Oltre che un paio di generazioni per il primo e una per il secondo, dall’arrivo di Hitman: Blood Money e Hitman: Absolution sugli scaffali dei negozi fisici e digitali sono passati ben tredici e sette anni. Un tempo enorme, anche per IO Interactive stessa, che intanto ha fatto in tempo a cambiare ben tre publisher: Eidos, Square Enix e ora Warner Bros. Proprio quest’ultimo sembra essere l’alleato ideale per un rilancio della saga in questi anni e nel prossimo futuro, seguendo la formula delle stagioni (qui trovate la nostra recensione della seconda). Non di solo avvenire campa però l’industria, e in quest’ottica un’operazione come la Hitman HD Enhanced Collection, volta a valorizzare il più possibile le due avventure più recenti del “vecchio” 47,Ā giunge perfettamente sensata.
BenchĆ© le effettive differenze fra i due non siano affatto poche, la scelta di accorpare insieme proprio Blood Money e Absolution non ĆØ affatto incomprensibile. Entrambi, ma soprattutto il periodo intercorso fra loro, hanno segnato il momento più difficile per la sopravvivenza della saga legata ad uno degli assassini più noti al mondo. E, ognuno a modo loro, hanno rappresentato due diversi modi di interpretare l’Agente 47: l’uno come massima estremizzazione dell’era PlayStation 2 e Xbox, l’altro come un’evoluzione che cercava di traghettare il franchise verso una deriva più cinematografica e d’azione. Blood Money, nonostante l’impietosa carta d’identitĆ segni “2006” alla voce “anno d’uscita”, resta ancora oggi uno dei migliori capitoli che la serie abbia saputo produrre. Nella visione del team danese, il gioco doveva per la prima volta provare a uscire dai cardini della prima trilogia e risultare meno pesante da giocare, grazie a meccaniche più derivative e permissive che gli permettevano di aprirsi a quella deriva sandbox che oggi, in maniera decisa e quasi prepotente, caratterizza la serie. Questa struttura, che all’epoca poteva sembrare rivoluzionaria, ĆØ stata ovviamente superata negli anni da molti altri paradigmi ludici (compresi quelli di Absolution), anche a causa di una progressione ben più concentrata e lineare rispetto a quanto siamo abituati a vedere oggi. A 47 venivano affidati obiettivi sostanzialmente semplici, da portare a termine nel modo più silenzioso possibile e senza colpo ferire, con, al massimo, qualche sperimentazione concessa dall’estro di IO Interactive nel level design, il quale, concepito “a scala” verso il proprio bersaglio, era ripido ma mai verticale, e a tutt’oggi resta ancora fra i più brillanti mai partoriti da un Hitman. Il focus centrale, inutile dirlo, era l’assassinio, con ogni mezzo: corda di pianoforte, le fidate pistole silenziate o armi di fortuna, concetto, questo, che venne poi notevolmente espanso e potenziato in Absolution, insieme alla camaleontica passione per i travestimenti di 47. Rigiocato oggi, Blood Money ha un sapore un po’ amaroĀ per via della sua etĆ , ma un fortissimo, piacevoleĀ retrogusto hardcore, pronto ancora una volta a mettere a dura prova i puristi dell’assassinio con sfide al limite dell’imprecazione meno ortodossa.
Hitman: Absolution, dal canto suo, segnava un punto di rottura importante rispetto all’era che lo aveva preceduto (come del resto fecero poi anche i suoi principali successori), puntando fortissimo su un approccio cinematografico che si traduceva in una campagna altamente spettacolare, forse meno votata ai tecnicismi, ma condita di filmati ben realizzati e ricchi di momenti coreografici, ricordati con affetto da molti fan (non a caso, insieme a Silent Assassin, ĆØ il capitolo più venduto della serie).Ā Nel primo gioco prodotto sotto etichetta nipponica, IO Interactive aveva rivoluzionato anche la struttura delle missioni, andando oltre la solita sequela di bersagli da uccidere alla fine di un livello sostanzialmente lineare e permettendo ai giocatori di sfruttare l’anima stealth della serie anche per scopi differenti, come il semplice passare inosservati o il recuperare informazioni fondamentali al prosieguo della trama. Ciò non significava affatto, però, che lo spirito originale di Hitman fosse andato perso. Pur forse un po’ meno immediato da scorgere, era sempre lƬ: completare la storia alla massima difficoltĆ , cosƬ come raggiungere il punteggio migliore in ogni livello, richiedeva uno sforzo non indifferente. Per questo era anche giusto che il gioco si aprisse cosƬ tanto alle classifiche e alla competizione, grazie alla componente multiplayer che permetteva di creare e condividere contratti. Dispiace, quindi (ma ĆØ altrettanto logico), che quest’ultima non sia presente nella versione rimasterizzata: se volete cimentarvi online, non vi resta che rivolgervi al più recente Hitman 2. Absolution, poi, introduceva una meccanica volta ad aiutare i novizi ma anche a stratificare un po’ il gameplay: l’Istinto. Si trattava di una barra di energia che permetteva a 47 di valutare tatticamente l’ambiente attorno a sĆ©, scorgere dettagli utili all’eliminazione dei bersagli e soprattutto mettere a segno spettacolari esecuzioni grazie alĀ Tiro Rapido. Quest’ultimo non eraĀ un semplice QTE, come andava di moda in quegli anni, ma una componente da gestire con parecchio sangue freddo, oltre che ben bilanciata: alle alte difficoltĆ si esauriva facilmente e andava ricaricata completando obiettivi principali o facoltativi, oppure veniva completamente disattivata.
