For Honor: Marching Fire Recensione, la risurrezione dalle ceneri

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Se vi è un titolo che ha meglio racchiuso l’essenza stessa di Ubisoft, quello è forse For Honor che con le sue grandi aspettative ed un lato artistico vicino all’impeccabile ha riempito di sogni i giocatori di ogni dove. Sempre secondo una ricorrente prassi, For Honor ha deluso parte dell’utenza e ne ha trascurata un’altra buona fetta, come un’aquila che ghermisce la preda ma non si ferma a consumarla con il resto del nido, forse perché indaffarata in altri progetti, forse per qualche altro inafferrabile motivo. Infatti l’opera realizzata da Ubisoft Montreal aveva incantato centinaia se non milioni di giocatori durante le fasi di beta, che tuttavia già mostravano la fragilità degli scricchiolanti server deputati ad ospitare l’azione brutale del titolo costruito ad hoc per il multiplayer online competitivo. La poco trascurabile falla non ha fatto che nascondere molte delle potenzialità di For Honor, che però era evidente agli amanti del genere ne avesse da vendere. Ma non finisce qui, poiché le mosse degli sviluppatori si sono rivelato controverse anche per la bizzarra struttura RPG che il titolo invece fortemente incentrato sull’azione e sulla competizione (più stile picchiaduro) aveva preso in assenza di una modalità classificata e di un sistema di classificazione dell’abilità dei giocatori (Elo) con rispettivo matchmaking applicato. For Honor non aveva fatto che perdere proseliti, sinché all’orizzonte del terzo giorno un’alba infuocata ha rischiarato la marcia della nuova incandescente espansione.

Una nuova concezione dell’onore

Per essere combattenti onorevoli, come poc’anzi accennato, non è solo necessario combattere con valore, è altrettanto imperativo fare sì che ciò avvenga per una buona causa. Ciò può difficilmente avvenire nell’eventualità ove non vi siano ambizioni o prospettive, ma ci si limiti prettamente a divertirsi, a discapito dei novizi o dei meno abili. Il concetto chiave che molte altre produzioni – fra cui Tom Clancy’s Rainbow Six Siege della stessa Ubisoft – hanno ormai sdoganato a livello mondiale, è proprio quello di “sportività” all’interno di quelli che sono i titoli nati per favorire la competizione fra giocatori. Infine la casa francese è riuscita, con il tempo, ad integrare ciò che aveva fatto in precedenza con l’FPS tattico a squadre: un vero sistema di ranking, con livelli di abilità e partite classificate che esigono il massimo del fair play. Dal Bronzo al Master, ogni giocatore può così progredire nella scalata verso la vetta del server, giocando con rivali di livello simile. Ciò ha garantito che la community riprendesse linfa vitale, e tornasse ad esigere un bilanciamento certosino del titolo, cosa che gli sviluppatori non hanno mancato di fare con Marching Fire ed il susseguirsi delle stagioni: For Honor è finalmente entrato tra i titoli papabili dell’epiteto di eSport. In ultimo, a permettere e favorire questa transizione, l’ultima espansione ha portato una modifica sostanziale al sistema di oggetti, inventario/build: niente più statistiche a rendere giocatori più forti sulla carta di altri, ma bensì un sistema di talenti, sempre sbloccabili con la progressione ma che fornisce bonus più sensati e tattici. Ubisoft ha ascoltato il feedback degli utenti, e noi gliene siamo estremamente grati.

Un’espansione per tutti

For Honor: Marching Fire è allo stesso tempo un’espansione per coloro che l’acquisteranno come DLC e un free update per tutti gli altri giocatori. Nel secondo caso saranno comunque disponibili (da comprare) i quattro nuovi eroi della nuova fazione Wu Lin, come anche la modalità Assedio, di cui più avanti. La nuova modalità PvE coop denominata Arcade invece rimarrà, per il momento, prerogativa di coloro che avessero effettivamente messo mano al portafoglio per aggiudicarsi l’espansione completa. Si tratta di una gradita aggiunta per il single player o per giocare con un amico e replica l’omonima modalità dei tradizionali picchiaduro 2D, con un pizzico di storia data dalle brevi linee introduttive ai vari combattimenti e la variabilità data dai modificatori. I combattimenti infatti, dove spesso ci si trova in inferiorità numerica, sono resi imprevedibili da bonus/malus casualmente assegnati ai contendenti. Rimane comunque il fatto che giocare contro il computer anche in For Honor: Marching Fire risulta poco soddisfacente o estremamente frustrante, con un IA alcune volte inerme altre ingestibile che poco ha a che vedere con il comportamento e la sensazione di affrontare un giocatore reale. Grazie alle dinamiche inedite generate dai modificatori la Modalità Arcade rimane un’aggiunta gradita ma non essenziale alla produzione, rappresentando un ottimo modo per imparare a gestire le combo più complesse.

