Quello tra Square Enix e Platinum Games è un matrimonio alquanto bizzarro, di quelli inattesi, di quelli che animano il chiacchierio di quartiere, quell’unione che finisce sulla bocca di tutti, anche di chi non avrebbe titolo per commentare o una più pallida idea di che cosa si parli. E, di solito, è proprio il genere di matrimoni che finisce per durare per sempre. La storia di 2B, un androide con delle curve che bucano lo schermo, e il suo timido e impacciato compagno di avventure 9S, è un’esplosione di stile e stereotipi dell’animazione giapponese. Non che questo possa dispiacere il pubblico “otaku” al quale NieR: Automata si rivolge, dal primo all’ultimo minuto. La componente genetica dei Platinum, infatti, non intacca il DNA originale dell’opera: NieR rimane un jrpg con profonde influenze dell’immaginario Manga, dove l’ispirazione sfiora l’imitazione e la citazione. L’open world offerto dal nuovo spin-off di Drakengard non tocca le vette e le dimensioni di un Final Fantasy XV o di un The Legend of Zelda: Breath of Wild, ma mantiene al suo interno tutte le basi e le componenti essenziali dei giochi di ruolo del suo genere. Come questo si integri poi con lo stile dei genitori di Bayonetta, diventa più chiaro già durante i primissimi minuti di gioco.
Facciamo qualche passo indietro, adesso. Come molti di voi sapranno, già grazie alla demo pubblica del gioco, e come abbiamo poi sottolineato nel corso del nostro hands on, nel prologo di NieR sbalzeremo da un gameplay all’altro, con un ritmo serrato e che non mollerà mai la presa su di noi. Anche di più di quanto vi abbiamo potuto rivelare fino ad oggi, considerando che il primo approccio a NieR: Automata sarà in realtà uno shot’em up in stile R-type. Esatto, avete letto bene. Cominceremo così, tra un raggio laser e l’altro, schivando colpi e caricando colpi speciali mentre lo scenario scorrerà veloce sotto di noi. Proprio come durante i favolosi anni novanta, e la cosa appare più opportuna di quanto ci si possa immaginare ad un primo momento. Certo, non vi troverete tra le mani il minigioco successore di Einhander (e qui, chi dimentica è complice!), ma un piacevole diversivo che potrà variare il suo gameplay tra quello a scorrimento laterale (scrolling da sinistra verso destra) e quello con visuale dall’alto (scrolling dal basso verso l’alto). Finita la dinamica sequenza “spaziale” ci ritroveremo a vestire i succinti panni di 2B, riallacciandoci all’inizio dell’acclamata demo e nel bel mezzo di un sovradosaggio di pura azione hack’n slash targata Platinum.
Un tasto per attaccare con “arma 1”, un altro per sferrare colpi con “arma 2”, una schivata rapida e fugace, una tecnica speciale da attivare e selezionare con cura, i dorsali per mirare e attaccare a distanza con il simpatico pod fluttuante (un piccolo androide di compagnia che oltre a commentare continuamente ciò che succede, arricchirà il gioco con una lunga lista di tecniche di attacco), nonché la fedele X per saltare. Il gameplay “cuore” più che core, di Automata, è quindi ricco di reminiscenze delle opere Platinum… senza però gettare in un cassonetto Gestalt e Replicant; cosa poi non così tanto scontata, né tanto meno semplice. Le prime stragi di biomeccaniche, ci permetteranno di prendere confidenza con i comandi e la struttura di gioco, ammirare il fondo schiena perfetto della bendata protagonista con il caschetto, e tirare giù le prime le somme del comparto audiovisivo… e proprio queste ultime, ci hanno lasciati alquanto interdetti. Capiamoci: Platinum non è mai spiccata per confezionare titoli dalla sontuosità visiva di un Uncharted oppure, giusto per rimanere aggiornati, di uno spacca-mascelle-horizon. Vero. Ma dobbiamo anche essere sinceri nel notare che questo NieR: Automata è più un Gestalt dei nostri giorni che la Bayonetta di questa generazione. Texture semplici e in bassa risoluzione, pochi e scarni poligoni, e una cosmesi generale più idonea a una PlayStation 3, con la maggior “potenza di fuoco” del titolo concentrata sulla resa della protagonista e di alcuni boss. Ovviamente quando passeremo dagli ambienti aperti a quelli chiusi la situazione migliorerà leggermente, ma è palese che senza la grande cura, l’appeal e il design dei protagonisti, dei nemici e delle ambientazioni, e i raggianti 60fps (con qualche lieve calo tanto su PS4 Pro quanto su PlayStation 4 base) affiancati da alcuni boss degni di nota alcuni particellari più che gradevoli, il risultato si sarebbe rivelato alquanto imbarazzante. D’altro canto, il comparto audio bilancerà il tutto rivelandosi di primissima fattura, e potrà vantare delle pregevolissime musiche firmate da Keiichi Okabe e un doppiaggio giapponese che esalterà gli anime enthusiastic tra voi.
