Conversioni a Confronto – Defender of the Crown

1986 – Inghilterra, 1149. Orfana del suo Re, l’isola d’oltremanica diviene terreno di un aspro conflitto tra Normanni e Sassoni, con i rispettivi leader determinati a tutto pur di rilevare la corona. Sullo sfondo di una faida vissuta tra assedi, giostre d’arme e saccheggi, un romantico affresco storico popolato da impavidi cavalieri, splendide damigelle in periglio e gli accoliti di Robin Hood.

Prima di inaugurare la nostra campagna anti normanna, avremmo dovuto scegliere con adeguata lungimiranza il nostro prode alter ego, prestando attenzione alle rispettive capacità.

Strategico a turni dalla struttura assai intuitiva e il gameplay impreziosito da efficaci mini-game di natura action, Defender of the Crown viene universalmente riconosciuto come la prima Killer Application in forza alla line up dell’Amiga 500 e, in quanto tale, celebrato quale uno dei suoi principali propulsori commerciali.

La mamma di gioco, con rispettivo menù gestionale annesso: da qui avremmo potuto valutare quali territori occupare, se organizzare giostre cavalleresche in cerca di fama, pianificare saccheggi e rimpolpare le fila del nostro esercito.

Caratterizzato da un comparto grafico che all’epoca era lecito definire straordinario e da un impianto concettuale che richiamava il taglio cinematografico dei kolossal hollywoodiani del dopoguerra, il titolo diretto da Kellyn Beck avrebbe difatti macinato introiti da capogiro, proiettando al contempo il marchio della Cinemaware ai vertici del mercato videoludico mondiale.

Come da classica impostazione Cinemaware, i mini-game avrebbero svolto un ruolo cruciale nell’economia del gameplay: in questa immagine, la coraggiosa soggettiva utilizzata per immortalare la giostra cavalleresca.

Detto successo implicò il vario di una robusta linea di conversioni che, vista la natura essenzialmente riflessiva del format di gioco e la stessa pesantezza del suo codice, vennero prevalentemente indirizzate al settore dei Personal Computer. Scopriamo ora insieme quale sistema riuscì ad avvicinarsi di più alla sontuosità dell’originale edizione Amiga…

VERSIONE AMSTRAD CPC – 1989

La conversione Amstad CPC venne curiosamente prodotta e distribuita da Ubi Soft.

Penalizzato da colori troppo accesi, il Defender of the Crown di casa Amstrad dava l’impressione di una tela impressionista piuttosto che di un delicato affresco neoclassico: un vero peccato, giacché sprite, fondali e asset di scena presentavano un coefficiente di dettaglio senz’altro maggiore di quello sfoggiato, ad esempio, dal C64. A decretare una sconfitta di misura nel confronto diretto con la macchina Commodore, il mancato supporto di un intelaiatura sonora all’altezza della situazione.

VERSIONE C64 – 1987 CINEMAWARE / MASTER DESIGNER SOFT.

L’assedio nella Cumbria settentrionale: per facilitare la vittoria delle nostre truppe, ci sarebbe toccato abbattere il muro di cinta del castello, prestando attenzione a calibrare esattamente la gittata della catapulta.

Distribuita sia su nastro che in formato floppy da 5¼, la versione C64 si rivelò una delle più fedeli dell’intero lotto. Al netto delle limitazioni tecniche che avrebbero diluito l’impatto scenico proprio di alcune sequenze o magari compromesso l’appeal delle schermate contestuali che tanta gloria erano valse al codice originale, il fratellino minore dell’Amiga 500 riuscì difatti a reggere il peso della produzione. A conti fatti, gli unici tagli furono riscontrati nell’edizione a cassetta e circoscritti alla semplice rimozione di alcuni screen.

VERSIONE AMIGA / ATARI ST – 1987 CINEMAWARE / MASTER DESIGNER SOFT.

Le versioni Amiga ed Atari ST offrivano senz’altro lo spettacolo visivo e sonoro più appagante.

Distribuita a un anno di distanza dalla release originale, quest’edizione tenne fede alla solida tradizione che vedeva le prestazioni di Amiga e Atari ST andare pressoché a braccetto. Se ad uno sguardo superficiale le due versioni sembravano pressoché identiche, va in ogni caso imputato al porting un lieve calo del coefficiente di dettaglio legato a fondali e sprite, cui andava ad aggiungersi un generale impoverimento delle palette cromatiche. Per quanto concerne il gamplay, l’esperienza di gioco complessiva non avrebbe invece presentato alcuna differenza rilevante.

VERSIONE APPLE IIGS – 1988 CINEMAWARE / MASTER DESIGNER SOFT.

L’Apple IIGS avrebbe saputo rendere onore alle affascinati schermate contestuali che arricchivano il dipanarsi del gioco.

Sfoderando una performance di solidità insospettabile, il buon AppleIIGS avrebbe omaggiato il culto di Defender of the Crown come solo l’Atari ST era riuscito a fare fino ad allora, perdendo lo scontro diretto soltanto ai punti, per via di un framerate balbettante, di un comparto sonoro di qualità inferiore e dell’occasionale rimozione di alcune schermate contestuali che sarebbero andate evidentemente ad appesantire troppo il codice.

