Sega Mega Drive Classics Recensione, genesi di Genesis

SEGA Mega Drive Classics

Tutti presi dalle mini console quando, alle volte, basterebbe una collection fatta bene per rispolverare in maniera persino più comoda e veloce i bei vecchi tempi andati. Nel caso di specie, Sega Mega Drive Classics ci riporta davvero indietro di oltre 20 anni, catapultandoci all’interno di una cameretta in puro stile “millenovecentoqualcosa” dove, sulle mensole, trovano posto 53 cartucce della console Sega più venduta di sempre. Quel Mega Drive capace, nella prima metà di quella gloriosa decade, di mettere i bastoni tra le ruote al colosso Nintendo, intaccando per un periodo le quote di mercato della casa di Super Mario e, per sempre, l’immaginario collettivo di milioni di videogiocatori. Tra quei videogiocatori, c’ero pure io. Hai voglia, oggi, a fare il figo parlando della superiorità del level design di un Mario piuttosto che di un Sonic. La verità è che, all’epoca, il sangue di Mortal Kombat nella sua versione Genesis, ebbe su di me un fascino superiore a qualsiasi raffinato gioco di piattaforme. E così, per Natale, pretesi un Mega Drive, teneramente trovato impacchettato sotto l’albero illuminato. Quel giorno, fui il dodicenne più felice del mondo.

Sega Mega Drive Classics

Ricordo, c’era un tempo…

Davvero tanto tempo. In termini videoludici, praticamente un’eternità. Col senno di poi, per l’occasione tirato fuori dai cestoni riempiti in 37 anni di vita, la softeca del Mega e è invecchiata peggio rispetto a quella di Super Nintendo e Neo Geo. Colpa, in linea generale, di conversioni da sala mirabolanti ai tempi, ma claudicanti oggi, quando un qualsiasi emulatore può sottolineare quelle magagne su cui, tante volte, si sorvolava. Eppure, Sega mega Drive Classics, allo stesso tempo, mette in risalto pure i meriti di un hardware coraggioso, meravigliosamente sostenuto da una casa madre in stato di grazie, ma anche da un importante supporto di terze parti. Erano altri tempi, appunto. Quando nelle camerette dei ragazzini trovavano spazio piccoli e pesanti televisori da 14 pollici circondati dai poster dei calciatori o, chissà, dei protagonisti di quei videogiochi d’annata, rigorosamente fatti di pixel. La raccolta di Sega punta a ricreare quel contesto, grazie alla riproposizione di una “cameretta” modello dove, sotto la tv, trova posto il Mega Drive virtuale. Le cartucce, davvero troppe per le possibilità finanziarie di un qualsiasi bambino, sono ordinatamente posizionate sulle mensole, favorendo la selezione e, quindi, il sempre virtuale inserimento all’interno della console. Si tratta di un menu atipico, evidentemente più ricercato rispetto alla “concorrenza”, eppure altrettanto comodo. Comodo come la possibilità di modificare alcuni parametri propri dell’emulazione, di questo si tratta, degli oltre 50 titoli presenti nella collection. Dai filtri grafici per smussare i pixel, sino al “ratio”, passando anche per la possibilità di giocare direttamente sullo schermo “catodico” della piccola televisione. La personalizzazione dell’esperienza, almeno da un punto di vista visivo, è piuttosto ampia e abbraccia, quindi, varie tipologie di retro giocatore. E d’altro canto, nonostante qualche piacevole eccezione, ci sono pochi dubbi che l’operazione sia stata portata avanti, sino a giungere anche su Nintendo Switch, con in testa i giocatori più anziani. Chiamati, ancora una volta, a “sorvolare” alcune deficienze tecniche per godersi un gameplay, alle volte, semplicemente vecchio e, altre ancora, talmente valido da resistere allo scorrere del tempo.

