Ero rimasto in debito con voi a proposito del multiplayer di Halo 5: Guardians e quindi del giudizio finale sul nuovo titolo di 343 Industries, dopo che la campagna non mi aveva particolarmente convinto (trovate la prima parte della recensione poco più sotto, in questa stessa pagina). È giunto ora il momento di tirare le somme e dare un voto… siete pronti?
CIAO CIAO, BIMBOMINKIA
Come ormai sanno anche i sassi, il multiplayer di Halo 5è suddiviso in due scompartimenti stagni, l’Arena e la Warzone. La prima include tutta una serie di modalità classiche (come Massacro o Cattura la Bandiera) e alcune nuove (Fuga e Roccaforti), mentre la seconda mescola sapientemente PvP e PvE, in macromappe ad ampio respiro da vivere assieme ad altri 23 giocatori, con obiettivi dinamici e zone da conquistare, laddove convivono serenamente umani, covenant, veicoli e velivoli. Qualsiasi siano le vostre inclinazioni, in Halo 5 trovate pane per i vostri denti: molto più che in passato, a prescindere dalla modalità, è l’abilità dei giocatori a fare la differenza, visto che la fase di bilanciamento ha portato gli sviluppatori a ridurre parzialmente l’efficacia di alcuni strumenti (il radar, per dire, ora ha un raggio decisamente inferiore rispetto al passato), con un ritorno gradito allo shooting puro e crudo. Shooting comunque ammodernato da alcune scelte davvero azzeccate, come ad esempio l’aver dotato gli Spartan di un jetpack per gli spostamenti rapidi, capace di tenerci sospesi in aria per qualche secondo per poi consentirci la più violenta delle kill dall’alto; altrettanto importante, a livello di dinamica, è la schivata improvvisa, un’abilità soggetta a breve cooldown e che può fare la differenza tra un’uccisione e una morte quando il duello con l’avversario è all’ultimo pixel di energia vitale. Da lodare anche la presenza – finalmente! – dell’iron sight per tutte le armi, che consente anche ai nuovi adepti una discreta rapidità di ambientamento e snellisce gli ingaggi dalla media distanza.
Tutte questi ritocchi sono stati innestati in una struttura già solida, aggiungendo sale alla pietanza, senza creare squilibri. Devo ammettere di essere rimasto davvero sorpreso dal lavoro svolto da 343 Industries, da questo punto di vista: dopo aver giocato le varie beta, difatti, mi era rimasta addosso la sensazione che le novità portassero in seno un forte rischio sbilanciamento, cosa che fortunatamente non è accaduta, nemmeno prendendo in considerazione il campo minato rappresentato dalla Warzone e dal nuovissimo sistema di gratifiche chiamato Requisizione (REQ), laddove si accumulano punti coi quali acquistare pacchetti di carte (alcune permanenti e altre consumabili), che consentono di richiamare in battaglia armi, veicoli e perk di ogni tipo. Il fatto che si possano accumulare bustine Requisizione anche con soldi veri non deve indurre a credere che la Warzone si sia trasformata in terreno fertile per il pay-per-win, e questo per due motivi principali. Il primo è che non serve grindare come ossessi per avere crediti sufficienti per fare acquisti, visto che bastano pochissime partite per accumulare denaro utile per portarsi a casa una bustina dorata (meno ancora per quelle argento e bronzo), senza contare il fatto che il gioco ne elargisce alcune gratuitamente, mano a mano che si sale di livello. Il secondo è che l’uso di una carta è vincolato dal consumo di Energia REQ, che si accumula poco alla volta in partita e che impedisce di vomitare sul campo di battaglia forze soverchianti, visto che una volta spesa una carta occorre attendere di avere nuovamente a disposizione un congruo quantitativo di Energia prima di poter ripetere l’operazione.
Dopo una settimana di gioco intenso, posso quindi “trarre il dado”. Il multiplayer di Halo 5 eleva il gioco a vera e propria killer application per chi ama le scaramucce online: la qualità dei contenuti è tale da far passare in secondo piano gli inciampi della campagna, tanto che anche un indefesso giocatore di Destiny come il sottoscritto si trova ora nell’imbarazzo di non sapere con cosa giocare la sera, al momento di scegliere tra il Crogiolo di Bungie o l’Arena e la Warzone di 343 Industries. Bene così.
Ci sono allenatori che prendono in mano squadre vincenti e continuano a inanellare trofei a prescindere. È il caso del Milan di Capello, il quale ha lasciato che il primo anno la squadra giocasse a memoria sui dettami imposti da Sacchi, e poi l’ha plasmata a sua immagine e somiglianza. Ci sono poi allenatori che riescono ugualmente a rivincere subito (percorrendo anch’essi la strada della continuità col passato), ma che inciampano al momento di dare la propria impronta, come ad esempio sta capitando ad Allegri nel campionato in corso. Guardando alla sola campagna di Halo 5: Guardians (e solo a quella, ribadisco il concetto espresso in apertura), 343 Industries sembra più aver intrapreso la seconda strada, piuttosto che la prima. A me il single player di Halo 4 era piaciuto parecchio ed ero rimasto più che sorpreso dalla sua qualità, ancor più viste le perplessità che avevano albergato nel sottoscritto al momento in cui era apparso palese come Bungie avrebbe passato la palla ad altri, per concentrarsi definitivamente sul progetto Destiny. Ho quindi affrontato la campagna di Halo 5: Guardians con un’alta aspettativa, purtroppo in parte disattesa da una narrazione a tratti caratterizzata da cali di ritmo non tipici della serie e, più in generale, da una costruzione buona ma non eccellente, come invece era lecito attendersi da un videogioco che porta sulle spalle la responsabilità di rilanciare una console partita col piede sbagliato. Ma andiamo con ordine e disciplina, ché di cose da dire ce ne sono parecchie.
