Horizon: Zero Dawn – Recensione

 

Cambiare, non è mai facile. Soprattutto quando ciò che fai funziona. Da tanto tempo, oramai. Forse troppo. Non dev’essere stato facile, quindi, parlare di Aloy nella casa degli Helghast. Di lance e sassi al posto di mitra e lanciamissili. Di un mondo aperto e vasto al posto dei più rassicuranti ambienti chiusi e “su binari”, da vivere ora al di fuori degli occhi della protagonista. Qualcuno non sarà stato contento, probabilmente. E altri si saranno preoccupati. Per il nuovo, per l’ignoto. Eppure, cinque anni dopo, eccoci qui. Horizon: Zero Dawn, sogno e speranza di un team prigioniero della sua stessa saga, è diventato realtà. La sua esperienza è quanto di più distante possiate immaginare dai vari Killzone, ed è così articolata che ci ha portato davanti all’articolo che state leggendo. Una recensione corale, il frutto di una serie di opinioni, di discussioni e di valutazioni diverse. Questo esperimento redazionale, è il giudizio della nostra redazione Gamesvillage tutta, per l’ultima avventura di Guerrilla Games.

Horizon, prendendo per la prima volta nella storia dello sviluppatore olandese le distanze dalla visuale in prima persona, si rivela subito un’opera centrata sulla sua bella e appariscente protagonista: Aloy. I primi minuti in sua compagnia, pensate, saranno addirittura nel bel mezzo dei suoi stessi primi giorni di vita, in un mondo segnato da un’apocalisse che porta il segno del freddo metallo e del silicio. Un mondo dove la tecnologia ha portato l’umanità alle soglie dell’estinzione. Un mondo dove chi è sopravvissuto ha rinnegato circuiti, internet, corrente elettrica e qualsiasi comodità moderna. La nostra eroina è una rinnegata di una di queste Tribù radicali, i Nora. Una emarginata, una ragazza che crescerà ai confini dei villaggi, addestrandosi ogni giorno al combattimento con il suo possente padre adottivo, Rost.

Un mix letale tra Lagertha di Vikings, Ygritte di Game of Thrones e la “nuova” Lara Croft, Aloy conquista velocemente il cuore di giocatori e giocatrici. Certo, il comparto tecnico fuori parametro rende decisamente più semplice calarsi nei panni di primitiva della rossissima protagonista. La grafica, tanto su PlayStation 4 quanto su PlayStation 4 Pro, abbaglia lo spettatore con una miriade di dettagli, colori ed effetti speciali, con una natura viva e selvaggia in ogni singolo frame, e raggiungendo la sua massima espressione con una TV 4K in grado di supportare l’HDR della console Sony. Ma Aloy, al di fuori della sua bellissima rappresentazione visiva, sembra quasi ospitare un’anima propria. Per noi, è lei stessa “Horizon”. E lo è fin dai vostri primissimi istanti, persi nel suo vasto e verde mondo di gioco.

Ma, protagonista a parte, che gioco è davvero Horizon: Zero Dawn? Come ci si presenta, e a chi si rivolge? Proprio da questa domanda e dalle sue molteplici risposte, nasce la necessità della stessa recensione “corale” che state leggendo. Se c’è qualcosa sulla quale abbiamo poi convenuto tutti, è che l’avventura di Aloy strizza l’occhiolino alle grandi saghe action gdr di Bioware, come Dragon Age, raccogliendo poi a piene mani gli insegnamenti di Crystal Dynamics con il rilancio e reboot di Tomb Raider, e senza ovviamente ignorare i traguardi di CD Projekt con The Witcher 3. Appare evidente che al suo interno troverete tante contaminazioni dei giochi che hanno catturato i creativi di Guerrilla Games, in questi ultimi anni e non solo. Ma piuttosto che limitarsi all’emulazione, ritroviamo quegli elementi sotto chiavi di lettura differenti. Abbiamo quindi discusso a lungo su quale sia la vera componente principale, tra tutte quelle che insieme formano l’esperienza di gioco che vi ritroverete a vivere in Horizon: Zero Dawn. Ma su questo torneremo dopo, a tempo debito.

Inizialmente, ovvero per almeno cinque ore di gioco continuative, Horizon si mostra come un gioco profondamente legato alla sua componente narrativa. Assisteremo ad eventi che segneranno la vita della nostra protagonista e cominceremo un lungo e convincente tutorial. Dopo averci incuriosito con dei buoni incipit narrativi e i suoi misteri da svelare con le loro promesse d’avventura, potremo finalmente rotolare liberi per le sue colline, lande, montagne e polverose grotte. O quasi, perché per qualche tempo saremo confinati in suo segmento circoscritto, per motivi che eviteremo di spoilerare in questa sede. Ed è qui, che il gameplay di Horizon comincia a liberarsi pian piano, mostrando prima un centimetro di pelle poi un altro, definendosi ora dopo ora, minuto dopo minuto, missione dopo missione.

