Pokémon: Let’s Go, Pikachu! & Eevee! Recensione, quanto è bello il primo amore

Pokémon: Let's Go Pokémon GO

Quando è uscito Pokémon Blu io avevo 9 anni. Lo desideravo con tutto il cuore, ed ho pellegrinato in innumerevoli negozi per impossessarmene. I giorni seguenti ero totalmente affascinata dal gioco: i miei genitori, preoccupati, mi imposero di spegnere il Game Boy alle 20.30 per andare a dormire. Il mio ingegnoso piano consistette quindi nel giocare sotto le coperte, con tanto di torcia e biscotti, un piacere proibito come ne ricordo pochi nella mia vita. I capitoli successivi della saga mi hanno accompagnato nella crescita, ed associo ad ognuno di essi un periodo preciso della mia storia e le persone con le quali li ho giocati: sono indissolubilmente legati a ricordi personali. Questa manfrina, che sicuramente qualcuno troverà eccessivamente romantica, serve a sottolineare un concetto fondamentale, ovvero quanto una serie di videogiochi ventennale possa diventare importante e significativa, tanto da legarsi a doppio nodo agli eventi passati e alle esperienze. Serve inoltre a dichiarare a gran voce quanto possa essere difficile per me essere obiettiva nell’occuparmi di un gioco di Pokémon, poiché alla mia competenza di due decenni si associa una buona dose di nostalgia e affetto. Pokémon: Let’s Go, Pikachu! mi ha messa a dura prova, principalmente perché mi ha fatto comprendere a pieno quanto passi in fretta il tempo, e quanto la serie sia diversa, nel bene o nel male, da quando la giocavo sotto il piumino (Qui per la nostra prova avvenuta a Milan Games Week).

Pokémon: Let's Go

Kanto è la prima regione mai apparsa nel mondo dei Pokémon e non è certamente un luogo tranquillo: brulica di grotte e di allenatori pronti alla sfida. I vecchi titoli erano decisamente più impegnativi di quelli odierni e mettevano alla prova l’allenatore con file infinite di scontri, a cui era difficile sottrarsi, oltre a presentare mappe più intricate delle attuali. Di conseguenza scegliere questa regione come re-ambientazione per un gioco di Pokémon pensato per saper coinvolgere anche i novizi è stata una scommessa: è stato necessario bilanciare una difficoltà al ribasso con una quantità di contenuti sufficiente a intrattenere i fan della serie. La nuova Kanto è in verità abbastanza simile alla vecchia, e non sono stati fatti grossi sconti sulla complessità dei dungeon, che appaiono ben strutturati e impegnativi, né sugli scontri, i quali sono rimasti quasi come gli originali. Le differenze maggiori nel sistema di combattimento sono dovute al tentativo di riprendere le meccaniche della prima generazione: di conseguenza sono assenti gli strumenti da far tenere ai Pokémon e le abilità, oltre ad una grande quantità di mosse che non è possibile recuperare e far apprendere (sono presenti solo 60 MT, peraltro ben selezionate, e non è consentito produrre uova). Sono invece presenti le nature dei Pokémon e le IV, oltre ai nuovi typing introdotti negli anni quali buio, acciaio e folletto: tutto ciò crea una sorta di ibrido tra vecchio e nuovo, peraltro abbastanza interessante da studiare. La generazione d RGB era notoriamente sbilanciata, con un eccessivo potere di alcuni Pokémon tra cui quelli psico, e qualche correzione sarebbe certamente gradita, ma viene spontaneo chiedersi con quale criterio sia stato scelto cosa mantenere e cosa no. Il risultato del mix sono delle battaglie abbastanza simili alle originali in-game, tanto che davvero non si sente la mancanza degli elementi andati perduti. Molto diverso è il discorso per il competitivo, è chiaro come Pokémon: Let’s Go non si proponga a quel target di giocatori, ma curiosamente introduce comunque un nuovo sistema di distribuzione delle EV e la possibilità di modificare le nature dei Pokémon, caratteristiche pensate praticamente solo per chi gioca contro altri esseri umani, visto che contro la CPU è (in genere) del tutto superfluo allenare i nostri mostriciattoli con tale cura.

