Nel marasma generale di titoli impressionanti e chiassosi, confezionati ad arte per catturare l’attenzione del giocatore grazie ad un ritmo incalzante, un forte impatto visivo o un vasto mondo da esplorare in piena libertà, a volte ne emerge qualcuno che si prefissa un unico, forse semplice ma fin troppo spesso trascurato obiettivo: quello di raccontare una storia. Fedele al dogma non scritto che lo rende il mezzo d’intrattenimento poliedrico per eccellenza, il videogioco ha accolto, soprattutto negli ultimi tempi, un’ennesima metamorfosi che è servita ad assottigliare il confine tra interazione e storytelling, rendendo la seconda il punto cardine attorno al quale ruota un gameplay snello e funzionale utilizzato in guisa di collante per le vicende. Il rapporto fra i due viene pertanto ribaltato in certi casi, ed il successo delle avventure della Telltale Games, di The Last of Us, di Heavy Rain e Beyond: Due Anime, come pure di Gone Home, Year Walk, Her Story e molti altri titoli indipendenti, tutti accomunati dalla fiducia nelle potenzialità dello strumento videoludico quale tramite per costruire percorsi narrativi di un certo spessore, più complessi ed articolati di quanto possano fare un libro, un film o una serie TV, conferma a gran voce l’esistenza di un bacino di utenti disposti a riconoscere la bontà di questo approccio. In un simile contesto entra in scena la LKA.it, compagnia toscana con esperienza decennale nell’ambito della grafica digitale applicata all’architettura, alle presentazioni audiovisive e all’editoria, il cui progetto nasce in tempi assolutamente non sospetti: l’idea di realizzare un racconto interattivo ambientato nell’ex ospedale psichiatrico di Volterra prende infatti forma nel 2011, anno in cui Luca Dalcò, docente universitario e fondatore della LKA.it, ha l’occasione di visitare assieme ad alcuni collaboratori il luogo che ospita le vestigia di quello che un tempo fu il frenocomio, e che giace in stato di totale abbandono dal 1978, anno in cui venne approvata la cosiddetta Legge Basaglia che impose la chiusura di simili istituzioni a favore dei servizi di igiene mentale pubblici.
QUANDO SEI PAZZO, NON ESISTI PIU’
Dopo due anni di gestazione, il suo The Town of Light approda alla Games Week 2013 di Milano, attirando da subito l’interesse di critica e pubblico soprattutto grazie alla peculiare dimostrazione che prevedeva l’impiego di un visore Oculus Rift, una sedia a rotelle e una camicia di forza. Purtroppo, a tanto clamore non fa seguito il supporto nel quale gli sviluppatori avevano sperato, e così il finanziamento collettivo lanciato su IndieGoGo nel 2014 non va a buon fine. Tuttavia, LKA.it non si perde d’animo e così, una volta riscossa l’accettazione su Steam Greenlight a inizio 2015, oggi il titolo è pronto per fare il suo esordio sugli schermi di tutto il mondo. Considerata la forza evocativa dell’ambientazione, sarebbe quindi stato facile implementare un assetto ludico basata su fughe rocambolesche da spettri o mostri deformi fra lugubri corridoi, alla ricerca dell’arma giusta per abbatterli. Ma, al di là delle necessarie scelte promozionali, Dalcò decide di imboccare un percorso differente dal solito e, come preannunciato nell’introduzione, adopera l’interattività per raccontare la Storia, stavolta con la S maiuscola, attraverso una storia: quella di Renée, una ragazzina che, nel 1938 e a soli 16 anni, viene internata nella suddetta casa di cura in seguito ad una serie di crisi cui è andata soggetta fin dalla più tenera età. Durante la fase acuta dei suoi attacchi, la fanciulla viene annichilita da una luce bianchissima e frastornante, che le ottunde i sensi impedendole persino di pensare. La Storia con la S maiuscola, qui, entra di prepotenza nel resoconto di ciò che abitualmente accadeva ai pazienti di questo e di ogni altro istituto simile, raccolta nei pensieri e nelle testimonianze tanto della personale odissea di Renée quanto degli altri ricoverati che hanno condiviso la sua stessa sorte: benché difatti quella di Volterra fosse una struttura all’avanguardia, grazie anche alla guida del dottor Luigi Scabia che introdusse terapie basate sul lavoro manuale e sul limite dei mezzi di contenzione fisica dei malati, le rigide gerarchie instauratesi al suo interno vedevano questi ultimi sempre in fondo alla catena di comando, costretti a subire qualunque tipo di vessazione da parte del personale sanitario che doveva rispondere delle proprie azioni solo ai diretti superiori, dalle quali difficilmente potevano trarre beneficio. L’avventura di The Town of Light si apre all’esterno di uno dei padiglioni dell’ospedale di Volterra, lo Charcot, in una distesa incolta che comprende un capanno, una serra e un piccolo parco giochi, tutti in avanzato stato di degrado. La ricostruzione degli ambienti è stata realizzata con una cura maniacale, poiché lo staff capitanato da Dalcò ha trasposto gli spazi, le distanze, gli edifici e persino le texture che rivestono le pareti e gli oggetti in maniera assolutamente conforme alla realtà, tanto che il gioco può essere considerato una vera e propria visita virtuale all’interno della costruzione abbandonata.
