Tante, diverse migliaia di ore spese nell’Action RPG che ha ormai sdoganato per il globo inevitabilmente hanno segnato il mio percorso videoludico. In meglio, mi piace pensare. Eppure, alla luce delle recenti evoluzioni che la saga ha preso in tempi recenti, con l’avvento, la riscoperta e la rivoluzione apportata da Monster Hunter: World, troppe cose sono cambiate. Le spigolosità che un tempo rendevano l’opera tanto insidiosa e al contempo soddisfacente, le impervietà che celavano un impetuoso mare di micro meccaniche sono evaporate e svanite alla stregua di tanti canoni ormai retaggio del passato. Disquisire su questo tema non è che il pretesto per un confronto a tu per tu con il presente, prepotentemente armato di strumenti atti a semplificare ciò che il futuro riterrà “nobili e necessari sacrifici”. E se da una parte non tutto ciò che cambia evolve, allo stesso tempo ogni cosa è destinata a fluttuare nella corrente inesorabile che è la vita. Il pensiero è vita: tutto ciò che ne restituisce il risultato, se pur scomodo e doloroso, è testimonianza dell’essere in atto di un qualcosa che per sua stessa natura non è impermeabile al mutamento. E dunque tutti i prodotti di suddetto processo cognitivo, quali scienza, politica, arte o religione, nel loro intersecarsi rimangono passibili di contaminazione. È questo che mi fa riflettere sulle sorti una saga che un tempo avrei pensato sporcata dalla modernità e dai sui incalzanti ritmi, come la polena di un’imbarcazione che ha invero più salsedine addosso che anni. Ma in definitiva è giusto così. Per questo semplice motivo non c’è alcun modo sensato per edulcorare l’inizio della trattazione di un titolo come Monster Hunter Generations Ultimate, senza esternare quanto il trascorrere del tempo possa essere così impietoso. In quanto il mio ingrato compito è quello di dare una degna sentenza, proseguiamo insieme nel nostalgico viaggio che permetterà di legittimarla a dovere.

Monster Hunter Generations Ultimate nella sua essenza
Veniamo al sodo. Di che evoluzione e di quale turbinio di innesti la saga di Monster Hunter è stata “vittima”? Dove si colloca e a che titolo “l’ultima” iterazione a livello cronologico uscita in occidente? Andiamo per tempo (i giochi di parole sul concetto di tempo sono solo agli inizi). Pur nascendo su PlayStation 2, la fortuna del gioco di caccia fantastica di Capcom si rivela la popolarissima PlayStation Portable con il suo folto pubblico di affezionati in oriente e una nicchia di fan nel resto del mondo, ancora di dimensioni piuttosto relative. La second generazione si riaffaccia con Monster Hunter 2 solo in Giappone e per PlayStation 2 (ultimo capitolo per questa piattaforma), a causa delle sfortunate vendite della precedente iterazione nel resto del mondo. Anche in questo caso, il successo della versione potenziata per PSP la fa da padrone, con la canonica versione 2.0 (che vedremo presente in ogni generazione, e che prende la denominazione “G” in Giappone e “Ultimate” in occidente) ovvero Monster Hunter Freedom Unite che sbanca al botteghino: la ricezione del pubblico è alle stelle, la critica lo adula e lo eleva a capolavoro (anche tutt’ora) e diventa il gioco più venduto della storia su PSP nel 30 settembre 2008 nonostante l’uscita in Europa e America arriverà solo il 26 giugno dell’anno successivo. È tuttavia il capitolo successivo, che apre le porte alla terza generazione, a cambiare ulteriormente le carte in tavola. Monster Hunter Tri è infatti un’esclusiva Wii, e la potenza della console casalinga permette di utilizzare un nuovo motore grafico prodotto da Capcom stessa: MT Framework. Il capostipite della terza generazione è uno dei pochissimi titoli ad aver ottenuto il perfect score da Famitsū (40/40), ma è l’engine a mio parere a fare la differenza. Tutti i capitoli successivi, financo a Monster Hunter Generations Ultimate su 3DS di quarta generazione utilizzano una versione depotenziata della tecnologia, l’MT Framework Mobile, proprio per adeguarsi alle specifiche di PSP e 3DS.