Ora dopo ora di gioco, Yoko Taro finirà per prevalere (come sempre, nei suoi titoli) su qualsiasi altra “anima” coinvolta nel progetto. Le sue storie, i suoi dialoghi, la sua malinconia surreale e distopica, finiranno con il rappresentare il fulcro dell’intero viaggio chiamato NieR: Automata, persino durante la più concitata delle boss battle. Il mondo “giallo”, a tratti monocromatico, di 2B e compagni, è palcoscenico di amori, drammi, tradimenti e una trascendentale ricerca del senso della vita. Un mondo dove persino salvare la nostra partita, richiederà attenzione e precauzioni: sparsi per le lande post-apocalittiche di NieR: Automata, infatti, troveremo delle postazioni da sbloccare (riparandole o sgombrandole dai nemici) per permetterci di effettuare salvataggi veloci nei loro pressi se ci ritroveremo all’interno di un certo raggio d’azione. Inoltre, queste postazioni (visivamente simili a un server) ci consentiranno di leggere le mail che riceveremo e, da un certo momento della storia in avanti, di spostarci velocemente teletrasportandoci attraverso loro. Questa battaglia per l’umanità, portata avanti da Androidi vivi e curiosi come 2B e 9S, contro buffe e a tratti quasi incantevoli “biomacchine”, si rivelerà ben più profonda di quanto possiate immaginare in un primo momento; e il suo gameplay, svelerà man mano la sua profondità proprio come lo farà il comparto narrativo. La nostra androide, infatti, è equipaggiata con una serie di chip che sbloccheranno tecniche speciali, caratteristiche e bonus. Andando avanti nel gioco, potremo aumentare sempre di più gli slot disponibili per questi chip (ogni chip occupa un numero di slot variabile, a seconda della sua potenza e utilità), divisi per categorie (attacco, supporto, difesa, ecc) e che consentiranno numerose combinazioni a disposizione, a seconda dello stile di combattimento più adatto a noi. E anche il nostro piccolo e logorroico amico robotico, il nostro Pod, sarà customizzabile: le tecniche speciali che potremo attivare in battaglia, infatti, vanno installate proprio al suo interno. Potremo sceglierne soltanto una per volta, ma potremo anche possedere più Pod, passando da uno all’altro nel bel mezzo dell’azione di gioco. Anche il nostro levitante compagno, infine, potrà essere potenziato nelle sue caratteristiche.
E ancora non mancheranno tutte le caratteristiche che vi aspettereste da un gioco di ruolo, tra dungeon segreti, mercanti, misioni opzionali, npg nascosti, tesori e tante persone in cerca di aiuto per ogni tipo mansione, sparse tra il deserto, i boschi e gli scheletri dei grattacieli che furono. Come tutto questo si misceli sapientemente, poi, con il gameplay rapido e pieno di possibilità dell’hack’n slash che ti aspetteresti da Platinum, sarà stata di sicuro la sfida più grande da portare a termine durante lo sviluppo di NieR: Automata. Un gioco diverso, un gioco che mancava in questa generazione. La dimostrazione che due grandi team con visioni diverse possono partorire un ibrido che più che un mostro di Frankstein, si scopre come una bellissima, prosperosa e seducente nuova icona del gaming nipponico. O, almeno, è quello che ci auguriamo da questo notevole debutto e inizio del bizzarro matrimonio di cui tutti chiacchierano per strada.