Uncharted. Una saga che, diciamocelo, non era poi partita così bene. Il primo, sopravvalutato capitolo, doveva essere la terra promessa delle esclusive dell’universo PlayStation, salvo poi rivelarsi giusto un “bel titolo”. Di quelli da recuperare al primo price-drop, insomma. Da quel tiepido esordio, ne è passata di acqua sotto gli uffici di Naughty Dog. Perché dammi solo tre parole, e oggi per un gamer l’ultima sarà sempre “US”. Già. E perché scalare un treno che sta per sprofondare tra le oscurità di una montagna, sul ciglio di un baratro spietato, avvolti da una tempesta di una neve, è un ricordo ancora vivido. Ancora potente. Perché nella memoria di un videogiocatore, i primi minuti di Uncharted 2 rappresentano il vero metro di paragone per il suo genere e per tutti i suoi successori. Ma, arrivati fin qui, avrete già sbirciato il voto in calce. E, forse, starete già preparando lo spazio sulle vostre mensole, per questo attesissimo capitolo finale (chissà) della storia di Nathan Drake. Comprensibile: Uncharted 4: Fine di un Ladro è il titolo per cui tutti gli amanti del suo genere dovrebbero possedere una PlayStation 4.
L’ULTIMA CROCIATA
Uncharted 4: Fine di un Ladro è il videogioco tecnicamente e visivamente più bello che si sia mai visto su ogni piattaforma fino ad oggi. In alcuni frangenti, ci ha fatto esclamare addirittura “wow”. E graficamente parlando, è qualcosa che dall’inizio di questa generazione ad oggi, non era mai successo. Mai. Però prendete fiato ora. Nathan Drake è invecchiato. E anche noi. E anche Naughty Dog. Sono cresciuti con noi, e con questa quarta incarnazione della Lara al maschile hanno messo in campo tutta la loro passione per i videogiochi e il loro lavoro. I primi istanti, però, continuano a non venirgli “così bene”: scordatevi l’introduzione di Uncharted 2. O quella di The Last of Us. Ancora una volta, le prime ore saranno le più deboli dell’esperienza offerta: sebbene la storia, dopo il terzo episodio, sia diventata protagonista con lunghi approfondimenti, dialoghi e tutti quei piccoli dettagli che riescono a donare la vita, come per magia, a personaggi di fantasia, è quando questa deve fondersi in armonia con il gameplay che il nostro cocktail risulta mal dosato e annacquato. Piccole sezioni su binari tra il frustrante e il noioso, faranno da intercalare tra un filmato e l’altro. Una sindrome che affliggeva già il precedente capitolo, tra l’altro. Ma non temete: presto la musica cambierà. Tanto.
Oltre ogni vostra immaginazione. E ci sarà un passaggio emozionale, generazionale, confezionato ad arte e che ci guarderemo bene dallo spoilerarvi, durante queste prime ore di gioco. Un momento che rafforzerà la cura, dannatamente più estesa ed evidente rispetto al passato, sulle relazioni sentimentali tra i protagonisti di quest’avventura. Una storia di famiglia, quella di Uncharted 4: Fine di un Ladro. Una storia di amore, di rimpianti, di gioventù e di vecchiaia. Una storia che, fin dalle prime battute, prende come suo riferimento una rara perla dell’intrattenimento elettronico: Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots. E giustamente: Old Snake potrebbe dare lezioni di epiloghi a chiunque. Vi ricordate il ritorno a Shadow Moses e il plot-twist con MGS1 mentre si dormiva sull’elicottero in volo? Ecco. Un inizio claudicante, dicevamo. Una introduzione troppo pesante e ricca di cliché temporali (presente/passato/presente), che sa di già visto. Ma le pedine vincenti, sono comunque già tutte sul tavolo: l’espressività dei volti lascia a volte sconvolti, la quantità e la finezza dei dettagli offerti su schermo stordisce a un primo impatto, così come la reattività ai comandi e l’impassibilità del frame rate stabile davanti a simili magnitudini di bellezza visiva. Tra un flashback e l’altro, attraverseremo quindi un lungo (decisamente troppo) tutorial su binari, insomma, dove i veterani apprezzeranno la profondità dei personaggi e i neofiti impareranno a giocare. Nessun stravolgimento di sorta, anzi: tutto fin troppo simile a quanto già fatto. Almeno, però, ci saranno dei momenti in cui potremo emozionarci grazie ai nuovi Sullivan e la nuova (affascinante) Elena. Si, avete letto bene: emozionarci. Sinceramente, nonostante sia giocatore di lunga data della saga, è stata forse la prima volta dall’esordio di Drake. Ma questo, come starete pensando, non basterebbe comunque a giustificare il voto in calce. Niente di più vero. Ma è stato proprio quando un sottile velo di delusione stava prendendo il sopravvento, che Uncharted 4 è letteralmente esploso. Come un tuono in lontananza, o il bacio della tipa/o che desideravi da mesi. Di sua iniziativa, per giunta.
