Un avviso a tutti i lettori che non conoscessero l’opera originale da cui è tratta Alita – Angelo della Battaglia (un manga seminale dei primi anni ’90 scritto e disegnato da Yukito Kishiro): attenzione, ci troviamo nell’ambito della fantascienza distopica più profonda con una pesantissima componente Cyberpunk. Se siete appassionati del genere per voi sarà tutta manna dal cielo altrimenti cercate di prendere confidenza con una rappresentazione a schermo altamente straniante, potrete così godere di un’opera che si farà certamente amare.
Il dottor Dyson Ido (Christoph Waltz) è un chirurgo esperto di biocibernetica in un futuro distopico a più di cinque secoli da ora. Il pianeta è stato devastato da un conflitto interplanetario e l’umanità sopravvive in una megalopoli chiamata Città di Ferro che altro non è se non una discarica a cielo aperto che produce e ricicla materie prime nella propria fabbrica, il tutto per soddisfare i bisogni dell’unica città fluttuante rimasta sul pianeta: Zalem, la città volante dove vivono gli eletti e i privilegiati. Proprio rovistando nel cumulo dei possibili oggetti da recuperare per i suoi impianti di protesi biomeccaniche, il Dottor Ido trova i resti ancora funzionanti (cuore cibernetico e cervello umano) di quello che doveva essere un cyborg altamente sviluppato risalente a ben prima del devastante conflitto. Deciso a riportarla in vita, Ido la educherà a questo nuovo mondo, proteggendola ed istruendola e cercando nel contempo di farle recuperare i ricordi. Scopriranno insieme che Alita (così ribattezzata in onore della figlia morta del dottore) cela portentose doti da combattente e un addestramento da guerriera che va oltre ad ogni immaginazione.
James Cameron ha inseguito questo progetto per quasi vent’anni e finalmente è riuscito a concretizzarlo curandone sceneggiatura e produzione. Che fosse follemente innamorato del concetto originale del manga lo si vede pienamente dal risultato. C’è una cosa che abbiamo imparato tutti del geniale Cameron, nei suoi oltre trent’anni da cineasta: il suo è un cinema molto generoso con gli spettatori, strabordante di suggestioni, visionarietà, talento immaginifico, puro spettacolo francamente opulento. Provate a pensare a Terminator e al suo seguito, si era mai vista roba del genere prima al cinema? Ad ogni nuova opera Cameron alza sempre di più l’asticella, sperimenta con tecnologia all’avanguardia, traccia il sentiero e pone pietre miliari. Devo davvero nominare Aliens Scontro Finale, Titanic, Avatar? Grazie a lui lo spettatore è sicuro di vivere una vera e propria esperienza quando entra in sala, di vedere cose mai viste prima, capaci di far vibrare le corde più profonde dell’anima e far volare in alto, in altissimo la fantasia. Anche stavolta Cameron non si sottrae alle aspettative. Alita è completamente creata con tecnologie già sperimentate in Avatar usando una combinazione di riprese dal vivo e motion capture facciale. La pre-produzione (o meglio lo sviluppo delle tecnologie adatte ad animarla) è in ballo da diversi anni, almeno una decina. Il personaggio principale è modellato sull’attrice Rosa Salazar (che pare abbia davvero fatto battere il cuore al regista durante le audizioni) ma le espressioni del volto e soprattutto la scelta di animare i suoi occhi in computer grafica rendono di fatto Alita una creatura viva a sé stante e dignitosamente indipendente. Inizialmente i suoi grandi (e bellissimi) occhi potrebbero spiazzare, ma ci si fa presto l’abitudine e la scelta stilistica diventa apprezzabile non solo perché omaggio allo stile tutto giapponese di rappresentare i volti nei fumetti, ma anche perché pienamente funzionale alla trama. Alita è altra cosa rispetto a tutti quelli che la circondano: è un personaggio femminile fortissimo, un cyborg, una dea, un alieno, un angelo della battaglia. Non solo: gli occhi di Alita sono un film dentro al film, un accesso diretto alla sua anima. Avete mai guardato un essere umano per così tanto tempo direttamente negli occhi cercando di percepirne ogni sfumatura emotiva? Vi sfido a non innamorarvi di lei, perché il contatto tra Alita e lo spettatore è pressoché intimo e palesemente ricercato. Ellen Ripley e Sarah Connor approvano.
Il talento di Cameron poi sta anche nella capacità di circondarsi delle persone giuste per i suoi progetti, tra casting e collaboratori. Questa volta affida la regia a quel pazzo di Robert Rodriguez. Sì, proprio il compare di Tarantino che ha fatto dello splatter una bandiera in molti suoi film (Dal Tramonto all’Alba, Sin City, Planet Terror, Machete). Quale scelta migliore se non quella di far dirigere un film pregno di combattimenti e di lame ad un esteta degli arti mozzati, ad un coreografo del sangue? Preparatevi psicologicamente ad un’ordalia di protesi, squartamenti e tubi che spruzzano fluidi corporei, nonché ad un pretestuoso e iperviolento sport futuristico chiamato Motorball che altro non è se non la scusa per mostrare ancora più devastazione fisica, ambientale ed emotiva sfruttando tutti i movimenti di macchina pensati per il 3D nativo in cui è stato girato il film. E preparatevi a restare quasi sempre a bocca aperta per lo spettacolo. Gli amanti della fantascienza più dura e visionaria andranno in visibilio.
Alita tuttavia non è solo un grand-guignol cyberpunk, è anche un adattamento di un’opera ricca di letture e dalla trama intricata ed avvincente. Un plauso a Cameron per essere riuscito a ridurre l’opera senza snaturarla riempiendola anche di omaggi che faranno piacere a tutti i lettori e riuscendo ad avvincere in maniera tale che, se finora non avevate letto il manga, sentirete l’impellente bisogno di recuperarlo. L’unico appunto che si potrebbe muovere al film è la scelta di lasciare un finale aperto pronto per gli altri che seguiranno. E’ davvero un problema? Tutte le migliori saghe cinematografiche che abbiamo amato hanno avuto questa caratteristica. E avercene di saghe così fighe, al giorno d’oggi. La carne al fuoco è tantissima, a volte pure troppa. Si può proprio dire che è giunto il momento di appassionarci tutti ad una nuova grande saga, scommetto che era da tanto tempo che non vi divertivate veramente al cinema in questo modo.
Che altro dire per invogliarvi a vederlo? C’è Jennifer Connelly sempre generosamente e opportunamente agghindata, può bastare? A parte gli scherzi il mio consiglio è quello di accettare di buon grado il biglietto che Cameron vi sta porgendo, per l’ennesima volta, e lasciarvi trasportare nell’esperienza unica che ha preparato per voi con tutta la cura possibile. La stessa cura che ci vuole per tagliare in due una lacrima con una una lama.