Recensione Mamma Mia! Ci risiamo, un musical per celebrare la gioia di vivere

Mamma Mia! Ci risiamo. Era il lontano 1979 quando una ragazza coraggiosa armata solo della sua volontà e di una salopette in jeans a zampa d’elefante si innamorava di una splendida isola della Grecia e di tre uomini. Un’epoca ormai dimenticata in cui le canzoni del gruppo musicale svedese ABBA facevano sognare una generazione. Abbiamo visto quella donna adulta con una figlia ignara alle prese con tre padri, in un musical ormai di culto. Ora è il momento di tornare indietro e vedere come è iniziata questa favola moderna, e anche cosa è successo dieci anni dopo il film originale.

Mamma mia! Ci risiamo

Let’s Do the Time Warp Again

Diciamocelo francamente, l’idea di un flashback nella fine degli anni settanta, di fatto, è talmente azzeccata da reggere un film intero, tra curiosità del pubblico per come è iniziata la storia e doveroso omaggio al periodo storico in cui il gruppo musicale a cui si deve il film ha visto il suo successo epocale. Eppure la scelta narrativa divisa in due, con balzi temporali tra passato e futuro, che poi è l’odierno presente dieci anni dopo il primo film, è decisamente azzeccata, e le scene sono legate tra loro in maniera registicamente perfetta. La dicotomia narrativa tra momenti passati e futuri, ovvero l’attuale presente di dieci anni successivo alla storia iniziale, è ottima. Colpisce vedere come siano inquadrati gli stessi punti esatti dell’hotel quarantanni dopo, con continui passaggi tra le due ere, peraltro con una fotografia studiata al millimetro. Trovate splendide anche visivamente, come un temporale che si riflette in due momenti topici per la trama in entrambe le ere. L’intero film è basato sulla dicotomia tra le cose, Il passato. Il futuro. L’inizio di una storia d’amore. La fine di una storia d’amore. Sentimenti entrambi cantati dagli ABBA in canzoni indimenticabili.

Scappo dalla città

Dieci milioni di spettatori hanno visto Mamma Mia!, nato come musical basato sulle canzoni degli ABBA e diventato nel 2008 anche un film baciato da analogo successo, supervisionato dallo stesso gruppo svedese. Oggi, giustamente è considerato da tutti un cult, un grande classico del genere musical, al pari di pezzi da novanta come Evita, Jesus Christ Superstar o Chicago. Tra gli ingredienti dell’originale, una caratterizzazione dei personaggi di altissimo livello, che trova un’ideale prosecuzione anche in questo prequel. Parallelamente, gran parte del fascino del primo film era costituito dalle location scelte, le assolate isolette della Grecia, eccezionali luoghi di villeggiatura perfetti per mettere in scena una commedia musicale. Alle location originali si uniscono oggi però anche delle interessanti città da cui fuggire, come una metropoli giapponese in cui una noiosa riunione d’affari cita persino la clausola 47… ma nulla a che fare con la 47 Conspiracy di Star Trek, ve lo assicuriamo. Tutto questo è simbolico, e vede la città non come emblema della modernità, bensì come un posto da cui scappare. Cosa che, del resto, anche la stessa protagonista del film, Donna, in versione giovanile, ha scelto come stile di vita. La frase “io qui ci voglio restare per sempre” siamo in molti a dirla quando vediamo posti che sono impossibili da dimenticare.

