The Chaos Engine: la guerra secondo i Bitmap Bros.

Magari si tratterà di una romantica suggestione e non di un dato oggettivo, ma non è difficile ipotizzare che se Gears of War fosse uscito negli anni ’90 sarebbe stato identico a The Chaos Engine.

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The Chaos Engine ci avrebbe permesso di affrontare l’avventura principale scegliendo il nostro beniamino da un cast costituito da sei, bizzarri anti-eroi: la selezione ci avrebbe imposto di portare con noi anche un compagno di ventura che sarebbe stato gestito dalla CPU in modalità Single Player.

Al di là delle sostanziali differenze strutturali che separano i due progetti, continuo difatti a rintracciare numerose assonanze stilistiche in grado di accomunarli: elementi concettuali legati ad un visione quanto mai cruda e diretta del gameplay che, trovando ulteriori corrispondenze nel look propriodi protagonisti e background, convergono in un’esperienza di gioco dall’impatto straordinariamente analogo.

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Ereditando anche alcune soluzioni concettuali dal classico Gauntlet, il gioco prevedeva anche l’innesto di alcuni enigmi “seek and find”, come la necessità di trovare chiavi per sbloccare l’accesso a determinati scenari.

Caratterizzato dal tipico design industriale, metallico, che ha sempre contraddistinto le produzioni dei Bitmap Brothers e che pare riviviere in ogni texture del blockbuster targato Epic, The Chaos Engine ci strappava dalle nostre comode poltrone domestiche per proiettarci nel bel mezzo di un aspro conflitto tra freaks bio-meccanici.

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L’impianto sonoro elaborato da Richard Joseph rendeva opportuna giustizia alle atmosfere post-industriali proprie dell’ambientazione ed il Plot Narrativo costituenti il Concept del gioco.

Entro i confini di 16 aree di gioco zeppe di ferro, fuoco e cemento, avremmo imparato a conoscere nuovi, brutali aspetti della guerra virtuale. Non la semplice gimcana di pixel che la collaudata prospettiva top view vorrebbe simile al vecchio Commando, bensì un tattica lotta senza quartiere da vivere con un occhio costantemente puntato al contatore di proiettili e l’altro sempre alla ricerca di ideali punti di copertura.

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Negli USA il gioco fu distribuito col titolo di Soldiers of Fortune.

Straordinariamente epico in singolo, praticamente epocale se filtrato attraverso l’allora avveniristica modalità multiplayer in co-op per 2 giocatori, The Chaos Engine si abbattè sul mercato dell’epoca come una martellata da 10 tonnellate, mandando letteralmente in visibilio in fan degli sparatutto “run & gun”.

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Insignito di diversi riconoscimenti tra cui il Nebula Award nel 1991, il romanzo “The Difference Engine” (edito in Italia col titolo de “La Macchina della Realtà) presentava una coinvolgente rivisitazione degli eventi storici sviluppatisi in seguito alla Rivoluzione Industriale che portò in auge l’esempio dell’Inghilterra Vittoriana.

Ci piace pensare che, in quella moltitudine, debba esserci stato  anche il buon Cliff Bleszinsky (producer originario di Gears of War, NdR) al quale non dovettero sfuggire né le sfumature appena elencate, né tantomeno i distopici connotati di un’ambientazione dichiaratamente ispirata al romanzo steampunk The Difference Engine, scritto da William Gibson e Bruce Sterling nel 1990.

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Nel 1996 i Bitmap Bros. distribuirono un ottimo sequel del gioco limitandone tuttavia la produzione al solo Amiga 500 che, essendo ormai fuori dai giochi di potere, non gli garantì purtroppo la visibilità meritata.

Solo in questo modo, riusciremmo d’altronde a spiegarci quel marcato senso di continuità che sembra unire i due titoli e incarnare, a tutt’oggi, uno dei legami più evocativi tra passato e presente del gaming.


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Ed ora, godiamoci in religioso silenzio il capolavoro in azione!