Hand of Fate 2 Recensione, la sorte sarà dalla tua parte?

Hand of Fate 2

Negli ultimi tempi di giochi di carte ne abbiamo visti davvero di ogni foggia e genere: di combattimento, di previsione del futuro, briscola e scopone scientifico; dai più blasonati come Magic e Yu-Gi-Oh! a quelli “derivati” come Pokémon e Hearthstone, emanazione diretta del mondo di World of Warcraft. C’è chi li ama alla follia, considerandoli un perfetto connubio tra fortuna e strategia, e chi ne è un fermo e irreprensibile detrattore, i quali li considera al pari del gioco d’azzardo e creerebbe un girone dell’inferno appositamente riservato a creatori e giocatori. Considerate quindi queste premesse, cosa dovrebbe rendere Hand of Fate 2, piccola perla GDR sviluppata da Defiant Development, differente da tutto ciò? Beh, stiamo parlando praticamente del clone elettronico di Talisman (qualcuno di voi ci gioca? Se no, lesti a rimediarne una copia e relative espansioni, è una vera figata!) con elementi alla Dungeons & Dragons, tanto per gradire. Giovano quindi senz’altro una rigiocabilità praticamente infinita, dei combattimenti da urlo, un concept magari non innovativo ma sicuramente divertente, e il fatto che le carte sono il focus centrale di ogni singolo ambito del gameplay, determinando l’esito delle azioni e dei transiti del nostro (o della nostra) protagonista. Ma andiamo con ordine.

Hand Of Fate 2

“Io so chi sei, e se tu vuoi ti dico che destino avrai! Buona sorte o guai?”

L’avventura di Hand of Fate 2 è ambientata 100 anni dopo le vicende del primo capitolo; il protagonista ha preso parte al Gioco della Vita e della Morte, e deve affrontare un certo numero di sfide prima di aiutare il Mazziere (colui che governa le nostre avventure dall’inizio alla fine) a spodestare l’usurpatore che ha cambiato le regole del gioco e riportare equilibrio nel mondo. Un mondo che, in questo caso, ha i suoi luoghi principali rappresentati nei 21 arcani maggiori dei Tarocchi: ognuno di essi porta con sé una storyline principale concepita in modo tale da rifletterlo pienamente, al compimento della quale il Mazziere ci permetterà di sbloccare nuove carte e ci svelerà sempre più dettagli sullo scopo della nostra avventura e su chi sia questo misterioso usurpatore di cui dobbiamo vendicarci per il suo conto. Sicuramente questo ultimo punto può rendere, di primo acchito, la narrazione senza scopo e un po’ frammentaria a un occhio meno attento, ma allo stesso tempo tale meccanica costituisce ciò che differenzia Hand of Fate 2 dal resto dei giochi di carte collezionabili che noi tutti abbiamo imparato a conoscere: esse non si limitano a essere meri strumenti di lotta, ma sono persone, armi, cibo e tutto quello che ci serve per poter andare avanti nella nostra avventura. E sono soprattutto mondi, eventi, fatalità, incontri: all’inizio di ogni main quest, il Mazziere aggiungerà, con delle movenze ipnotiche che ricordano la bella Cloris, amata Zingara della Rai 1 dei tempi andati, delle carte a quelle presenti nel nostro mazzo (che eventualmente possiamo comporre prima di poter cominciare la partita; dipende se l’arcano maggiore di turno ce lo consente), rendendo ogni partita sempre differente e determinando la nostra sorte durante la partita. E cosa succede se in corso d’opera si muore in battaglia o si incappa in errori fatali? Beh, si ricomincia da capo, proprio come la vita reale ci costringerebbe a fare. E il tutto ci viene narrato in un superbo 3D che ci rivela l’uso magistrale di Unity da parte del team di sviluppo. Well done!

