Bloodborne: The Old Hunters – Recensione

Demon’s Souls. Dark Souls. Bloodborne. Per alcuni, questi potrebbero essere nomi come tanti. Per il sottoscritto sono Padre, Figlio e Spirito Santo dell’attuale panorama videoludico. Certo, sono pur sempre gusti. E nonostante l’indiscutibile successo commerciale della saga action-jrpg dalle tinte fantasy-dark nata nei piccoli (ma affollati) studi di From Software, parliamo di gusti decisamente particolari. Gusti in bilico sulla soglia della sadomasochismo. Gusti di altri tempi. Gusti di quando no, i titoli di coda di un videogioco non erano alla portata di tutti. Chi mi conosce, sa già quanto ci tenga ad esprimere un parere su questa esperienza d’altre generazioni, che ha sfiorato l’oblio commerciale dei soli confini nipponici proprio durante i suoi Natali, per motivi di scarsa fiducia da parte SCEI stessa. Chi non mi conosce, lo farà magari su queste “pagine”. Qualche giorno fa ho comunicato la mia intenzione di dilungarmi il più possibile su The Old Hunters, la prima e unica espansione di Bloodborne, per portarvi opinioni approfondite a dispetto di perdere qualche click. Ora, che sono davanti alla schermata luminosa di questo mio esordio su GamesVillage, sono soddisfatto della decisione presa. Perché quest’ultimo omaggio di Miyazaki vi impegnerà ben più di un singolo week end: tenetevi pronti a sfuriare, pad alla mano, per quasi 20 ore filate. 5 nuovi boss (con uno che potrebbe meritare forse la corona del boss più badass dell’intero titolo), 3 nuove aree, 16 nuove armi e una gran varietà di nuovi nemici: la carne al fuoco è decisamente abbondante e succulente, sebbene molti di voi saranno già informati della discutibile assenza di nuovi calici all’interno dell’atteso DLC. Tanto si, so bene che avete già spulciato il voto in calce da svariato tempo e si, se ve lo stavate chiedendo è uno dei motivi per cui non me la sono sentita di affibbiare un nove tondo ai vecchi cacciatori di Yharnam. Ma andiamo con ordine.

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RITORNO AL SOGNO

Ritornare all’Hub di Bloodborne è infine piacevole come me l’aspettavo. Il sogno del cacciatore è sempre lì: sfumato, colorato, vivido, rassicurante ma inquietante. Mi sgranchisco le gambe in giro per il mondo, tentando di soddisfare i requisiti richiesti dall’accesso al DLC: Vicario Amelia sottoterra prima di iniziare l’Endgame, con un PG almeno a livello 65, ci dice Sony. Tanta esperienza e un PG oltre il livello 100, vi dico io. Soprattutto se vi ritroverete in una partita NG+. Altra dritta e caldo consiglio del vostro amico Revolver: una build tarata su Arcano vi aiuterà (e non poco) durante le prime sanguinose ore del contenuto aggiuntivo. Grazie a dio, fin dalle prime battute, non esiste una vera e propria trama o grandi personaggi. I protagonisti dei soulslike sono i suoi mostri, grandi e piccoli. La sua trama è una fitta rete di schivate, build, parry e imprecazioni. Si, sono uno di quelli totalmente contro lo studio e l’enfasi della Lore di questa saga, non ve lo nascondo. Dopotutto, stiamo ancora leggendo con fare affamato le pagine del folle Miura, dopo essere cresciuti con esse, senza ancora aver ricongiunto i fili di un gomitolo narrativo che potrebbe anche non esaurirsi mai. Una delle mie più grandi paure, certo, ma che non impedisce a me come a milioni di lettori di godere dell’atmosfera, delle sensazioni e delle emozioni trasmesse dall’indiscutibile passione del grande mangaka. Esattamente come quella di cui trasuda Ludwing, la bestia-lupo investito dell’alta carico di primo e famelico boss di The Old Hunters. Et voilà: già nelle prime ore all’interno del diabolico “Incubo del Cacciatore”, la nuova area d’inizio del DLC distribuito da Sony, l’ironica crudeltà di Miyazaki fa capolino senza soffermarsi sulle righe. L’architettura del mondo è fuori dalle leggi di qualsiasi mondo o concetto di spazio e gravità, e l’iconografia bizzarra che scivola sinuosa tra fiumi di sangue e cieli rossi appare subito come la migliore riproduzione mai vista su schermo delle sequenze dell’Eclissi di Berserk, con i nuovi folli protagonisti delle file nemiche, i vecchi cacciatori che hanno perso il lume della ragione, che rivolteranno contro di noi le stesse armi e schemi di attacco che abbiamo limato nel corso di decine e decine di ore di gioco, per lunghi e doloranti mesi. Imprevedibile, è la parola chiave di The Old Hunters. Ludwig è il boss più ostico dell’intero titolo Sony / From Software per chi vi scrive. Questa scheggia impazzita di attacchi serrati ma a lungo raggio, dotata di un invidiabile quantità di punti di ferita, è il “Ornestein e Smough” di Bloodborne. Tradotto: molti di voi spenderanno una consistente fetta delle ore di gioco offerte direttamente nella fossa del die&re-try. E quindi, all’inizio dell’espansione stessa. Ma ve lo anticipo subito: da qui in avanti, al confronto, si andrà in discesa come sulle Alpi con un paio di sci. Di quelli buoni.