Ebbene, da Monster Hunter Tri, la saga migliora drasticamente in qualità e feedback nel gameplay, proprio grazie alla fisica che tramuta i fendenti sui mostri in qualcosa di estremamente più soddisfacente, dando una reale sensazione di scalfire e lacerare la carne e le corazze delle maestose belve propinateci dallo studio nipponico. Questa soluzione, a ogni modo, permane solo per i capitoli Wii e Wii U (Tri ultimate) della saga, capitoli che, fra l’altro, sembrano regolati da una differente politica: i mostri sono leggermente di meno, tuttavia moltissimi di questi sono nuovi e qualitativamente superiori ai precedenti. Ciò che ha reso il Tri il mio capitolo preferito per molto tempo è stata proprio questa mentalità: meno mostri e probabilmente ore di gioco, ma molta più qualità, imbrigliata da una fisica in grado di dare al titolo un altro sapore. Monster Hunter Generations Ultimate, che esce inizialmente nel 2017 per 3DS, come versione potenziata (quelle con il G rank) di Monster Hunter Generations fa parte ancora di quei Monster Hunter che utilizzano la filosofia del “tanto ma meno curato”, con un’engine che ricorda al tatto ancora più Freedom Unite che Tri. E questo stesso port per Nintendo Switch, arrivato tardivamente alle porte dell’autunno 2018 in occidente, in fin dei conti non fa eccezione. Si tratta ancora della stessa formula di Freedom Unite: tantissime ore di gioco e mostri da cacciare, con quel retrogusto di PSP però che oggi stona terribilmente con il presente.
Monster Hunter: World ha da mesi introdotto la quinta generazione, portando il franchise su nuovi e incredibili standard, con l’MT Framework 2 e, mi duole ammetterlo, ma la coraggiosa scelta di tornare a scremare la quantità in favore di una straordinaria qualità. World è dunque l’anello di congiunzione con Tri Ultimate per Wii U, con il picco qualitativo della serie, mentre purtroppo questo Generations Ultimate non è che il proseguimento di un Monster Hunter più vetusto, attempato e che risente di problemi strutturali. Prima ancora, quindi, di mettere al vaglio il primo capitolo su Switch con l’esponente di ultima generazione, in termini di qualità della vita e modifiche sostanziali alla principali meccaniche di gioco, Monster Hunter Generations Ultimate è un titolo vecchio, alla cui base vi è una filosofia e una tecnologia troppo più vecchia di quella che si è dimostrata essere il passe-partout per conquistare il pubblico mondiale a marzo 2018.