Pokémon: Let's Go

Il discorso cambia completamente parlando del sistema di cattura dei Pokémon, ovvero l’altra pietra miliare della serie: la meccanica è stata completamente rivista, ispirandosi a GO. In Let’s Go non è più necessario combattere contro i mostriciattoli selvatici, bensì siamo tenuti a centrarli con la Sfera Poké, tentando di ottenere un buon lancio. È possibile tentarli con esche e delizie varie, tattica necessaria con i Pokémon più sfuggenti, che richiedono parecchio impegno (e maledizioni) per essere catturati. All’inizio del gioco non ho incontrato nessuna difficoltà nell’ottenere nuovi piccoli alleati, e mi ero ingenuamente convinta che il tutto fosse diventato facile e immediato. Poi ho incontrato Chansey, che dopo avermi fatto sprecare diverse ultra ball è fuggito, lasciandomi con un palmo di naso: questo nuovo meccanismo richiede buona mira ma anche discreti riflessi, poiché dopo qualche secondo la nostra preda può filarsela a gambe levate. Pur essendo perciò più semplice rispetto al classico combattimento, non ci consente di distrarci neanche un secondo, rendendo il tutto in un qualche modo più realistico. La nuova metodica si accompagna ad una maggiore rilevanza del collezionismo di Pokémon, che diventa assolutamente fondamentale: catturarli è l’unico modo per far allenare la nostra squadra, battaglie contro avversari esclusi, e con la giusta strategia è possibile ottenere una quantità esagerata di punti esperienza. La tattica consiste nel creare una catena di catture, cacciando più volte di fila lo stesso Pokémon: così facendo non solo si ottengono più PE, bensì aumenta la probabilità di trovare Shiny o mostriciattoli con IV di qualità. Il chain era presente anche nei titoli precedenti, ma qui assume una rilevanza maggiore e soprattutto è più facile da gestire, considerando che i Pokémon sono visibili su schermo e non c’è più necessità di affidarsi agli incontri casuali, che garantivano un certo margine di errore. Di tutti i cambiamenti introdotti, ho particolarmente gradito la scomparsa delle lotte random nell’erba alta proprio per questa ragione: vedere le creature prima di affrontarle facilita molto la vita, oltre ad essere decisamente più realistico (come può un gigantesco Nidorino nascondersi nel fogliame?). Si potrebbe pensare che renda il tutto meno emozionante, ma in realtà veder apparire dal nulla su schermo una preda rara fornisce la stessa scarica di adrenalina di sempre.

Pokémon: Let's Go

Il nostro viaggio tra le pianure di Kanto mantiene un tono allegro e spensierato, grazie anche alla presenza dello starter che ci accompagna. Che abbiate preferito la versione con Eevee o con Pikachu poco cambia: un adorabile e morbido esserino è con noi in ogni istante, e possiamo coccolarlo e vestirlo a nostro piacimento. Questi titoli sono in effetti starter-centrici, nel senso che tutto gira attorno al rapporto col nostro primo Pokémon, che ci viene peraltro fornito con le IV ideali e le statistiche pompate, dimostrandosi una discreta macchina da guerra. Oltre a buone caratteristiche, lo speciale Pokémon iniziale è in grado di imparare mosse esclusive, Eevee in numero doppio rispetto al roditore giallo, che gli consentono di rimanere competitivo durante la storia pur non evolvendosi. Oltretutto, i nuovi attacchi sono splendidi e spassosi da vedere: Pikachu che fa surf è un vecchio classico. Il nostro legame con lo starter riporta in auge il sempre valido concetto dell’amicizia tra allenatore e Pokémon, che in Let’s Go viene esaltato all’ennesima potenza: non si tratta solo di belle parole, ma di fatti concreti. Come nel capitolo precedente, se uno dei nostri mostriciattoli ci vuole bene è in grado di curare da solo da alterazioni di stato o di evitare gli attacchi, ma in più in questo gioco ottiene notevoli boost delle statistiche, che possono davvero fare la differenza. È persino troppo invasivo durante i combattimenti, nei quali può capitare di sentirsi come truffatori quando il proprio Pokémon guarisce da solo dall’avvelenamento mandando all’aria l’accurata tattica del nemico. Ma l’amore è amore.

Pokémon: Let's Go

Dal punto di vista tecnico, Game Freak ha come al solito svolto un compito egregio. Le mappe sono di nuovo a quadretti, accendendo l’odio di molti fan della serie, ma sono davvero attraenti. I cespugli in fiore, i lampioncini e gli arredamenti delle case sono solo piccoli esempi dei tanti dettagli sparsi qua e là, che riescono a rendere più viva e gradevole Kanto. Il lavoro migliore è stato a mio parere svolto con i modelli dei Pokémon, che sono davvero graziosi e molto bene animati: è bellissimo vedere l’espressione determinata di Pikachu che si lancia nella lotta, o i movimenti durante attacchi molto coreografici. Va segnalato qualche calo di frame rate nei momenti più concitati, ovvero quando sono presenti a schermo numerosi Pokémon selvatici, come ad esempio a Monte Luna. Il solito, meritato, applauso va rivolto alle musiche orchestrate, che sono magnifiche e nostalgiche. Lavandonia vi dice niente?