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LATERALUS

Si, il titolo di questo paragrafo è proprio quello di uno dei migliori album dei Tool. Ma se ne capite di musica, non dovrò certo spiegarvelo io. In effetti quello che succederà da Ludwig in avanti, nella brutale spirale di The Old Hunters, è in perfetta sintonia con i taglienti giri di batteria di uno dei miei dischi preferiti di tutti i tempi. Tutto accelera, come il nostro battito cardiaco una volta presa la mano con le nuove dispensatrici di morte che raccoglieremo in giro per le nuove aree, adeguatamente maxate e fixate con i giusti perk. Già dall’area di Fallimenti Viventi, il secondo boss che come suggerisce il titolo in realtà non è unico (ma questo accade fin dai primi Gargoyles di Demon’s Souls… sempre se non eravate tra quelli che sparavano con l’arco attraverso la nebbia prima di entrare, eh!), ci sarà un cambio di direzione non solo di colori e strutture (che quasi sembrano fare il verso al primo Dark Souls) ma anche di tempi e ritmi. Per fortuna, aggiungerei, dato che la prima lanterna (di dieci!) spunta fuori dopo quasi due ore di santissima pazienza. Le prime linee tecnologiche dell’esperienza offerta (anche grazie alle migliorie della corposa patch 1.07) si sono ormai parafrasate, ed è quindi chiaro che con The Old Hunters si sia tentato di migliorare un net-code non sempre stabile, nonché un frame-rate a dir poco ballerino in zone come la vecchia Yarhanam e durante i violenti primi piani con le fameliche bestie strappa-imprecazioni partorite dall’efferata squadra di From Software. Tentato, appunto. Sarà colpa dei numerosi effetti particellari e delle sontuose strutture poligonali. Sarà quel che sarà, ma la PlayStation 4 continuerà a surriscaldarsi e ad essere messa a dura prova, a sentire i picchi della temperatura interna e la rumorosa ventola. E, purtroppo, tale deficit ha contribuito a costringermi ad abbassare di mezzo punto la mia valutazione definitiva di The Old Hunters. Perché sebbene non possa che rimanere incantato da una resa visiva che tra fumo, nebbia e luci riesce a farmi vivere e respirare l’aria pastosa e lugubre delle opere di Miura, avrei preferito barattare qualche dettaglio e fuoco d’artificio in meno con un aggiornamento su schermo ben più affidabile. Ma qualcuno potrebbe sottolineare (e a ragione) di essere stato ben più comprensivo in passato con tali problematiche. Verissimo. E la risposta è più semplice di quella che pensate: perché non ci sarà nessun Tower Shield a pararvi il sedere, quando l’attacco critico di un boss farà muovere a scatti persino i vostri parenti e animali domestici, finiti nei pressi della vostra console. In Bloodborne, una frazione di secondo ha un peso decisamente maggiore che in Dark Souls, per intenderci. Senza però fossilizzarci troppo su questa parentesi tecnica, dovuta anche in virtù del suo reale peso nell’esperienza di gioco, torniamo un attimo alla nostra spedizione sulle colline degli incubi di Yarnham. Senza sfociare nello spoiler, è da sottolineare che quanto rimane dalla morte del secondo boss in poi è quasi l’esatto numero di ore, sudore e sangue che impiegherete a raggiungere questo punto. Nulla di strano o di nuovo qui: infondo tutti i soulslike si potrebbero rappresentare come una ripida salita, fitta di soddisfazioni per i più hardcore gamer tra voi come di bandierine bianche per tutti gli altri, per giungere poi, una volta usciti dalla fitta radura, su una ben più piacevole discesa che vi condurrà dritti nelle braccia dell’endgame. Che poi, a dirla tutta, qui è quasi più convincente di quello “originale”. Infine, per chi ne fosse sostenitore, i trofei aggiuntivi (novità per una espansione made in From Software) regaleranno più di una lodevole sfida aggiuntiva. Ma non fino a riempire totalmente il vuoto lasciato dall’assenza di nuovi calici…

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