Limbo & Inside Recensione, i piccoli gioielli di Playdead per Nintendo Switch

Limbo Inside

Sono entrambi piccoli gioielli, sono usciti per qualsiasi piattaforma e sono gli unici due titoli di una piccola casa di sviluppo danese dal nome macabro, di cosa stiamo parlando? Ma naturalmente di Limbo e Inside. Le due opere di Playdead sono uscite la settimana scorsa per Switch e noi non ci siamo lasciati sfuggire lโ€™opportunitร  di valutarle alla luce di questa nuova edizione. Partiamo col dire che, cosรฌ come le altre, anche questa versione di entrambi i titoli non mostra alcuna differenza con i predecessori, tutti identici all’originale, sia dal punto di vista sostanziale, di grafica e gameplay, che dal punto di vista di adattamento alla console di destinazione. Se quindi state cercando una giustificazione all’acquisto, e avete giร  giocato sia Limbo che Inside su altre piattaforme, ci tengo a sottolineare che potete desistere, a meno che non sia di vitale importanza per voi finanziare future opere di Playdead. Se, invece, come me, amate i titoli e non volete perdere lโ€™occasione di poterli giocare ancora una volta, magari in versione portatile, potete cedere a questo gustoso bocconcino.

Da Limbo a Inside: un unico percorso

Mi piace pensare a Limbo e Inside come un processo evolutivo. Questo era un pensiero che era maturato in me giร  durante la prima run della seconda opera. Grazie a quest’ultima esperienza di gioco posso dire di confermare la mia intuizione. Giocati di seguito รจ evidente come Inside sia una naturale conseguenza, o meglio dire evoluzione, di Limbo. Limbo รจ un gioco pieno di buoni spunti, costruito con buon gusto e amore dei particolari ma presenta alcuni fastidiosi difetti. Si basa un gameplay semplice: interagendo con lโ€™ambiente, spostando casse e attivando pulsanti il giocatore procede in un unico mondo di gioco che scorre lateralmente fino al raggiungimento del finale. La brevitร  del tutto fa in modo che queste poche semplici operazioni non vengano a noia ma la rapiditร  dell’avventura non sopperisce, purtroppo, a quello che รจ il vero problema di Limbo, i numerosi momenti di trial and error a cui il giocatore รจ suo malgrado sottoposto. La questione non รจ la difficoltร  in sรฉ, ampiamente nella media se non addirittura sotto, ma lโ€™essere obbligati a ripetere alcune fasi poichรฉ la pressione del tasto sbagliata o, peggio ancora, un elemento non prevedibile ci hanno irrimediabilmente condotto alla morte. In alcune fasi di gioco รจ necessario sperimentare, e di conseguenza morire, per riuscire a capire la sequenza di azioni giuste per procedere. Una leggerezza del genere, sebbene non rovini assolutamente lโ€™esperienza di gioco, denota unโ€™immaturitร  dello studio di sviluppo dal punto di vista del level (sebbene sia uno solo rimane sempre un โ€œlevelโ€) design. Tutta la meticolosa cura profusa nell’estetica, dal meraviglioso bianco e nero sfumato agli occhi luminosi del bambino, dalle musiche praticamente assenti agli effetti sonori, passando per le fumose ambientazioni scontornate alla fisica degli oggetti, non trova riscontro nella sostanza, nell’interazione tra giocatore e avatar. Del resto riuscire a produrre al primo colpo un capolavoro perfetto sotto ogni punto di vista sarebbe stato un miracolo, oltre che una singolaritร .