Già, proprio quando il disappunto stava per fare breccia sulle rughe della nostra fronte, questo nuovo Drake ci ha mostrato di che pasta è fatto. Ci ha spiegato il perché di tutti questi anni. Perché, anche se mamma Sony era disperata e lo voleva al suo fianco durante il lancio dell’ultima progenie, lui si è fatto attendere. E attendere. E attendere. Tirandosela, forse. Ma per un motivo. Un motivo che diventa ben chiaro, quando, finalmente, la parola “esplorazione” arriva come un temporale in pieno agosto, sui nostri schermi. Perché le ambientazioni di questo ennesimo giro del mondo di Drake, sono davvero “next-gen”. Estese, ricche, piene di dettagli. Enormi. Eppure, mai frustranti. Immaginate un free-roaming in salsa Phantom Pain (si, dopo questo Uncharted 4 sono profondamente convinto che in casa Naughty Dog siano grandi fan di Kojima). Ecco. Ora ripulitelo di tutte le perdite di tempo a suon di zoccoli di cavallo, il backtracking e le miniquest che strizzano l’occhio agli MMO coreani. Lanciate qualche secchiata di grafica senza precedenti qua e là, con alcuni degli algoritmi fisici e la distruggibilità dell’ambiente più realistica che si sia mai vista, e vi sarete fatti un’idea. Più o meno. Perché dovrete giocare per credere. I panorami e le visuali mozzafiato assumono altri significati rispetto al passato: raggiungerete tutto ciò che vedrete. Con ogni mezzo. Prendiamo i rampini, ad esempio: la modestia viene prima di tutto, e sembra proprio che Naughty Dog abbia rispettato e preso nota dai trionfali ritorni sul palcoscenico della giovane Lara.
Perché le ambientazioni di questo ennesimo giro del mondo di Drake, sono davvero “next-gen”.
Ci ha messo del suo, però: spettacolari sparatorie che non faranno rimpiangere i fasti di Uncharted 2, diventano ancora più “Die Hard” se appesi a un rampino con il grilletto tirato, tra esplosioni e detriti, fumi e dissolvenze, meteo che varia senza preavviso e stupendi giochi di luce in real-time. Ma è solo l’antipasto. Sulle quattro ruote impantanati nel fango, arrampicandovi per estese colline, vivrete momenti memorabili. E, con somma gioia di chi vi scrive, tutto questo lascerà persino spazio agli enigmi. Quelli più complessi della saga, sulla scia di Uncharted 3 per intenderci. Niente che vi bloccherà per mezz’ora davanti a uno schermo, badate: è pur sempre un titolo action. Ma neanche gli inutili intermezzi dei primi due episodi. E la possibilità di arrivare prima alla loro risoluzione, aggiungendo note alla nostra agenda analizzando l’ambiente, funziona e arricchisce il gameplay in modo semplice ma efficace. Ancora una volta, poi, potremo affrontare le varie orde nemiche con un approccio in stile Fox-Hound, o stringendoci sulla fronte una bandana da Rambo. La verità sta nel mezzo, disse il saggio. E anche il divertimento, a dirla tutta. Data la vastità dell’area di gioco, potremo anche “marcare” i vari nemici zoomando su di loro e premendo triangolo. Come in Metal Gear? Già. Non solo. Una volta segnalati i vari nemici, potremo monitorare il loro livello d’allerta tramite un’apposita icona sulla testa: se riusciranno a vederci e a dare l’allarme, saremo costretti a lasciar perdere i nostri piani da agente 47 e fare esplodere tutto.
Tra una rovina, una trappola, un enigma e una spettacolare fuga, potremo goderci i migliori siparietti comici offerti finora dalla saga, splendidamente doppiati anche nel nostro idioma. Alcune battute riescono persino a far passare in secondo piano l’errore di gioventù di Naughty Dog sul character design del protagonista. Perché al diavolo il discorso dell’immedesimazione nell’uomo medio: Drake è sciapo e Joel è figo, fatevene una ragione. Tutto perfetto dal punto di svolta in avanti, quindi? Non proprio. Qualche scivolone nella “sindrome da tunnel su binari” comparirà anche più avanti, per esempio. E sinceramente, il divario di game design tra queste sezioni e quelle sopra citate, è incalcolabile. Inoltre, alcune segmenti del titolo sembrano soffrire dei lunghi anni di sviluppo, quando il team non aveva ancora raggiunto l’ineccepibile livello di maturità e totale padronanza dell’hardware di cui è capace. Il risultato è un livello di qualità altalenante nel prodotto finito. Infine, ora il sangue è quasi del tutto sparito su schermo, nonostante le nebule impazzite di piombo che porteremo su schermo. Se il gameplay fosse pure di stampo “one shot, one kill”, ci saremmo volentieri passati sopra. Dopotutto, parliamo di un avventura alla Indiana Jones, caricaturale e fumettosa. Ma, ahimè, il sangue copioso degli esordi era una parte integrante delle meccaniche di gioco stesso: se devo colpire quattro volte un nemico, prima che stramazzi al suolo, mi dovrebbe essere ben più chiaro se il colpo è andato a segno o meno. Certo, poi ci sono degli interni di templi e segrete sotterranee, che mettono su un vero e proprio orgasmo visivo con i loro dettagli, cercando di appannarci la vista davanti a questi “piccole” sviste. Ma neanche loro riescono a farci dimenticare le prime, noiose e già viste, ore di gioco. Come le prime ore di un viaggio che, iniziato sotto tono, si è poi invece rivelato tra i migliori della nostra vita. Perché Uncharted 4: Fine di un Ladro è il miglior tesoro che Nathan Drake potesse mai rubare: la maturità. E con essa, il suo degno finale. Forse.