Balli proibiti

Un musical di qualità davvero alta, degno dei grandi classici di Andrew Lloyd Webber. Coreografie oniriche su barche trovate per caso, con personaggi che paiono provenire da sogni, avventure, casualità e un pizzico di follia, sotto il caldissimo sole delle isole greche. Un mare così blu da far male agli occhi e al cuore, letteralmente. Una folle avventura piena di personaggi assurdi che durano spesso il tempo di due refrain di motivetti ormai di culto. Un Naufrago, sposo agognato della misteriosa Apollonia, costretta a sposare invece un uomo senza amarlo, sarà salvato dai nostri protagonisti. E questa è solo una delle micro trame inserite nella pellicola. Il film, sappiatelo, è molto più fuori di testa e non lineare del primo, con mini scene fini a se stesse che però servono a delineare la psicologia dei personaggi nella parte flashback, cosi valida narrativamente che avrebbe potuto costituire un film a sé stante, appunto. Ma mentre lo spettatore riflette per far combaciare i pezzi dell’oscuro puzzle, ecco che viene distratto da apparizioni cult. Un pianista in un locale suona una versione quasi irriconoscibile di un grande classico ABBA, sempre di spalle, sarà forse qualche personaggio famoso? Nemmeno il tempo di vederlo ed ecco che scoppia Waterloo, ed è subito un tripudio di pantaloni a zampa d’elefante e balli scatenati. Le coreografie corali del film sono irresistibili, come del resto nella prima pellicola. A livello musicale, è lecito chiedersi per il lettore come sia stato possibile popolare il film di “cavalli di battaglia”, se questi erano già stati spesi nel primo episodio. Ebbene, i momenti salienti del secondo film sono arricchiti con citazioni dei ritornelli classici, sempre presenti, anche per pochi secondi, e i più noti successi degli ABBA sono citati anche nei semplici dialoghi. La baguette tipica francese in un flashback diventa persino una chitarra da suonare e si arriva a citare… Napoleone, in un megamix che sa tanto di Bohemian Culture.

Un musicarello moderno

Il genere dei musical ha in Italia un sotto filone molto interessante nato negli anni cinquanta e arrivato alle luci della ribalta nel decennio successivo, gli anni sessanta. Questo è chiamato in gergo tecnico “Musicarello“, dove troviamo pellicole di culto quali Urlatori alla sbarra, diretto dal maestro dell’orrore Lucio Fulci nel 1960, o Una lacrima sul viso, diretto nel 1964 da Ettore M. Fizzarotti col cantante Bobby Solo nelle vesti di attore. Il genere, ormai perduto, ha fatto letteralmente scuola, e non lo citiamo casualmente, poiché le sue caratteristiche principali si ritrovano a decenni di distanza nel canovaccio narrativo di Mamma Mia! Ci risiamo. Le grandi storie d’amore, la vita da spiaggia spensierata e la grande musica di un cantante o gruppo famoso… tutto questo viene raccontato in quella che sembra una geniale sequenza di videoclip, dove musica, ballo e trama si muovono all’unisono, in perfetta armonia. Dal punto di vista stilistico spesso il film raggiunge vette sublimi, tra scenografie curate a livelli maniacali e trovate stilistiche grandiose, come il gioco di specchi che si vede nel duetto tra Sophie e il suo uomo, o la transizione da una scena all’altra attraverso un quadro impressionista. Idee brillanti per un film che fa dell’amore della musica e dell’arte le sue armi più grandi.

Ballando con le stelle

Il film, scritto e diretto da Ol Parker, presenta un cast pieno di stelle, degno del nome della saga, ancora più apprezzabili nella versione originale che abbiamo avuto modo di vedere. Il personaggio protagonista dell’originale pellicola, l’energica e forte Donna, interpretata dalla talentuosa Meryl Streep, viene approfondito dal suo ritorno negli Anni Settanta, e offre l’occasione agli spettatori per conoscere la versione giovane di Donna nel 1978, e dando modo di conoscere meglio la”semplice ragazza di città che aveva un sogno” e la sua psicologia di base. Il continuo riferimento alle due versioni di Donna, giovane e adulta, è spesso anche confrontato con Sophie, che rivive, letteralmente, le stesse emozioni della madre con similitudini al limite dell’auto-citazionismo intellettuale. Un film leggero, certo, ma con un livello introspettivo notevole.

