Paper Mario: Color Splash – Recensione

Paper Mario: Color Splash sarà uno degli ultimi giochi del Nintendo Wii U. Come tale, ha avuto fin dall’annuncio una spada di Damocle sulla testa: da un lato la responsabilità di rappresentare un degno finale nella vita della console, dall’altro il rischio di essere poco più di un tappabuchi, un titolo riciclato e messo insieme solamente per presentare un videogioco a malapena decente. Lo spettro della mediocrità aleggiava sinistramente su Color Splash fin dalla sua presentazione, decisamente inattesa ed in sordina, e si è andato a sommare alla ormai radicata sfiducia verso la saga, che pare aver perso smalto ed amore da parte dei giocatori, dai fasti dei titoli passati. Dunque, escludendo per ora il nuovo Zelda, questo Paper Mario si presenta come la cartina al tornasole della morte del Wii U: se ne andrà con uno spettacolo di fuochi d’artificio o con una triste parata funebre?

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UN MARE DI COLORI

Il primo impatto con il gioco non è eccessivamente entusiasmante. Siamo messi di fronte ad un battle system abbastanza scomodo da padroneggiare: ogni battaglia richiede di selezionare delle carte scontro, inizialmente una alla volta fino ad arrivare a quattro, da colorare e lanciare per poter effettuare i vari tipi di attacco contro i nemici. Il problema principale di questo sistema è la macchinosità, nonché l’obbligo di usare il GamePad Wii U, che già di per sé non è propriamente comodo, e si scarica abbastanza in fretta. Dobbiamo, nell’ordine, trascinare le carte, clickare un pulsante per confermare, clickarle di nuovo per colorarle e infine effettuare uno swipe per metterle in gioco: tutto ciò da ripetere per ogni singolo turno del combattimento. Nonostante trovi carina l’idea del poter scegliere tra una vasta gamma di attacchi e poterne dosare la potenza in base alla quantità di colore utilizzato, ho impiegato diverso tempo per familiarizzare con questo sistema e per adattarmici. L’ho detestato all’inizio, odiando l’idea di dover impiegare così tanto tempo per sferrare una semplice martellata, ma con il passare delle ore di gioco ho iniziato ad abituarmi, e quando i gesti sono diventati istintivi non ho più sofferto particolarmente il problema. Oltre ai combattimenti, il gameplay si compone di una vasta componente di esplorazione, nella quale girovaghiamo per i livelli e coloriamo con il nostro martellobaleno le zone in bianco e nero, e di una serie di piccoli enigmi ambientali da risolvere per proseguire. La varietà delle ambientazioni presenti in Paper Mario: Color Splash è senza dubbio eccellente: escludendo i primi livelli un po’ meno ispirati, non c’è un singolo ambiente che non sia ben curato ed originale, e trovo sinceramente difficile scegliere quale sezione di gioco sia stata la mia preferita. Non solo possiamo gironzolare in alberghi infestati, galeoni pirata, giardini vittoriani e inquietanti circhi nella foresta, ci troviamo di fronte a veri e propri piccoli mondi creati con maestria, ognuno con la propria atmosfera e con la propria storia, che si rivela in genere più interessante della trama complessiva del gioco. Certo, lo scopo finale rimane recuperare le mega-stellone di vernice, salvare la principessa Peach e comprendere cosa stia tramando Bowser, ma tutto ciò è decisamente meno intrigante del perdersi in realtà parallele nell’isola del tesoro o del chiacchierare con minion malvagi che hanno dubbi sulle loro scelte di vita. Oltretutto, molti livelli presentano attività inaspettate, come rispondere a quiz sottomarini, riparare locomotive o addirittura (con grande mia gioia) cucinare in una trattoria, e tutto ciò non solo aggiunge pepe all’avventura, ma è in fondo la spina dorsale stessa del titolo, che si compone di tante piccole peripezie, tanto avvincenti da far dimenticare la meta finale.

