Maledetto Pippin: la disfatta della prima (e unica) console ideata da Apple

Risalente al famoso periodo di intervallo tra una Jobs Era e l’altra, il progetto Pippin saltò fuori dalle fucine della Apple intorno alla metà degli anni ’90, periodo in cui molti marchi sostanzialmente estranei al mondo dei videogiochi tentarono di entrare nel business delle console sfruttando l’assist dei novelli supporti digitali.

Apple concepì la tecnologia Pippin con lo scopo di cedere la licenza di produzione a terzi, nel caso specifico Bandai, sottraendosi così agli oneri legati alla realizzazione e al lancio della console.

Memori del fallimento registrato ad inizio decennio da Philips con lo sfortunatissimo CD-i, i vertici della compagnia di Cupertino decisero inizialmente di allinearsi alle strategie di mercato adottate prima da Sega con il Mega CD e quindi dalla 3DO Company di Trip Hawkins con l’omonima console: non appena delineati i connotati tecnici del progetto essi optarono infatti per affidarne lo sviluppo a terzi.

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Il prezzo di lancio del Pippin negli States equivaleva a 599,00 Dollari dell’epoca: una cifra ritenuta da tutti decisamente spropositata per gli standard di allora.

Ad aggiudicarsi quello che, almeno inizialmente, dovette apparire come un appalto molto vantaggioso sarebbe stata Bandai, all’epoca uno tra i colossi industriali nipponici di maggior rilievo, che aveva peraltro mostrato già interesse a produrre un hardware basato proprio su tecnologia Macintosh.  Per un brevissimo intervallo di tempo, furono in tanti ad ipotizzare un futuro più che roseo per la novella joint, ma le cose avrebbero presto preso una piega differente.

L’architettura interna del Pippin prevedeva la presenza di un Processore PowerPC 603e cui andava abbinandosi una versione alleggerita del MacOS. Oltre a montare un CD-ROM 4X la console ospitava una scheda video compatibile con i televisori dell’epoca, garantendo, tra l’altro, la possibilità di supportare Internet.

Ancor prima di levare i calici al varo della macchina, i responsabili del progetto si resero infatti conto di non avere le spalle abbastanza larghe per far fronte alla concorrenza: troppo saldi i rapporti tra Sega, Nintendo e gli sviluppatori più in voga all’epoca, troppo evidente la carenza di esclusive da abbinare al lancio dell’iniziativa e troppo poco il tempo a disposizione per realizzarle internamente.

Il catalogo software Pippin comprendeva una manciata di titoli dal profilo piuttosto basso e le performance altrettanto deludenti. Tra questi si distinse, comunque, Super Marathon (1995, Bungie Software Corp.):; una compilation comprendente lo storico FPS Marathon (1994) e il rispettivo sequel Marathon: Durandal, entrambi considerati quali antesignani del progetto Halo.

Se aggiungiamo al tutto il mancato supporto di Electronic Arts già legata a doppio nodo col progetto 3DO e l’imprevedibile successo registrato dalla Playstation Sony nei suoi primi mesi di vita, è facile comprendere i motivi della repentina debacle che travolse il Pippin.

Altro titolo degno di nota fu The Journeyman Project: Pegasus Prime (1996 – Bandai / Presto Studios) Remake dell’adventure digitale Journeyman Project risalente al 1993.

Dopo una sterile apparizione sui mercati nipponico e statunitense a cavallo tra il 1995 ed il 1996 che fruttò alla Bandai un venduto pari ad appena 42.000 unità su 100.000 pezzi prodotti, la compagnia nipponica decise di porre fine alla produzione hardware, non prima di aver girato i diritti di sviluppo del sistema alla major norvegese Katz Media.

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Il modello di Pippin edito dalla Katz Media presentava colorazione differente, ma prestazioni identiche.

Schernita dai media e mortificata di un catalogo software comprendente poco più di una ventina di titoli, la prima e finora unica console mai concepita da Apple sparì dunque dalla circolazione sul finire del 1997, lasciando dietro di sé uno stuolo di promesse mai mantenute… E una comunità di collezionisti quanto mai attiva.

ACCESSORI E PERIFERICHE

Il Pippin disponeva di una nutrita serie di accessori e periferiche. Ad eccezione del Pad, nessuna di esse trovò concreti margini di applicazione.

apple-bandai-pippin-1995Caratterizzato dalla seducente linea aerodinamica, ma non proprio ergonomico, quest’ultimo presentava inquietanti analogie col Duke, futura interfaccia di controllo della prima Xbox: notare ad esempio la distribuzione e la colorazione dei pulsanti principali.

PippinKeyboardNel caso in cui qualcuno avesse avvertito l’impellente necessità di utilizzare la console come un vero PC, sarebbe stato anche possibile collegarvi la pratica tastiera da viaggio con tanto di Pannello LCD Laptop e penna ottica di supporto.

PippinFloppyDockEvidentemente incerti della concreta affidabilità dei CD, i progettisti della console optarono anche per la produzione di un’add-on adibito alla lettura dei comuni floppy da 3.5 Pollici, il quale andava eventualmente collocato al di sotto della macchina e collegato ad essa tramite apposito plug.

mouseDulcis in fundo, la possibilità di collegare alla macchina un prodigioso Modem a 14.400 bps grazie al quale la console avrebbe potuto navigare su Internet sfruttando l’esclusivo Bandai Digital Entertainment Management: un servizio web gestito dall’omonima compagnia nipponica il cui costo era di circa 2.000 Yen mensili, escluse spese di abbonamento telefonico.

Nato e cresciuto sulle pagine di Game Republic dove ha diretto per generazioni la sezione Time Warp, Gianpaolo Iglio ama il retrogaming e lo considera una seconda vita. O una seconda amante. Ha scritto un libro sulle avventure Sierra e insegna Game Journalism e Storia del Videogame alla VIGAMUS Academy con Metalmark.