VERSIONE NES – 1989 ULTRA SOFTWARE CORP. / CINEMAWARE

Le incursioni nottune nei castelli nemici avrebbero potuto fruttare ingenti bottini o magari contribuire alla liberazione di una delle sinuose damigelle in periglio sparse per l’Inghilterra.

Orfana di molte sequenze contestuali, incluso il leggendario siparietto “erotico” che seguiva l’eventuale salvataggio di una delle quattro donzelle rintracciabili nel corso dell’avventura, la versione NES predilesse un approccio più marcato alle sequenze action, finendo persino per aggiungere un mini-game inedito nell’ambito delle ricorrenti giostre cavalleresche. A sottolineare ulteriormente questa precisa scelta concettuale, il notevole sforzo profuso dai ragazzi della Ultra Games nella modellazione degli sprite legati a queste particolari sequenze di gioco.

VERSIONE PHILIPS CD-i / CDTV – 1991 PHILIPS INTERACTIVE / MASTER DESIGNER SOFT.

La pittoresca introduzione della versione CD-i con tanto di discutibile cornice a ridimensionare la videata di gioco.

Avendo nutrito aspettative fin troppo elevate nei confronti dei primi sistemi a supporto digitale, molti appassionati attribuirono ai porting CD-i e CDTV connotati da reboot, auspicando un profondo restyling del prodotto originale. Fatta eccezione che per l’introduzione di una voce narrante e un tappeto sonoro orchestrale legato non solo agli eventi clou, ma anche alle fasi più strategiche del gioco, quest’ultimo rimase però identico alla matrice del 1986. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, potremmo senz’altro parlare di conversione perfetta. Ma chi avrebbe mai voluto spendere l’equivalente di un milione di lire dell’epoca per giocare ad un titolo che il vecchio Amiga era in grado di gestire con scioltezza analoga?

VERSIONE GAME BOY ADVANCE – 2002 METRO 3D INC. / CINEMAWARE

Schermaglia a fil di lama nella versione GBA del gioco: in questo caso, il gameplay del minigame presentava una profondità strategica maggiore rispetto a quella proposta dalle precedenti versioni del gioco.

Tanto inatteso quanto efficace, il porting GBA di Defender of the Crown prendeva spunto dal particolare adattamento NES del 1989, ponendo maggiore enfasi sulle sequenze più dinamiche. Grazie al profondo lavoro di restyling effettuato dagli sviluppatori gli scontri all’arma bianca e le giostre cavalleresche avrebbero guadagnato molto in impatto visivo beneficiando, al contempo, di una robusta ottimizzazione del feedback dei comandi.

VERSIONE  PC – 1988 CINEMAWARE / MASTER DESIGNER SOFT.

Monocromia portami via: il desolante panorama offerto dalla versione IBM del gioco.

Senza il supporto di una scheda video EGA i possessori di PC sarebbero stati costretti a sorbirsi l’intera produzione sotto l’influsso di odiose tonalità rosso-verdi, ree di vanificare a priori ogni sforzo effettuato dai responsabili del porting al fine di catturare le atmosfere proprie della versione originale. Pur restituendogli una veste cromatica adeguata, l’impiego della succitata tecnologia avrebbe comunque potuto far poco di fronte alla legnosità del comparto animazioni o ad un comparto sonoro non certo degno dei fasti Amiga.

VERSIONE MAC – 1987 CINEMAWARE / MASTER DESIGNER SOFT.

Coefficiente di dettaglio notevole: peccato per il mesto bianco e nero di base.

Caratterizzata dall’austera monocromia, la versione Mac si sarebbe distinta per la notevole pulizia di sprite, asset e schermate contestuali, pagando tuttavia caro dazio a sotto il profilo del framerate e del sonoro, con quest’ultimo ridotto davvero al minimo sindacale. A parziale compensazione, potremmo tirare a questo punto in ballo un sistema di controllo abbastanza affidabile, specialmente in relazione agli standard MAC dell’epoca, ma a confronto con le altre versioni anche questo parametro andrebbe ritoccato al ribasso.

VERSIONE SPECTRUM ZX – MIRRORSOFT (MAI PUBBLICATA)

A quanto pare, i ragazzi della MirrorSoft avevano completato il porting del gioco quando vennero informati della bocciatura dell’intero progetto.

Originariamente affidata alla Mirrorsoft, la conversione Spectrum ZX di Defender of the Crown sarebbe dovuta arrivare sul mercato nel 1987, in concomitanza con le edizioni C64 ed Amstrad CPC. Per ragioni mai del tutto chiarite, ma molto probabilmente legate all’inadeguatezza del prodotto finito, Cinemaware scelse tuttavia di non distribuirla. Riemersa in Rete soltanto nel 2016 grazie essa ha evidenziato senz’altro dei limiti evidenti sotto il profilo tecnico, eppure non tali da giustificare una cancellazione che rappresentò un grosso trauma per l’utenza Sinclair.

Nato e cresciuto sulle pagine di Game Republic dove ha diretto per generazioni la sezione Time Warp, Gianpaolo Iglio ama il retrogaming e lo considera una seconda vita. O una seconda amante. Ha scritto un libro sulle avventure Sierra e insegna Game Journalism e Storia del Videogame alla VIGAMUS Academy con Metalmark.