Alcune componenti della struttura di gioco, prenderanno il sopravvento prima di altre. Tra queste lo stealth (è pur sempre, sotto certi aspetti, un gioco di “caccia”), il crafting (potremo creare e modificare numerosi beni, dalle pozioni, alle trappole alle armi) e le schermaglie hack’n slash con le bestie meccaniche che popolano il mondo di Zero Dawn. Sono loro, all’unanime giudizio di GV, i veri protagonisti del gioco insieme ad Aloy: a metà strada tra i Dinobot e i Vex, queste belve di metallo e circuito si differenziano per razze, dimensioni, caratteristiche, punti deboli e il bottino che lasceranno. Fin dalle prime ore di gioco, dovremo prendere dimestichezza con gli attacchi a distanza e quelli ravvicinati, che quando comincerete saranno limitati rispettivamente all’arco e la lancia.

Come si aprirà il mondo davanti a noi, quindi, così lo faranno le nostre possibilità all’interno del menu. Inizialmente, potremo proseguire unicamente a piedi e utilizzando i viaggi veloci tra i falò disseminati in giro (“perché oggi senza un falò non sei un vero videogioco”, qualcuno si lamenta nella nostra redazione), prima di poter guadagnare la possibilità di convertire alcune bestie meccaniche nei nostri puledri. Perché sottolineare il camminare a piedi? Perché sebbene ci siano mondi più vasti, soprattutto dopo alcuni record segnati da giochi come lo stesso The Witcher 3, attraversare la mappa di Horizon per lo più sulle vostre gambe gli farà guadagnare punti, per lo meno in percezione degli spazi. Ebbene, dicevamo del menu. Qui, oltre alle canoniche missioni principali e missioni secondarie, troveremo una lunga serie di task opzionali da intraprendere, che spazieranno dalle sfide per le battute di caccia, alle commissioni richieste da PNG sparsi, passando per divertenti sezioni di sincronizzazione con le varie aree (ah, la componente Assassin’s Creed nel 2017 è ovviamente talmente scontata da essere sottointesa).

Ma poi, tornando alle prime righe, non parlavamo di una storia? Insomma tutto questo gameplay, tutta questa varietà di “fare”, non ucciderà forse quella narrazione che in prima battuta era così predominante? Ne abbiamo discusso a lungo, e alla fine bisogna ammettere che qui i pochi problemi che affliggono Horizon si fanno vedere e sentire tutti. Non fraintendeteci: riuscire a bilanciare tutto ciò, non è affatto semplice. Per quanto ci riguarda, è al limite dell’impossibile e a contatto diretto con la perfezione. Che riusciamo a ritrovare in ben pochi titoli come l’ultima epopea di CD Projekt, insomma. E dopo aver liberato quel grande Kraken che è l’insieme del suo stesso gameplay, Horizon diventa facilmente vittima di quella stessa bellissima dea che, con tutto probabilità, gli permetterà il successo nelle classifiche di tutto il mondo: Aloy. Lei, dal primo all’ultimo minuto di gioco, per circa 25 ore necessarie a completare la sola quest principale e oltre 40 se volessimo dedicarci a ogni singola missione, è così luminosa e totalizzante da rendere impossibile a chiunque di rubargli la scena per più di qualche minuto. Pensateci. Pensate a quanto siano epiche le gesta di Shepard, ma quanto lo sarebbero state meno senza Garrus e il resto dell’equipaggio della Normandy. O allo stesso Geralt senza i suoi compagni… e compagne. La storia “in sottofondo”, che oggi va tanto di moda chiamare “lore”, è articolata e interessante, e potremo approfondirla in numerosi modi nel corso del nostro viaggio. Ma è la mancanza di compagni veramente degni di nota, lo scivolone che non permette ad Horizon di raggiungere quella agognata perfezione.

E inoltre, abbiamo discusso di numerose e svariate argomentazioni correlate al problema dell’anima “Aloycentrica” di Horizon. Perché alcuni tra noi hanno sottolineato che forse, quello era il risultato nel perseguire una strada verso una nuova “Lara Croft”. O verso una sua erede sci-fi, almeno. Altri hanno obiettato invece che uno sceneggiatore più navigato, avrebbe salvato la situazione. Fatto sta che dopo tanta maestria e padronanza del mezzo, Guerrilla Games finisce con l’inciampare da sola, e soltanto alla fine. Ovviamente, per alcuni in redazione più legati all’azione, queste mancanze narrative hanno avuto meno peso che per altri. Anche se, nonostante la gran varietà di armi e nemici e situazioni, andrebbe sottolineato anche lì qualche strafalcione; come i macchinosi comandi per gli oggetti veloci, e una telecamera non proprio addomesticata e “sul pezzo” durante le fasi più concitate.