Bambini, bambini ovunque…

Ed รจ cosรฌ che fatto esperienza sia delle lodi che delle critiche ricevute i Playdead hanno sviluppato Inside. รˆ impossibile non notare le somiglianze tra i due titoli: entrambi hanno come protagonista un bambino che vive in un mondo ostile, in cui gli altri umani e la maggior parte degli esseri viventi che lo abitano sono una minaccia; entrambi i bambini devono superare ambiente dopo ambiente per raggiungere lโ€™oggetto del desiderio e in entrambi i casi questo oggetto รจ il tramite per la libertร ; sia in Limbo che in Inside, infine, le scelte estetiche hanno un valore fortemente simbolico. I contorni sfumati di Limbo diventano angoli e spigoli nel mondo automatizzato di Inside cosรฌ come i vermi bianchi che controllano la mente del bambino dagli occhi luminosi si trasformano in un casco che permette al ragazzo dalla maglietta rossa di controllare marionette umane prive di volontร , e cosรฌ via, in un turbinio di osservazioni che a dispetto della durata delle opere potrebbe richiedere ore.ย Ambedue i titoli possono essere letti come il viaggio iniziatico di due creature che annaspano per trovare la loro strada e liberarsi delle catene che li ancorano al terreno (cosรฌ come mostra una bellissima sequenza di Inside). Un viaggio che, data la sua natura di videogioco, necessita di un’architettura di interazione che deve funzionare alla perfezione per poter permettere al giocatore una totale immedesimazione. Ed รจ qui che subentra lo “scatto di crescita”.

Il bambinoย  che ora รจ ragazzo

Se dal punto di vista delle qualitร  i Playdead non hanno omesso di replicare nessuno dei numerosi pregi di Limbo, molto hanno invece lavorato sulle meccaniche di gioco e piรน di ogni altra cosa sul level design. In questo secondo titolo sparisce completamente quel senso di frustrazione che, di quando in quando, faceva capolino in Limbo. In Inside affrontare i puzzle ambientali produce un grande senso liberatorio di soddisfazione, come se questi piccoli ostacoli fossero prove da affrontare per poter raggiungere un nuovo stadio di consapevolezza, ludica ed emotiva. L’equilibro tra sfida e riflessione รจ perfetto e nulla di quello che il giocatore fa si rivela inutile. Basta osservare bene lโ€™ambiente e i suoi elementi per poter decidere come affrontare un determinato segmento di gioco, evitando nella maggior parte dei casi la morte. In titoli come questo infatti, e senza voler aprire una polemica sul tema, il โ€œgame overโ€ piรน che spingere il giocatore ad avere una performance migliore e accrescere le sue stesse capacitร  di gioco ha il solo effetto di distruggere il ritmo emotivo e narrativo (ebbene sรฌ, anche senza dialogo cโ€™รจ narrazione) e creare fastidiose fratture in quello che รจ a tutti gli effetti un’esperienza in cui noi giocatori siamo guide e accompagnatori.

Se proprio devo trovare una pecca in questa versione Limbo e Inside, vi confesso che giocati sul piccolo monitor della Switch entrambi i giochi mostrano dei limiti. I meravigliosi ma ahimรจ oscuri toni cromatici di Limbo rendono alquanto difficoltoso giocare in ambienti dove cโ€™รจ molta luce. Il contrasto della console non รจ sufficiente per sopperire alla luminositร  scarsa del titolo trasformando il monitor in un pasticcio di penombre dove รจ difficile capire chi รจ cosa e cosa รจ chi. La telecamera di Inside, dal suo canto invece, in alcuni momenti si allontana in maniera eccessiva dal giocatore, rendendo il protagonista microscopico e ostico da controllare. Non parliamo di problemi gravi che minano lโ€™esperienza di gioco ma semplicemente di due difetti, frutto di precise scelte estetiche, entrambe ampiamente giustificate, che purtroppo non collimano con alcune delle situazioni possibili in cui si potrebbe usare la console in assetto portatile.
Federica Farace, alias Sister Death, รจ la dimostrazione che i redattori sono come la cioccolata: quelli buoni stanno in Svizzera. Ama i vichinghi, i conigli, Conan, Star Wars e i videogiochi. Spera costantemente che nel mondo si scateni l'apocalisse zombi e non escludiamo che si stia dando da fare per accelerare il processo.