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Ci sono certamente delle pecche in Paper Mario: Color Splash, che possono infastidire il giocatore durante il suo percorso: in primis la necessità di utilizzare specifiche carte oggetto contro ogni boss. Malgrado ci siano spesso hint più o meno subdole su quale arma sia adatta allo scopo, e sia anche divertente indovinare, può capitare di non arrivare preparati allo scontro, e di dover rifare tutto il livello o dover chiedere aiuto ad un Toad sapientone in città, che può rivelarci come proseguire. La città di Porto Prisma diventa così il centro nevralgico del titolo: lì c’è l’ufficio postale dove riceviamo lettere, il museo dove donare le nostre carte extra ed il negozio dove acquistarne di nuove, e dovendo necessariamente svolgere queste attività di frequente, ci troviamo praticamente costretti a passare spesso lì. Una volta sbloccata tutta la vasta mappa, arrivarci può anche portare via un po’di tempo. Al contempo, ci capita di frequente di dover ripetere un livello più volte di fila per recuperare altre stelle: ogni volta che ne conquistiamo una, veniamo automaticamente trascinati alla mappa del mondo. Nonostante ciò sia un classico di mariesca memoria, e non sia un problema in alcuni casi nei quali le stelle nello stesso livello sono disponibili solo in momenti diversi dell’avventura o sono molto lontane tra loro, a volte esse sono proprio una accanto all’altra, e dover ripercorrere di nuovo un’identica strada accidentata per conquistare la seconda può essere davvero seccante. Alle trovate poco riuscite mi sento di aggiungere il meccanismo del ritaglio: in determinati frangenti possiamo premere Y e ritagliare parti dello sfondo, per trasformarle in percorsi 2D che ci consentano di spostarci da una zona all’altra. Può essere carino cercare di indovinare i punti da tagliuzzare, ma il tutto non presenta un gran senso, ed in certe zone è anche difficile allinearsi correttamente allo sfondo come il gioco richiede. Elencati questi difetti, tutto il resto è un pregio.

Le boss-battle, ad esempio, sono tutte variegate ed interessanti, con i Bowserotti che finalmente manifestano a pieno le loro personalità ed inclinazioni, ed anche i nemici comuni mostrano una buona varietà ed imprevedibilità. L’umorismo nel titolo è davvero ottimo, e si accompagna a momenti incredibilmente intensi e malinconici per un gioco di questa saga: è evidente il tentativo fatto per spingersi oltre la normale atmosfera di questi titoli, e per fornire altri livelli di lettura per i giocatori adulti e smaliziati, apprezzabili soprattutto giocando in lingua inglese. Non si sente particolarmente la mancanza di personaggi originali (e qui, sono certa che i fan de Il Portale Millenario impallidiranno), perché nonostante il mondo sia popolato quasi interamente di Toad e di nemici classici, le loro storie personali e le loro bizzarrie riescono adeguatamente a compensare. Certo, non si può fare a meno di chiedersi come mai sia stato deciso di abbandonare la strada dell’introduzione di NPC a sé stanti, ma in questo specifico titolo il risultato è stato comunque positivo. La grafica coloratissima è davvero gradevole e sfrutta bene le potenzialità della console, mostrando adeguatamente i colori brillanti della vernice e le texture degli oggetti realistici usati in combattimento: mai visto un limone così bello su Wii U. Riguardo alla musica, tutta orchestrata, potremmo davvero parlare per ore. Paper Mario: Color Splash include alcune delle tracce più belle che ricordi di aver sentito di recente nei videgiochi, e raggiunge la vetta con il tema piratesco cantato o con il jingle del losco Tipo Timido mascherato, che può capitare di incrociare nella mappa del gioco. Nel museo possiamo ascoltare dischi con la soundtrack dopo averli sbloccati, ed è decisamente piacevole perdersi nelle note del gioco. Possiamo anche visualizzare gli artwork di vari livelli del titolo, un altro elemento bonus che ho particolarmente apprezzato. È difficile dare un voto obiettivo a Paper Mario: Color Splash, perché nonostante non sia una fan del battle system scelto, che di per sé rappresenta un buon 70% del tempo di gioco, ho amato praticamente tutto il resto, tanto da decidere di colorare ogni livello e sbloccare ogni extra.