Sophie, interpretata dalla biondissima Amanda Seyfried, diventando grande ripercorre gli stessi passi della madre: è incinta nello stesso luogo, in un gioco di concatenazioni infinite tra passato remoto e futuro, rispetto al primo film. La bravura della giovane Lily James è palese, e aggiunge un nuovo grande protagonista alla saga, per ora un dittico, sebbene molti già parlino di possibile trilogia, dieci anni dopo il debutto. Non solo, alla giovane Donna corrispondono, ovviamente, versioni giovanili anche delle due amiche di sempre, interpretate da Julie Walters e Christine Jane Baranski, e dei tre padri di Sophie, vera triade ormai di culto del primo film. Tutte le scene giovanili che abbiamo solo immaginato nel primo film adesso sono realtà, e le tre protagoniste del passato sono una perfetta chiusura del cerchio per il profilo psicologico dei personaggi, tra ricordi universitari, coreografie eccezionali e trovate assurde, come la presenza del misterioso gemello di uno dei protagonisti… ma non vogliamo anticiparvi troppo.

La somiglianza delle altre due amiche della triade è strabiliante; anche i comprimari sono caratterizzati magistralmente, come il vecchio e calvo bigliettaio moderno, che del resto è sempre una figura pittoresca delle belle isole, come sa chi frequenta ad esempio le italianissime Eolie. E che dire della furente signora greca dell’isola? Una scenetta imperdibile. Come del resto lo sono Alexio e Apollonia, protagonisti di una storia d’amore di culto che dura lo spazio di pochi fotogrammi.

Il film viene per giunta impreziosito dalla presenza della leggendaria cantante Cher, qui nell’irresistibile ruolo di un’anziana nonna, affiancata da un memorabile Andy Garcia, chiamato a dare un volto al Fernando della popolare canzone. Sembrerà strano a dirsi ma la trama e la narrazione di Mammia Mia! Ci risiamo, spesso e volentieri riesce a essere forte almeno quanto le canzoni stesse, dandoci la sensazione di riscoprire dei vecchi amici. Una celebrazione dei favolosi Seventies che rapisce il cuore e diventa impossibile da dimenticare, orchestrando un passaggio generazionale che rientra appieno nella poetica della famiglia, dei suoi valori e della sua continuità.

Mamma Mia! Ci risiamo è l’esaltazione del cinema nella sua forma più pura: suoni e immagini in movimento che generano sogni e stupore, in una danza ipnotica che celebra l’amore e la gioia di vivere. Una pellicola istintiva e archetipica, destinata a percorrere una linea ideale che parte da La La Land e arriva fino a Ginger Rogers e Fred Astaire, passando per Gene Kelly. Il musical è vita, e Mamma Mia! Ci risiamo ce lo ricorda in ogni fotogramma, raccontando una vicenda ironica, folle e appassionata, con protagonisti di prim’ordine che con il loro carisma sorreggono un’impalcatura sì classica, ma straripante di invenzioni visive, musicali e narrative che frastornano di volta in volta lo spettatore con la loro esuberanza. Nell’epoca dei cinecomic e degli universi condivisi, Mamma Mia! Ci risiamo osa essere un film che torna alle origini, quando il green screen e la CGI non c’erano, e a sorreggere le sorti di un film erano solo gli attori con il loro talento nello spettacolo, chiamati a raccogliere l’eredità della rivista e della grande opera. Oggi quello spirito rivive in un film iconico, reso tale da una colonna sonora indimenticabile, una location da sogno esaltata da una frizzante regia e una sceneggiatura voluttuosa che si muove tra passato e presente. Mamma Mia! Ci risiamo ha il dolce sapore di un fugace amore estivo, una leggera estasi di giovinezza che vi lascerà confusi e stupidamente felici. 

Super Fabio Bros, al secolo Fabio D'Anna (ma non diteglielo: ancora soffre perché Facebook lo ha costretto a usare il suo vero nome), è un collezionista leggendario di videogiochi nonché super esperto di retrogaming. Ha organizzato due edizioni della mostra ARCHEOLUDICA ed è Responsabile della Collezione al museo VIGAMUS, ha collaborato con i portali specializzati Games Collection e Retrogaming History. Adora Super Mario, Pac-Man e le sue adorabili cagnoline. L'obiettivo finale della sua vita è possedere tutti e 2047 i modelli di PONG esistenti. Attualmente è a quota 69.... quindi augurategli lunga vita e prosperità.