Il problema più grosso dei due Hitman presi in esame, soprattutto il più vecchio, era ed ĆØ ancora oggi il comparto tecnico. Ć impossibile nasconderlo, o anche solo provarci: entrambi, contestualizzati all’epoca attuale, sono invecchiati più o meno male. Blood Money, in particolare, fa quasi tenerezza upscalato su uno schermo 4K, con le sue texture enormi, sparatorie ormai fin troppo legnose e una fisica ai limiti dell’osceno, figli di un impianto tecnico appartenente a un’altra era videoludica. Absolution, forte della sua genesi più tardiva, si difende sicuramente molto meglio sotto tutti i punti di vista e risulta tutto sommato apprezzabile ancora oggi, anche grazie all’ottimo porting per PC di cui potĆØ godere all’epoca e che sostanzialmente rappresenta la base per realizzare questa versione rimasterizzata (a 1080p sulle console base, 4K su quelle mid-gen). Anche lui ha comunque i suoi bei problemucci, legati a questioni tecniche insormontabili per gli engine dell’epoca, come la gestione delle grandi folle (il livello ambientato a Chinatown vi strapperĆ più di una risata) e in generale l’attenzione ai dettagli, piuttosto carente, anche per alleggerire un motore grafico che ai tempi doveva girare su PS3 e Xbox 360. Luci e ombre, insomma, che tuttavia non intaccano la qualitĆ complessiva dell’esperienza come in Blood Money, che, col senno di poi, non può più essere fruito in modo altrettanto piacevole. Se non altro entrambi girano a 60 fps senza mai perdere un colpo, a dimostrazione della bontĆ del lavoro di rimasterizzazione, che non si ĆØ limitato ad un semplice, pigro upscaling ma ĆØ andato oltre, rifinendo più in profonditĆ entrambi i titoli anche nella fluiditĆ . Anche i controlli hanno ricevuto qualche lieve ritocchino (seppure in Blood Money rimanga l’odiosa meccanica del lancio della monetina con la leva analogica), mentre il doppiaggio soffre sempre dello stesso problema di mixaggio audio, fin troppo basso rispetto alla musica e agli effetti sonori. Fortunatamente, il problema ĆØ in parte aggirabile “smanettando” con le impostazioni sonore. La colonna sonora, infine, resta un marchio di fabbrica della serie Hitman: chirurgica a tratti, emozionale in altri (l’Ave Maria, ad esempio, ĆØ indimenticabile), sottolinea l’azione in maniera esemplare, come sempre.
Hitman: Blood Money e Hitman: Absolution sono due videogiochi che hanno fatto scuola, due classici immortali che ĆØ sempre un piacere ritirare fuori e riassaporare ogni tanto. Il primo incarna in pieno l’essenza di Hitman, il secondo ĆØ leggermente più accessibile e adatto non soltanto ai puristi dell’assassinio ma anche a chi cerca “solo” un ottimo videogioco stealth. Entrambi, soprattutto Blood Money, appartengono ad un’era videoludica che ormai non esiste più, un retaggio del passato che bisognerebbe cominciare a mostrare con orgoglio più nei musei che nelle sale giochi, al fine di non perderne la memoria. Eppure, rigiocarli ci ha dato un senso di soddisfazione difficilmente replicabile, e che consiglieremmo a più di qualcuno di provare, specie a chi non ha avuto modo di inserirli nella propria ludoteca nel corso delle passate generazioni. Peccato solo per il prezzo, piuttosto elevato (59,99 euro) e che potrebbe scoraggiare in molti a calarsi nuovamente nei panni del freddo e calcolatore Agente 47.