Yakuza Kiwami – Recensione

La parola giapponese kiwami (極み) significa estremo, finale, definitivo: mai termine fu più giusto per definire questo capitolo della serie Yakuza (conosciuto in madre patria come Ryu Ga Gotoku), gioco dedicato completamente alla mafia giapponese e al personaggio di Kazuma Kiryu, il delinquente dal cuore d’oro e dalle mani fiammanti, il Drago di Dojima. Questo Yakuza Kiwami ripropone, per la gioia dei vecchi fan e di tutti quelli che sono sempre stati scoraggiati dalla lunghezza della serie, la primissima storia, punto cardine che mette in moto le trame e sottotrame che ci ritroveremo per tutti i successivi capitoli.

Doveroso approfondire, seppur minimamente, la caratterizzazione di Kiryu, questo personaggio tanto forte quanto buono, una sorta di eroe popolare di Kamurocho: è proprio in questo capitolo che il passato di Kazuma Kiryu viene fissato nel tempo, rendendolo quello che è e che sarà. Orfano, accudito insieme al suo amico Nishikiyama dal capo della famiglia Kazama, Shintaro, esso desidererà fin dai primi momenti di diventare uno yakuza: la storia di come sceglierà il modo di esserlo è racchiusa in Yakuza Zero, e perciò non verrà trattata in questa rimasterizzazione. Al contrario, in Yakuza Kiwami scopriremo i meccanismi che infine, un po’ a malincuore, distruggeranno ciò che per Kiryu era sicuro e deciso, portandolo a capire come la strada che vuole trovarsi davanti può essere decisa soltanto da lui e dalle sue azioni.

IL CAST AL COMPLETO

È sempre un piacere per gli occhi, soprattutto se fino ad oggi avete giocato i giochi della saga, vedersi un Majima Goro o un Makoto Date in texture nuove, tirate a lucido per la PlayStation 4. Tutti i personaggi visti nel primo Yakuza sono stati portati su questa nuova edizione, mostrando texture d’alto livello ed espressioni degne degli ultimi capitoli. I miglioramenti però non si fermano soltanto al lato grafico: grazie all’esperienza ormai acquisita soprattutto con Yakuza Zero, le sezioni di combattimento sono molto più profonde, dinamiche e ben strutturate, permettendo al giocatore di personalizzarsi il proprio stile di gioco. I stili di combattimento che ritroveremo saranno Dragone, Brawler, Rush e Beast, tutti personalizzabili sbloccando nuove abilità tramite l’esperienza acquisita nei combattimenti: soltanto Dragone invece avrà come metodo di sblocco quello di sconfiggere in alcune parti della trama lo storico rivale Majima Goro.

A proposito di Goro, il personaggio nel primo capitolo era poco più di un teppistello, ma i successivi capitoli l’hanno fatto diventare uno dei preferiti dai fan della serie, a tal punto da ricevere una nuova veste in questo remake, non troppo invasiva ma capace di dargli un’importanza maggiore. Stessa sorte è toccata anche ad altri personaggi e altre faccende che, con cognizione di causa (e 5 capitoli aggiuntivi), hanno permesso a questo remake di allinearsi con la serie, aggiustando e limando piccole imprecisioni impossibili da vedere ad occhio nudo.

OCCIDENTE E ORIENTE

Sebbene la storia sia prettamente dedicata al pubblico giapponese, complice anche l’art direction del gioco, Yakuza Kiwami, o meglio tutta la serie, si presta altamente a essere apprezzata dal pubblico occidentale: questo è dato principalmente dalla profondità della storia, ricca di colpi di scena e di fasi concitate, intervallate da dialoghi profondi e mai banali, degni dei migliori blockbuster hollywoodiani. Questa dinamica, mai sottolineata dalle campagne pubblicitarie, è invece il punto focale che può far apprezzare un gioco tanto particolare quanto bello. Ricordiamo che Yakuza Kiwami mescola la libertà dei titoli free roaming (Shenmue, GTA) ai meccanismi dei fighting game in tre dimensioni, condendo tutto con migliaia di missioni secondarie, attività extra e minigiochi a metà tra il delirante e il divertente.

Ciò che non viene descritto sulla copertina del gioco e che viene erroneamente recepito male da chiunque senta parlare di Yakuza è la dinamicità e profondità della trama: le produzioni occidentali AAA che ultimamente sono arrivate sulle nostre console non riescono minimamente a raggiungere le basi che nei primi 45 minuti vengono gettate in Yakuza Kiwami, e che sono una delle principali motivazioni che porteranno i giocatori ad appassionarsi a questo titolo.

SANGUE E SOLDI

Un grande paragrafo di questa recensione va dedicato completamente alla psicologia e alle interazioni tra i vari personaggi che sono presenti in Yakuza Kiwami: ogni scena è stata replicata nei modi in cui era stata fatta conoscere sulla PlayStation 2 ma, con i dialoghi originali, dei sottotitoli inglesi ben strutturati (quelli italiani non sono purtroppo presenti) e delle mimiche facciali ai limiti della realtà, la storia stavolta acquisisce una nuova verve, dimostrando come spesso molte limitazioni ai videogiochi moderni siano date esclusivamente dalla tecnologia.

Il titolo arriva dopo molti mesi di passaggio dalla sua uscita in Giappone perché, un po’ come succederà nella storia di Kiryu, i soldi non fanno la felicità ma in alcuni casi servono, e lo scarso successo della serie in Europa e America non permette i tempi di produzione veloci visti con altre opere multimediali.

Se ci pensiamo bene, una PS2 e Yakuza non sono poi così difficili da rimediare, aggiungendo inoltre che questa versione aveva i dialoghi in inglese; d’altro canto, Yakuza Kiwami permette senza ombra di dubbio di avere l’inizio di tutto, l’incipit che ha portato la saga al successo partendo da un esperimento, con meccaniche aggiornate e contemporanee, schemi profondi e non datati 2005 come l’edizione originale. Per omaggiare al massimo l’originale, Yakuza Kiwami non permetterà di uscire da Kamurocho e non espanderà il gioco con nuove città: nuovi minigiochi saranno presenti, oltre a qualche nuova location, ma niente di troppo distante dal primo capitolo, cercando di replicare anche la brevità del gioco, ad oggi il più breve tra tutti i capitoli, così da rendere l’esperienza quanto più vicina al titolo per PlayStation 2.