L’ultima generazione del vecchio ciclo riserva ancora delle sorprese
Nonostante il primo capitolo della saga a giungere sull’attuale flagship di Nintendo sia meramente un port di un gioco per 3DS di un anno prima, le migliorie tecniche ci sono e si vedono. A cominciare da un upscaling della risoluzione ottimamente realizzato, con texture che solamente in pochissimi casi danno a vedere che si sia trattato di un restauro. Di fatto, per quanto la pulizia dell’immagine e la gestione di effetti e luce sia decisamente migliorata, siamo ben lontani dal colpo d’occhio al quale il nuovo mondo ci ha abituato e poi assuefatto. Una delle note forse più dolenti e controverse sta oltretutto nel non aver messo a disposizione dei giocatori i grilletti come tasti settabili, complice il fatto che in un 3DS non XL questi non sono presenti. Ma questo rende questa remaster ancora più scabrosa da padroneggiare per chi, come me, si fosse recentemente abituato ai comandi della nuovo generazione con i controller delle home console. In definitiva questa versione non va in nessun modo a sovrastare quella per 3DS, non rendendo giustizia all’hardware della Switch… ma cos’altro aspettarsi da un porting? A livello di contenuti, rispetto al capitolo precedente, le aggiunte ci sono eccome: due nuovi stili di caccia, nuovi mostri, armi e set d’armature e l’immancabile G Rank. Anche in questo caso, trattiamo un aspetto alla volta. Le due nuove varianti introdotte per variare l’esperienza di caccia sono lo Stile Voloroso, che permette di aggiungere un’animazione supplementare con il rinfodero dell’arma, che permette al tempo stesso di schivare gli attacchi dei mostri e di eseguire attacchi a sorpresa se interrotta. Tutto questo al costo di pesanti limitazioni sui moveset: ad esempio un’ascia cangiante perde la possibilità di eseguire le mosse che trasformano l’arma in combattimento, eseguibili invece alternando le mosse con il rinfodero. Colpire i mostri con questo stile riempie però la barra del valore, che una volta caricata conferisce un bonus a danni, velocità e permette di usare le mosse “inibite” fino a quel momento.
Lo Stile Valoroso è una lama a doppio taglio che permette di equipaggiare una sola Arte da caccia, ed è consigliato ai veterani che volessero variare il più possibile il proprio playstyle. Lo Stile Alchemico invece è decisamente più versatile ed è incentrato sull’uso della Botte Alchemica, che potenzia il cacciatore per un lasso di tempo.A chi rinfacciasse a World di essere oltremodo semplificato si potrebbe dire che questi Stili di caccia abbiano in un qualche modo reso la caccia meno strenua, tuttavia è bene precisare che, nonostante al sottoscritto non convincano fino in fondo, riescono bene nel loro intento di aggiungere carne al fuoco. Parlando di contenuti infatti, Monster Hunter Generations Ultimate è senza dubbio il più ricco di sempre: nel vecchio mondo vi aspettano la bellezza di 93 (Più di 120 totali) mostri grandi, per una quantità di ore di gioco praticamente inestimabile. Per il consueto paragone con la controparte che gira su PlayStation 4, Xbox One e da poco su PC, che conta poco più di una trentina di mostri e già è in grado di far perdere l’utente nel mondo di gioco, parliamo di una mole ridicola di missioni e cosa da fare e craftare, se oltretutto consideriamo il ritorno del G Rank e di un’incredibile sfilza di missioni in grado di dare filo da torcere perfino ai designer stressi. Infatti, missioni estreme a parte, il vecchio ciclo rimane di una difficoltà affascinante e maestosa che probabilmente farebbe scappare con le lacrime agli occhi molti nuovi utenti. I nuovi mostri come lo splendido Valstrax, l’Ahtal-Ka o il Cruor Diablos fanno anch’essi la loro parte, contribuendo e riuscendo nell’intento di costituire l’episodio della saga più vario, per quanto la quantità non fa automaticamente la qualità.
Monster Hunter Generations Ultimate per Nintendo Switch è il miglior Monster Hunter portatile di sempre, probabilmente il titolo più longevo (al lancio) della saga. Il porting, se pur lusinghiero, non riesce a non tradire le radici su 3DS e il salto generazionale che sarebbe potuto avvenire in “ambito portable” non è ancora realtà. Al netto di un’obsolescenza rimarcata in maniera impietosa dall’arrivo di Monster Hunter: World, questo capitolo è un’occasione imperdibile per i puristi che amano la difficoltà e la macchinosità della serie originari e che non vogliono dire addio al vecchio ciclo prima di avervi fatto un’ultima, prolungata e temeraria visita. Per i nuovi utenti è caldamente consigliato di prendere il titolo con le pinze e di cimentarvici solamente se alla ricerca dell’essenza più ostica della saga, o per continuare un viaggio che potrebbe essersi quasi esaurito, dopo aver apprezzato ogni venatura del magnifico nuovo mondo.