Esistono dei giochi dai quali non ci si stacca, quelli del classico “ancora un minuto e poi smetto”. Poi ce ne sono altri grazie ai quali il tempo passa con una velocità disarmante e, senza rendersene conto, si fanno le ore piccole. Altri ancora che danno assuefazione e quando non ci si gioca si hanno le crisi di astinenza. E poi quelli che distruggono la propria vita sociale e, perché no, anche quella lavorativa o soprattutto scolastica. Infine ci sono i giochi come The Elder Scrolls V: Skyrim, che racchiudono tutte le sopraccitate caratteristiche (ed altre ancora), causa primaria di gravissime malattie del nostro organismo, specie quelle legate alla dipendenza da sostanze più o meno legali. Anche e soprattutto quando decidono di proporti la remastered del suddetto gioco comprensivo di ogni contenuto scaricabile uscito a memoria d’uomo. In poche parole il pacchetto fantasy definitivo.
DRAGON REBORN
Iniziamo con un’importante e doverosa precisazione: nonostante i cinque anni trascorsi dall’uscita originale, in The Elder Scrolls V: Skyrim Special Edition tutto è al suo posto, esattamente come lo ricordavamo. Il cazzeggio non è un’aggiunta opzionale ma è parte integrante del gameplay. Se in una missione dovete andare dal posto A al posto B e per strada ne trovate altri 4 (8 se deviate dalla strada principale) c’è un motivo specifico. E il motivo è che l’esplorazione e la scoperta del nuovo sono la cosa più bella, oggi come ieri. E girovagare dove ci porta il cuore alla ricerca di qualcosa che prima non sappiamo cos’è ma che poi alla fine la troviamo sempre, qualunque cosa sia, dalla grotta coi ragni al bardo che canta, regala grandi soddisfazioni. Ovviamente starà al giocatore decidere quanto tempo buttare in tali attività, apparentemente secondarie ma che forse in realtà non lo sono affatto. Sia chiaro infatti che un po’ di tempo bisognerà buttarcelo. Per forza. Pena, un inadeguato potenziamento del personaggio ma soprattutto una monca esperienza di gioco. E chi tira dritto è squalificato. Ad aiutarci nelle nostre traversate troviamo il viaggio veloce, un’opzione che permette giustamente di evitarsi lunghe e noiose peregrinazioni e che tutti i giochi fondati sulla struttura open world hanno oramai ereditato da tempo. Resta intatta la meccanica del “vai lì, sconfiggi tutti, depreda ogni cosa e vendi tutto” che ovviamente dopo un po’ si tramuta in una certa ripetitività di fondo (e che in ogni caso si manifesta solo dopo diverse decine di ore di gioco), compensata ad ogni modo da situazioni sempre diverse, ricompense sempre nuove e avversari sempre ostili.
[quotedx]L’esplorazione e la scoperta del nuovo sono la cosa più bella[/quotedx]
Ci sarebbe poi da parlare di come si evolve il nostro personaggio, in una maniera talmente libera che le rigide classi dei vecchi giochi di ruolo sembreranno un lontano ricordo. Delle abilità, del combattimento, delle armi, dei cibi, delle pozioni, delle magie, degli incantamenti, delle città, dei mostri, dei cavalli, dei fiori (si, i fiori) e pure le farfalle. Ecco, uno dei pochi difetti di The Elder Scrolls V: Skyrim Special Edition è che probabilmente c’è davvero troppa roba a cui dare conto. Troppi oggetti, magie, ingredienti. Davvero, non si riesce a stare dietro a tutto quello che il gioco offre. Certo, negli ultimi anni abbiamo avuto davvero tantissimi titoli open world realmente sorprendenti (Fallout 4 e The Witcher 3: Wild Hunt su tutti), ma è anche vero che invecchiare così bene non è da tutti e Skyrim riesce ampiamente nel compito. Il gioco Bethesda è infatti ancora oggi un perfetto equilibrio tra azione ed esplorazione (nonostante le dimensioni della mappa non proprio immense), inclusi i numerosi dungeon, ricchi di nemici e davvero labirintici, che si adatteranno ad hoc al livello raggiunto dal giocatore la prima volta in cui decideranno di solcare il varco d’ingresso.
Troppi oggetti, magie, ingredienti. Non si riesce davvero a stare dietro a tutto.
Non dimentichiamo inoltre che The Elder Scrolls V: Skyrim Special Edition contiene tutti, ma proprio tutti i DLC rilasciati successivamente al lancio del gioco, ovvero Dawnguard, Heartfire e Dragonborn, per un quantitativo di ore, aree e quest realmente impressionanti. Ad ogni modo, la vera ciliegina sulla torta è un’altra: le versioni PlayStation 4 e Xbox One del gioco sono infatti compatibili con le sorprendenti mod realizzate da geniacci della tastiera e disponibili da tempo su PC (su PS4, la versione da noi testata, ho purtroppo potuto contarne solo una ventina, a differenza dell’edizione per la console Microsoft che può invece vantarne quattro volte tanto). E non dimenticate che per poterle scaricare dovrete necessariamente essere in possesso di un account Bethesda.net. Tutto questo, considerando anche il 1080p nativo e un frame rate ancorato sui 30FPS stabili. Per il resto, questa Skyrim Special Edition restituisce la medesima atmosfera fantasy epica e affascinante che tutti i giocatori hanno imparato ad apprezzare molto bene nel corso degli anni, sia su console di vecchia generazione che su personal computer. Peccato solo che Bethseda non abbia posto neanche stavolta maggiore attenzione ai modelli poligonali, caratterizzati da animazioni davvero troppo legnose e incerte. Si, esattamente come l’edizione originale uscita cinque eoni fa. Fortuna vuole che l’orizzonte visivo è ora seriamente più esteso, oltre al fatto che sia l’effettistica generale che l’illuminazione e gli effetti particellari a schermo, hanno senza alcun dubbio guadagnato una marcia in più.