Nightflyers Recensione, il fantahorror tratto dalle novelle di George R. R. Martin

Nightflyers

Basata sulle novelle di George R.R. Martin (e su un adattamento cinematografico omonimo del 1987), la serie tv Nightflyers può essere considerata un’enciclopedia della fantascienza con tinte horror. È disponibile dal 1 febbraio su Netflix e, appassionato come sono del genere sci-fi, non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di guardarla per scriverne al riguardo. Peccato che, nonostante sia una produzione ottima dal punto di vista tecnico e scenografico e alcune sequenze riescano effettivamente a turbare lo spettatore con jump-scare e momenti di terrore, quando è il momento di tirare le somme il vuoto è totale. O quasi. Così Nightflyers, che prometteva di essere un po’ un “The Terror nello spazio” (nel caso non abbiate ancora visto la serie AMC vi consiglio di farlo immediatamente), non riesce a soddisfare le aspettative – o almeno le mie.

Nightflyers

Lo show, composto da 10 episodi, è ambientato nel 2093 su un’astronave – la Nightflyer appunto – che lascia il sistema solare per stabilire il primo contatto con gli alieni. La speranza è che gli extraterrestri ci regalino conoscenze tali da permetterci di salvare la nostra specie dopo che la vita sulla Terra non sarà più possibile. Rowan (Angus Sampson), lo xenobiologo di bordo, afferma proprio nel pilot: “Siamo un virus che ha ucciso il suo ospite e ne stiamo cercando uno nuovo da infettare”L’equipaggio non ispira certo fiducia: c’è l’astrofisico Karl D’Branin (Eion Mackin) che lascia sua moglie e sua figlia sulla Terra per guidare la missione; Roy Eris (David Ajala), capitano della Nightflyer, che si mostra agli altri membri del team solo come un ologramma; Lommie (Maya Eshet), una biologa che può comunicare con il computer di bordo collegando la rete neurale a una porta dell’avambraccio; e la statuaria Melantha Jhirl (Jodie Turner-Smith) che è stata, ci viene detto, “geneticamente progettata per viaggiare nello Spazio”. Per finire ci sono Thale (Sam Strike), un telepate che si presume possa comunicare con gli alieni, e la sua responsabile Agatha Matheson (Gretchen Mol) – ex di Karl, tra l’altro.

Thale è un personaggio chiave dello show, motivo di discordia e conseguenti battibecchi per l’equipaggio: classificato come L-1, è in grado di sentire emotivamente, psicologicamente e fisicamente ciò che provano le persone intorno a lui. E ancora, è dotato di poteri mentali tali da trucidare o uccidere persone con la sola forza del pensiero, ecco perché viene confinato in un deposito di metallo che ricorda i contenitori dei raptor di Jurassic Park. Lo considero il personaggio più interessante di Nightflyers: non perde mai l’occasione di schernire gli altri a bordo, si sente superiore e non ha timore di darlo a vedere. Il resto dei protagonisti della serie li ho trovati un po’ anonimi, eccezion fatta per Karl, il cui background è leggermente più approfondito rispetto al resto dei membri – nemmeno più di tanto, ma, se voglio salvarne uno, è lui.

Nightflyers

L’influenza di Stanley Kubrick si avverte parecchio in Nightflyers. Non ci sono solo riferimenti a 2001: Odissea nello spazio – come una sessione di jogging a gravità zero, gli esterni della stazione spaziale orbitante, un computer malevolo rappresentato da un occhio rosso incandescente – ma anche all’intramontabile Shining. I personaggi della serie sono tormentati da voci disincarnate, immagini da incubo e ricordi di traumi passati, mentre la loro storia si collega inesorabilmente a quel sottogenere trainato da pellicole iconiche come Solaris, Alien e Punto di non ritorno. Una sorta di “casa maledetta nello Spazio”, se così possiamo definirlo. Peccato che lo show non alchimizzi come dovrebbe gli elementi di queste pietre miliari e non riesca a proporli in un’estetica fresca e distintiva. La sceneggiatura è una raccolta ripetitiva di jump-scare che arrivano a intervalli di circa sette minuti: la trama era probabilmente originale quando George R.R. Martin la scrisse a fine anni ’70, ma oggi è trita e ritrita, pur seguendo la struttura predefinita dell’horror televisivo moderno nel tentativo di ringiovanire la produzione. Il che ha senso, in termini di formato, ma priva anche i registi dell’opzione di costruire e intensificare il disagio per un lungo periodo di tempo, o di usare strategicamente la noia per addormentare gli spettatori mentre viene preparato lo shock successivo. Una volta capito il ritmo della serie, insomma, potreste essere sorpresi da ciò che accade, ma non da quando.

Nightflyers

C’è anche il problema della lunghezza: come molte delle serie tv recenti, Nightflyers ha bisogno di riempire minuti con scene inutili ai fini della trama sebbene la storia non ne abbia effettivamente bisogno, e quindi annoia. Non ho letto il materiale originale di Martin, quindi non ho idea di quanto gli showrunner abbiano attinto dalla fonte e quanto invece l’abbiano stravolta, e sapere che l’autore delle novelle non sia stato direttamente coinvolto nel progetto un po’ mi preoccupa (compare come executive producer, ma solo perché ha scritto il testo originale).

Mi sento di consigliare Nightflyers a chiunque cerchi un fantahorror che sappia spaventare raccontando un viaggio maledetto attraverso il Cosmo. Non esplora contenuti nuovi, ma chi – come me – va pazzo per tutto ciò che riguardi astronavi, Spazio profondo e alieni, potrà comunque apprezzare. Da qualche parte là fuori gli dèi della fantascienza impongono che tutte le opere future ambientate sulla Terra debbano assomigliare a Blade Runner (vedi Altered Carbon) e quelle nello Spazio essere perlopiù copie imbruttite di Battlestar Galactica. Altrimenti non si spiega.

La mia sedia a rotelle è come il kart di Super Mario. In qualsiasi cosa devo essere il migliore, altrimenti ci sbatto la testa finché non lo divento. Davanti a un monitor e una tastiera, però, non è mai stato necessario un grande sforzo per mettermi in mostra. Detesto troppe cose, sono pignolo e - con molta poca modestia - mi ritengo il leader perfetto. Dormo poco, scrivo tanto, amo i libri e divoro serie tv. Ebbene sì, sono antipatico e ti è bastata qualche riga per capirlo.