NO SPOILER, PLEASE
Metto subito le mani avanti e vi dico che non parlerò qui dei contenuti della trama, ma solo della sua qualità. D’altronde, quando si cammina pericolosamente sui confini dello spoiler, la regola ferrea che m’impongo è quella del “meglio dire dieci cose in meno che una di troppo”, onde evitare di rovinare anche solo parzialmente l’esperienza a chi finora si è messo i tappi nelle orecchie per non sentire nulla sull’argomento. Premesso questo, inizio col dirvi che la campagna di Halo 5: Guardians si dipana in una quindicina di missioni, alcune delle quali brevissime e altre un po’ più lunghe; i titoli di coda si leggono dopo circa 5 ore a livello di difficoltà Normale, percorse senza perdere tempo alla ricerca di collezionabili e teschi. Certo, pare poco di primo acchito, e non posso dare torto a chi dice che i precedenti Halo, almeno da questo punto di vista, regalavano qualcosa in più, pur senza aver mai strafatto in termini di pura durata. Tuttavia, al momento di spulciare per bene la campagna – alzando il livello di difficoltà e mettendosi alla ricerca certosina dei fatti secondari – il monte ore necessario all’operazione si fa comunque interessante.
[quotedx]il problema della campagna sta nel ritmo sincopato[/quotedx]Semmai, il problema della campagna sta nel ritmo sincopato, che alterna momenti esaltanti ad altri che non albergano nelle corde della serie. Certo, anche nei vecchi Halo abbiamo percorso livelli in cui gli sviluppatori la “tiravano in lungo” più del dovuto, ma questo accadeva sporadicamente e non per metà dell’intera narrazione. Ci sono, insomma, troppi momenti in cui si attende che succeda qualcosa per davvero, con la trama che decolla solo sul finale e con pochi twist, centellinati qua e là. Un peccato, perché di base funziona discretamente l’idea di assegnare al giocatore ora il controllo di Master Chief, ora dello Spartan Jameson Locke, anche se nel computo generale ho trovato eccessivo lo spazio riservato a quest’ultimo rispetto a quanto concesso dalla sceneggiatura al buon vecchio John, che in certi momenti viene quasi relegato a personaggio di contorno.
SPARIAMO ASSIEME
Che i livelli siano stati creati con in mente il co-op è evidente fin dalle primissime battute. Non per nulla, in assenza di amici con cui affrontare la trama abbiamo attorno tre Spartan che seguono ogni nostro passo e che permettono di approcciare alcune situazioni in maniera blandamente tattica. Di tanto in tanto, difatti, gli spazi si allargano e si possono mettere in atto aggiramenti per attaccare i nemici da dietro, mentre i nostri compagni tengono l’ingaggio. Nulla di particolarmente articolato, intendiamoci… Halo è una serie che punta le sue fiches su una certa velocità e sulla buona resa del gunplay, e da questo punto di vista la campagna di Halo 5: Guardians non tradisce le aspettative. A ogni modo, è possibile comunque dare qualche ordine elementare ai nostri colleghi Spartan, come il concentrare il fuoco verso un nemico particolare, salire su un mezzo piuttosto che su un altro o rischiare qualcosa per andare a curare un compagno a terra. Quest’ultima è una delle novità principali e vale anche per Master Chief e Locke, che salvo rari casi possono essere rimessi in piedi dai compagni prima di lasciarci definitivamente le penne e ripartire amaramente dall’ultimo checkpoint.
In generale l’Intelligenza Artificiale di nemici e compagni funziona, ma va anche detto che più di qualche volta ho assistito a comportamenti poco brillanti degli Spartan a supporto, soprattutto quando li ho lasciati liberi di muoversi, in assenza di un’indicazione precisa sul da farsi. Per questo e per altri motivi Halo 5: Guardians è sicuramente più godibile se affrontato in co-op con altri umani, cosa purtroppo impossibile in locale, visto che 343 Industries ha deciso di puntare tutto sull’online per garantire i 60 fps fissi in tutte le situazioni, anche quelle più congestionate.
È proprio la componente tecnica, probabilmente, il piatto forte della campagna di Halo 5: Guardians, che non lesina momenti spettacolari e mostra un colpo d’occhio di sicuro effetto, in particolare nelle missioni all’aperto dove emerge il carattere del lore e della direzione artistica; il tutto, va detto, al netto di qualche piccolo episodio di bad clipping, comunque scusabile e limitato ai già citati stage all’aperto. I 60 fps sono effettivamente granitici e contribuiscono a far si che l’attenzione del giocatore sia sempre focalizzata su quello che succede a schermo, senza che intervengano “distrazioni tecniche” di sorta.