Atelier Sophie: The Alchemist of the Mysterious Book – Recensione

La serie Atelier firmata Gust è in pochi anni diventata una delle più prolifiche per quanto riguarda i JRPG: basti pensare che ormai è arrivata alla diciassettesima iterazione. The Alchemist of the Mysterious Book rappresenta però il primo approdo della saga sui lidi cur-gen di PlayStation 4. I fan del franchise possono comunque essere rassicurati: non si tratta di una violenta differenziazione rispetto ai classici episodi della saga, ma la potenza aggiuntiva di calcolo ha senza dubbio giovato alla confezione, soprattutto per quanto riguarda i modelli dei personaggi e la loro espressività, sempre tratteggiati con un delizioso stile anime. È proprio l’aspetto artistico uno dei principali punti di forza del titolo, nonché la cura riposta in ogni singola ambientazione. La palette acquarellata dei colori è assolutamente vitale, e dona al nuovo capitolo quell’atmosfera peculiare della serie Atelier. L’hardware di PS4 ha inoltre permesso di ottenere dei tempi di caricamento più immediati, in modo da rendere più fluide le esplorazioni in questo mondo lussureggiante.

atelier-sophie-the-alchemist-of-the-mysterious-book-releases-on-ps4-and-ps-vita-on-june-7

UN LIBRO DECISAMENTE MISTERIOSO

A livello di gameplay, gli sviluppatori si sono sempre mossi nel rispetto della tradizione, glorificando il crafting alchemico ma, allo stesso tempo, introducendo un cambiamento sostanziale che modifica il ritmo dell’intero gioco. Stiamo parlando della rimozione del limite di tempo nella sintesi alchemica: in questo modo, i giocatori non avvertono più la pressione tipica dei precedenti episodi, e possono concentrarsi maggiormente sulla sperimentazione e, più in generale, sul godersi l’avventura. Questa modifica al gameplay permette al gioco di essere più accessibile, per cui, se siete neofiti di Atelier, The Alchemist of the Mysterious Book potrebbe essere il vostro portale d’ingresso per la serie. Una delle barriere storiche di Atelier è sempre stata la sua interfaccia, basata perlopiù sul testo e molto difficile da comprendere una volta arrivata ai livelli avanzati. Per ovviare a questo problema, Gust ha semplificato l’user experience, grazie a un nuovo pannello che permette di visualizzare in tutta semplicità come il posizionamento di un materiale migliora la qualità di un determinato oggetto. Può sembrare un piccolo cambiamento, ma in realtà fa davvero la differenza, soprattutto per chi non è avvezzo all’alchimia di Atelier. Come al solito, in combattimento userete le armi che avete craftato, e ora avrete anche la possibilità di concatenare gli attacchi l’uno con l’altro. Il risultato generale è che il gioco risulta essere più immediato e divertente, pur mantenendo la sua profondità.

La difficoltà di comprendere le meccaniche non è l’unico dogma che è stato scardinato: fino ad adesso, i fan erano abituati all’idea che l’alchimia potesse servire solo per creare oggetti. Ecco invece che viene introdotto il sistema Doll Making, che permette niente meno di dare vita a un essere vivente. Nella fattispecie si tratta di Plachta, una ragazza che non solo sarà il mentore della protagonista Sophie, ma potrà anche essere customizzata nell’aspetto e potenziata nelle caratteristiche. La possibilità di poter plasmare un personaggio umano rende Atelier Sophie notevolmente diverso rispetto ai precedenti capitoli. A livello narrativo siamo ancora una volta di fronte a una piccola gemma, anche grazie al particolare collocamento della vicenda. A differenza della serie Dusk, Atelier Sophie è infatti ambientato in un periodo della saga in cui l’alchimia deve ancora diffondersi in massa, e solo da poco gli uomini stanno cominciando a effettuare nuove scoperte tecnologiche. E se in Dusk si raccontava il lato oscuro dell’alchimia, e i suoi effetti negativi, in Atelier Sophie abbiamo una vicenda più allegra, a cui corrisponde anche una protagonista più solare. Sophie è infatti il tipico stereotipo della ragazza positiva e volenterosa, che cerca di fare del bene e di aiutare tutti, anche al di sopra delle sue forze. Tutto questo per dimostrare al mondo i suoi talenti di alchimista, e rendere fiera sua nonna. I suoi siparietti con Plachta, personificazione del “Mysterious Book” del titolo, sono semplicemente esilaranti! C’è da dire che la vicenda è piuttosto concentrata su questi due personaggi, mentre i comprimari lasciano piuttosto a desiderare per quanto riguarda l’approfondimento emotivo. In particolare, Oskar, è decisamente noioso e vi ritroverete ben presto a cacciarlo fuori dal party (ma purtroppo dovrete sorbirvelo nelle sequenze narrative).

Atelier sophie the alchemist of the mysterious book

Se in generale il gioco non deluderà i fan della serie Atelier, la produzione si porta comunque appresso qualche difetto, principalmente una ripetitività di fondo che, alla lunga, rischia di annoiare il giocatore. Anche il modo in cui si procede lungo la quest principale, ossia recuperare le memorie di Plachta, è decisamente restrittivo, motivo per cui non potrete potenziarvi seguendo il vostro ritmo, ma dovrete piuttosto seguire di volta in volta quello che vi viene chiesto di fare (ossia risolvere side quest o craftare determinati oggetti. Del resto, se siete fan dei JRPG, avrete anche fatto i conti con il fatto che la linearità è caratteristica tipica di questi giochi. Atelier Sophie è un piccolo gioiellino di caratterizzazione, ma anche un gioco molto godibile, questa volta anche per un pubblico più ampio. Grazie a una filosofia user-friendly, la nobile strada dell’alchimia può finalmente essere tentata anche da chi non l’ha mai presa prima d’ora.