Hand of Fate 2 Mazziere

Abilità, destrezza, strategia e (tanto) fattore C

La vita è un gioco, e in Hand of Fate 2 è regolata da carte, dadi, pendolini, ruote della fortuna… Cosa hanno in comune? Il fatto che per ottenere buoni risultati da tali giochi abilità e destrezza il più delle volte non sono sufficienti. Quindi, cari giocatori, munitevi di corna napoletane, quadrifogli, zampe di coniglio e peperoncini a volontà, perché servirà tanta, ma tanta fortuna. Se la destrezza la possiamo usare per trionfare (o ridurre i danni al minimo sindacale) nel classico “carta vince, carta perde”, e l’abilità sarà appannaggio esclusivo del combattimento, il resto del gioco lo passerete incrociando le dita, sperando che non vi capiti chissà quale disgrazia che vi costringa a esaurire le scorte di oro e cibo che vi sarete faticosamente guadagnati in corso d’opera. E del resto possiamo aspettarci altro da un gioco che si chiama “mano del destino”? Sicuramente aiuta il fatto che, all’inizio di ogni main quest, possiamo scegliere un numero massimo di seguaci e provviste che ci verranno forniti sin da subito, e anche degli incontri (luoghi, avvenimenti e persone) ed elementi di equipaggiamento in cui possiamo incappare nel nostro peregrinare. Ma il Mazziere ci metterà il suo zampino, inserendo nel mazzo delle carte in suo possesso, e inoltre, come in ogni buon roguelike che si rispetti, non si può mai sapere quando esse potranno capitare a tiro, e quelle da noi scelte che, inizialmente, consideravamo più vantaggiose potrebbero rivelarsi inutili in quel momento, o addirittura dannose. Ma dove la fortuna manca entra in gioco l’abilità: se le corna napoletane in vostro possesso si sono rivelate inefficaci potete sempre rifarvi con le dinamiche, equilibrate, ben strutturate e frequentissime battle phase, le cui migliorie rispetto al primo capitolo della serie, in termini di fluidità e responsività, sono assai tangibili. Certo, se la malasorte vi ha presi in simpatia può capitarvi un combattimento 16 contro 1 (o 2, se avete scelto per voi un sodale), ma con un minimo di strategia ve la potrete cavare con tranquillità. Le armi sono una più bella e potente dell’altra, ognuna con una backstory definita, con i suoi pro e i suoi contro, ma attenzione a crepare in battaglia: potreste perderle o ritrovarvele consumate… Parlando più nel dettaglio della versione Switch, i comandi sono perfettamente responsivi e ben congegnati, in modo da facilitare il movimento rapido delle dita sui Joy-Con. Si combatte alla grande sia in modalità portatile -anche per chi ha delle manine minuscole come la sottoscritta-, in modalità da tavolo con l’impugnatura Joy-Con, o su TV; e se avete uno di quei televisori LED da millemila pollici vi assicuro che i combattimenti saranno una goduria per gli occhi.

Divertente, intrattenente e a tratti leggermente frustrante: Hand of Fate 2 sa per certo come mettere alla prova le abilità e il legame con la Dea Bendata dei giocatori che vi si cimentano. Il lavoro artistico è dettagliato e accattivante: ogni elemento del gioco è finemente decorato e personalizzato, e credo che il team di sviluppo si sia divertito alla grande a spremere Unity fino all’osso pur di sfruttarne ogni peculiarità. La narrazione, anche se inizialmente frammentaria, si rivelerà sempre più interessante a ogni main quest completata. La trovata di articolare le sfide principali nelle figure dei Tarocchi è divertente e ben realizzata, e alla fine saremo addirittura in grado di empatizzare con il Mazziere, anche se sulle prime, per il suo sarcasmo e il suo modo di prenderci in giro a ogni morte, ci farà consumare parecchi calendari. E del resto, come non amare una figura che richiama alla memoria i master dei vecchi GDR da tavolo? Uniche note dolenti il calo di framerate in load phase e qualche bug sporadico che si divertirà a cambiare la lingua dei sottotitoli, ma roba davvero di poco conto (e anzi, buona per i meme! Sì, sono leggermente ossessionata). Disponibile per PC, Xbox One, Nintendo Switch e PlayStation 4, dà il meglio di sé su console. Provatelo, e rimembrate con me i vecchi tempi della Zingara di Cloris! E se proprio non sapete chi ella sia, beh, avrei da questionare parecchio sulla vostra infanzia…