Pokémon: Let's Go

Il problema maggiore di Pokémon: Let’s Go siamo noi fan della serie, rimasti delusi fin dall’annuncio del titolo. Ciò che desideravamo era la nuova generazione, un capitolo main curato e mastodontico che avrebbe consentito alla saga di approdare su Nintendo Switch con grande stile. Volevamo le scintille, insomma, mentre ci è stato offerto un gioco delizioso ma con poco pepe. Let’s Go fa rivivere l’avventura di Kanto con una grazia inaspettata e offre decine di ore di divertimento nel completare la storia (e poi altre ancora), ma pecca nel riuscire a far entusiasmare gli appassionati. Il focus sulla connettività con Pokémon GO è stato vissuto come una sorta di tradimento, come uno stendardo che dichiarava a grandi lettere che questa opera è per un altro target, ovvero i casual, i giocatori che non hanno una storia alle spalle con questa serie e non sono emotivamente coinvolti quanto chi la conosce fino all’osso. È difficile comprendere se la criticità sia nata per una errata presentazione del capitolo (cosa di cui in parte sono convinta) o per un pregiudizio dei giocatori, ma trovo che Pokémon: Let’s Go sia un titolo apprezzabile e godibile da tutti. Ci sono riferimenti che solo un appassionato può cogliere, ma il suo ritmo leggero e spensierato permette di poter coinvolgere nel mondo dei Pokémon anche i più restii. Va però ammesso che alcune limitazioni siano reali: trovo incomprensibile non avere inserito un online degno di questo nome, specie considerando i passi avanti fatti con gli ultimi titoli. Per essere pensato per i giocatori più social, Pokémon: Let’s Go in questo pecca clamorosamente, consentendo sì di interagire con gli amici, ma non di scambiare o lottare liberamente con il mondo intero. Credo inoltre che qualche elemento extra sarebbe stato gradevole: ci sono qua e là piccole sorprese, alcune geniali, ma inserire qualche “regalo” per i vecchi giocatori avrebbe fornito una ragione in più per rivivere (anzi ri-ri-rivivere, per molti) questa avventura. Alcune delle nuove meccaniche introdotte sono comunque interessanti e potenzialmente valide, e sono certa che verranno sfruttate in futuro nella serie principale.

Pokémon: Let's Go

Giocare con la Poké Ball Plus ha invece scatenato in me emozioni contrastanti. Bella è bella, e usarla per catturare i mostriciattoli regala una indubbia soddisfazione, specialmente considerando che si ottiene un bonus di esperienza se la si utilizza. I suoni e le vibrazioni possono rendere la cattura davvero coinvolgente, mentre durante le battaglie tendono a risultare assordanti, e non ho trovato un modo per regolarli adeguatamente. Il punto dolente è utilizzarla per muoversi in game: non si poteva in effetti pretendere che fosse un controller comodo vista la sua forma, ma può essere davvero frustrante doverla usare, ed ho presto ceduto ai classici Joy-Con. O anche alla modalità tablet: su portatile, dove da sempre siamo abituati a giocare agli allenatori, Pokémon: Let’s Go è meraviglioso. Ad ogni modo, la Poké Ball Plus regala Mew, che è un motivo valido per volerla avere disperatamente, oltre al potersela portare in giro in borsa fingendo che i Pokémon siano reali, e che viviamo quindi in un mondo bellissimo.

Pokémon: Let’s Go, Pikachu! mi ha sorpreso positivamente. Credevo che non fosse un titolo pensato per me, da fan di vecchia data, invece mi ha fatto sentire subito a casa. Presenta qualche limite, ma offre divertimento e introduce nuove meccaniche che potrebbero colorare di nuove sfumature la serie principale. Sono tornata a Kanto e non me ne andrò tanto presto.

Mangiatrice compulsiva di sushi e cibarie di ogni genere, ama alla follia tutto quello che è Nintendo, non disdegnando neppure il dorato mondo dei Pokémon. Videogioca sin da quando era bambina, ed ora che è grande forse lo fa addirittura più di prima. Anzi, sicuramente.