[quotedx]La ricostruzione degli ambienti è stata realizzata con una cura maniacale[/quotedx]
L’inquadratura contribuisce in maniera naturale al senso di immersione e l’interfaccia è volutamente minimale, consentendoci di interagire ed esaminare determinati elementi che sono costituiti perlopiù da libri, lettere e documenti assortiti, anch’essi originali in tutto e per tutto eccezion fatta per i nomi. La storia di Renée si svolge davanti ai nostri occhi una volta esplorati alcuni ambienti o rinvenuti degli oggetti chiave, grazie ad una serie di flashback cui avremo modo di assistere in prima persona e di illustrazioni tradizionali disegnate con un forte stile angosciante. Tanto per evidenziare l’impegno riposto nel delineare il passato della ragazza, LKA.it ha reso pubblicamente disponibile un diario scritto da lei stessa, tramite il quale possiamo analizzare la sua drammatica discesa nella spirale della follia ma anche, tra le righe, un’esistenza scandita da abusi terribili, coetanei crudeli e adulti incapaci di comprendere quanto le stava accadendo. Il diario è incluso fra i contenuti extra della copia digitale del gioco, gratuiti per le prime due settimane dal lancio e in seguito acquistabili a parte, ed è consultabile online a questo indirizzo. Renée è chiaramente un personaggio fittizio, composto dalla somma di più storie raccolte da Dalcò e i suoi colleghi nel corso delle ricerche sulla struttura psichiatrica, perciò le sue traversie potrebbero sembrare eccessive, troppo pesanti da sopportare per una singola adolescente: sebbene ciò sia in parte vero, non bisogna tuttavia sorvolare sul fatto che, per la stragrande maggioranza dei pazienti, non fosse possibile un vero reintegro nella società perché, sovente, erano proprio le famiglie di origine a volersi sbarazzare di loro, rinchiudendoli dietro edifici di ferro e cemento dove non avrebbero più dovuto occuparsi del loro disagio. L’esplorazione inoltre, che porta il giocatore a visitare differenti reparti seguendo i trasferimenti imposti alla stessa Renée, non è neanche troppo legata alle necessità del gioco: i trattamenti cui venivano sottoposti i malati, che potevano includere reclusioni forzate, elettroshock, bagni e docce ghiacciati e l’assunzione di farmaci di vario tipo, anche sperimentali, potevano infatti provocare l’insorgere di ulteriori patologie che andavano trattate in settori diversi, causando la dislocazione degli sventurati in altre unità o padiglioni.
NON È PROIBITO
Le transizioni dal mondo reale a quello dei ricordi avvengono con brevi lampi di luce che ci trasportano nel passato dell’ospedale, totalmente imbiancato da un bagliore freddo e innaturale come quello che ha scatenato l’instabilità della ragazza, e dal quale non riesce certo a ripararsi in questa sua nuova “casa”: tutti coloro che continuano a vessarla, siano essi sorveglianti, infermieri o medici, si nascondono infatti dietro lo scintillio delle loro torce o delle lampade scialitiche, rendendo palese fin da subito il vero significato del titolo con cui LKA.it ha battezzato il suo gioco d’esordio. Originale è quindi anche il rovesciamento dello stereotipo che vuole il protagonista rifuggere dagli ambienti scuri dove si annidano i mostri per cercare la sicurezza della luce: in The Town of Light, dove i veri mostri sono i nostri simili ritenuti sani, e perciò normali, dalla società, è il buio ad offrirci l’unico conforto, e questa meccanica è ben rappresentata persino in alcuni degli enigmi con cui avremo a che fare. Per quanto arrivati a questo punto suoni quasi strano dirlo, l’avventura non è soltanto una sequenza di eventi tragici che si susseguono senza tregua: durante la permanenza nell’istituto, la vita di Renée viene anche sfiorata da lembi di speranza, forse troppo fugaci ma senza dubbio necessari per mantenerla aggrappata ad un sottile filamento di lucidità. La trama presenta inoltre almeno un paio di svolte impreviste che stimolano nel giusto modo l’interesse, perciò vale la pena ripercorrere le vicende fino in fondo tenendo conto della loro più che accettabile durata, e magari tornare a visitarle per assistere a tutti i finali disponibili. I momenti più significativi sono accentuati da un’ottima colonna sonora ambientale composta da Aseptic Void, pseudonimo dietro il quale si cela il compositore pisano Davide Terreni, mentre il motore grafico utilizzato, Unity, è scalabile quanto basta da permettere la fruibilità del gioco anche ai proprietari di PC di fascia medio-bassa. Da segnalare altresì un buon doppiaggio in inglese e tedesco, oltre che naturalmente in italiano, e la presenza di sottotitoli nelle tre lingue appena menzionate più francese, portoghese, russo, ucraino e greco. Purtroppo, le limitate risorse a disposizione di LKA.it hanno consentito loro di riprodurre soltanto uno degli edifici dell’ospedale psichiatrico, il già citato Charcot, e ridimensionare nel complesso la trama ed i personaggi che le appartengono. Non resta che sostenerli, qualora gli sforzi profusi incontrino i nostri gusti, e sperare nel successo di The Town of Light, in modo che possa aiutarli per tutti i progetti futuri nei quali riverseranno, c’è proprio da augurarselo, la medesima dedizione.