rappresentare una felice introduzione a molte delle dinamiche dei giochi con cui i pargoli si trastulleranno negli anni a venire. Mica roba da poco.