Sega Mega Drive Classics

Ninja, alieni e porcospini

Nel mezzo, ovviamente, un sacco di altra roba. La raccolta è numericamente opulenta, ponendosi, da un punto di vista prettamente quantitativo, un gradino sopra all’offerta celebrativa di altre case. Nella piccola cartuccia, trovano posto Alex Kidd in the Enchanted Castle, Alien Soldier, Alien Storm, Altered Beast, Beyond Oasis The Story of Thor, Bio-Hazard Battle, Bonanza Bros., Columns, Columns III: Revenge of Columns, Comix Zone, Crack Down, Decap Attack, Dr. Robotnik’s Mean Bean Machine, Dynamite Headdy, ESWAT: City Under Siege, Fatal Labyrinth, Flicky, Gain Ground, Galaxy Force II, Golden Axe, Golden Axe II, Golden Axe III, Gunstar Heroes, Kid Chameleon, Landstalker, Light Crusader, Phantasy Star II, Phantasy Star III: Generations of Doom, Phantasy Star IV: The End of the Millenium, Ristar, Shadow Dancer: The Secret of Shinobi, Shining in the Darkness, Shining Force, Shining Force II, Shinobi III: Return of the Ninja Master, Sonic the Hedgehog, Sonic the Hedgehog 2, Sonic 3D Blast, Sonic Spinball, Space Harrier II, Streets of Rage, Streets of Rage 2, Streets of Rage 3, Super Thunder Blade, Sword of Vermilion, The Revenge of Shinobi, ToeJam & Earl, ToeJam & Earl in Panic on Funkotron, Vectorman, VectorMan 2 e Virtua Fighter 2. Un mix di classici, veri, e, pure, titoli meno riusciti. Partendo dal basso, proprio Virtua Fighter 2, appare come un tentativo maldestro di traslare in forma 16 bit un picchia duro poligonale troppo complesso per le capacità dell’hardware. Allo stesso tempo, un cult, almeno per l’epoca, come Altered Beast, mostra tutte le rughe di meccaniche obsolete, francamente indigeste non solo alle nuove leve, ma anche agli stomaci più allenati dal tempo e dall’esperienza. Nulla da dire, al contrario, su titoli immortali come i primi due Sonic e il “cugino” Ristar o, ancora, sulla trilogia di Streets of Rage. Si tratta di videogiochi godibili ancora oggi, grazie ad una realizzazione tecnica eccellente e, pure, a un design sopraffino. Meno lusinghiero il giudizio su conversioni da sala tecnicamente riuscite ma pudicamente poco interessanti, come Space Harrier, o su titoli originali che, semplicemente, sono invecchiati male, come il povero Alex Kidd. Il succo della raccolta, piuttosto, è tutto racchiuso in quelle piccole perle, ingiustamente dimenticate, che hanno reso la softeca Mega Drive varia, originale e, come si diceva un tempo, semplicemente “cool”. Un gioco come Alien Soldier, pur rapportato ai canoni moderni, resta un capolavoro per dinamiche, ritmo e leve design. Lo stesso dicasi per l’action shooting Gunstar Heroes o per lo splendido RPG Beyond Oasis. E ancora, a coccolare il retrogamer c’è la serie Shinobi, quella di Golden Axe e un sempre verde Comix Zone. Insomma, in mezzo a giochi dimenticabili, c’è, pure, davvero tanta roba buona. Roba di valore intrinseco dell’opera, pur ripulita dalla dolcezza dei ricordi e dal piacere della memoria.

Sega Mega Drive Classics

L’eredità del Mega Drive

La raccolta è quindi di pregio e racchiude, oltre alla storia, centinaia di ore di gioco. È vero, come si è detto, che alcuni giochi , oggi, semplicemente non ce la fanno. Altrettanto vero, pure, come non manchino i picchi qualitativi. Vero, infine, che alcune “mancanze” pesino come macigni. Nonostante tutto, nonostante i numeri e il “contorno”, per altro inficiato dall’assenza di “extra” legati alla storia o alla genesi del prodotto, la collection è incapace di restituire la grandezza del periodo nel suo complesso. Troppi i capolavori assenti, troppi i generi lasciati scoperti. La ludoteca Mega Drive era di ben altro spessore. Basti pensare all’assenza dei picchiaduro a incontri, rappresentati dall’inutile Virtua Fighter, o dei grandi sparatutto giapponesi. Basti pensare, pure, a tutte quelle grandi conversioni arcade, da Out Run ad Hang On, rimaste fuori da una produzione ben studiata, ma impossibilitata per sua stessa natura a meritare l’appellativo di definitiva. Nessun dubbio, invece, sul fatto che la versione Switch, pur ritardataria, sia probabilmente la più godibile. Merito, in questo caso, dell’hardware Nintendo e della sua natura ibrida. I titoli, al netto di filtri, scan lines e proporzioni, rendono sicuramente meglio sul piccolo schermo di Switch, dove gli spigoli della pixel art vengono esaltati in maniera eccellente.

Mega Drive Classic è un prodotto di qualità, destinato ad una particolare fetta di pubblico a caccia di quelle particolari emozioni che solo il retrogamer conosce. Il numero di titoli presenti, la ricreazione grafica del contesto e, pure, la possibilità di lanciarsi nel matchmaking online, garantiscono una fruizione importante di una parte di storia videoludica che merita, ancora oggi, di essere rigiocata. Allo stesso tempo, l’assenza di extra e, pure, di capolavori oggettivi della vasta ludoteca a 16 bit di Sega, allontanano la raccolta da quell’eccellenza che lo storico marchio e la più riuscita delle sue console avrebbero, senza dubbio alcuno, meritato. Specie su Switch.

Michele Iurlaro è iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti e dei praticanti professionisti. Scrive molto. Scrive troppo. Da troppo tempo