Dalla Cina con furore

Veniamo dunque ora ai bellicosi eroi della neo introdotta fazione cinese. Il primo in ordine di difficoltà è l’avanguardia: il Tiandi. Nonostante sia forse il meno complesso da padroneggiare tra i Wu Lin,  il guerriero armato di dao – una spada-falcione maneggiabile a una o due mani – è agile e letale, con un set di mosse rapido e la possibilità di effettuare spettacolari attacchi in schivata, concatenabili con l’iconico colpo di palmo o un calcio alla taekwondo in grado di scagliare a terra il nemico. Il Jiang Jun è invece un eroe ibrido, che con il suo temibile guandao è specializzato in colpi ad area, con un raggio d’azione incredibilmente elevato. I suoi attacchi lenti e telegrafati però rendono la sua curva di apprendimento più ripida di quanto si possa pensare. La Nuxia è il corrispondente della Pacificatrice, del Berserk o dello Shinobi: le sue hook blades permettono di intrappolare i nemici che bloccano o tentano di spezzare le difese, costringendoli ad adottare tattiche completamente inedite. L’eroe Wu Lin più complesso e anche più tematico è l’iconico Shaolin, armato del suo lungo bastone. La postura Qi permette di caricare un attacco senza rilasciarlo per potenziare le mosse successive: le combo possibili sono molteplici e acquisire maestria col monaco rasato richiederà ben più di qualche ora.

Difende quell’ariete!

Dulcis in fundo, Marching Fire introduce una nuova modalità online denominata Assalto che ridefinisce il concetto stesso di team play all’interno del gioco: due team si alternano nell’assediare varie fortezze (dipendentemente dalla mappa) ed espugnarle grazie ad un immenso ariete. Intorno a quest’ultimo gravita l’intera modalità, decisamente più in tema con il setting del gioco rispetto a Dominio e assai più complessa grazie alle mappe più articolate e alle varianti tattiche costituite dalle baliste e dai pentoloni d’olio bollente a disposizione dei difensori. La presenza scenica di questo tipo di match è immensa, portando il titolo su nuove vette e creando un precedente per una modalità competitiva a squadre iconica di For Honor e papabile per partite classificate e tornei al cardiopalma. Le mappe sono artisticamente ancora più ispirate delle loro controparti delle altre modalità, ed i minion gestiti dall’IA assumono diverse fattezze ed abilità: gli arcieri mineranno il lavoro dei difensori sul fronte di guerra, mentre i picchieri non sono affatto da sottovalutare (potrebbero seriamente mandarvi al tappeto). In definitiva Assalto è una modalità dalle molte pretese, ma che riesce in ogni frangente a convincere grazie ad un uso portentoso della sceneggiatura, mappe ben strutturate ed un buon bilanciamento fra assalitori e difensori, aggiudicandosi a pieno titolo il trono di modalità prediletta dai fan.

For Honor: Marching Fire è l’espansione della svolta, quella che sterilizza il titolo di Ubisoft dalle impurità maturate dal lancio del gioco originario. L’ultima versione dell’opera rivela non solo i difetti colmati, ma anche l’abitudine della software house francese a non abbandonare i propri giochi a sé stessi, con un supporto duraturo e strenuo, finalmente in grado di far brillare l’opera di luce propria e di darle finalmente il lustro che le spetta. Le migliorie grafiche, la modalità Arcade, i nuovi quattro eroi con le nuove mappe e la modalità Assalto rendono quest’espansione un must-have per gli appassionati e fanno ben sperare per il futuro di For Honor. Anche sul frangente competitivo il gioco sta sfoggiando le potenzialità grezze inespresse nel primo anno, con una vera propria ladder e l’eliminazione della deriva RPG che minava proprio il bilanciamento di un multiplayer tra i migliori del genere sull’attuale generazione.