Horizon: Zero Dawn e tante altre produzioni che adesso non occorre scomodare hanno già dimostrato come gli open world, gli action e le tematiche sci-fi possano andare d’amore e d’accordo, portando alla nascita di piccoli capolavori in miniatura. Dopo averne pazientemente atteso il completamento negli scorsi mesi e aver provato anche la beta, ci aspettavamo che qualcosa di simile avvenisse anche per il promettente Generation Zero di Avalanche Studios; anche perché non si parla degli ultimi arrivati nel settore, ma delle menti dietro giochi del calibro di Just Cause 4, The Hunter e del prossimo Rage 2. Anche le tematiche fortemente evocative e peculiari ci avevano, se non immediatamente catturato, almeno donato una “serena condizione di speranzosa attesa”. Purtroppo, e ormai ne siamo convinti, Generation Zero è un’occasione sprecata. Si porta a casa la sufficienza, ma è la stessa sufficienza di un alunno che poteva tranquillamente prendere un 9 pieno impegnandosi almeno un minimo nello studio pomeridiano, poi trascurato: vi spieghiamo i motivi nella nostra recensione.
Generation Zero: La trama
State tranquilli nella lettura di questo paragrafo dedicato alla trama di Generation Zero, perché non c’è poi troppo materiale che potrebbe rappresentare oggetto di spoiler per il lettore. Anzi, se ci fosse stato paradossalmente per Generation Zero sarebbe stato solo positivo, e noi avremmo speso qualche ora di noia in meno nel suo vasto (e vuoto) mondo open world. Ma proseguiamo per gradi: è il 1989, e l’avventura comincia in Svezia. Non la Svezia che potreste visitare nel corso di una vacanza estiva: un paese chiuso, asfittico, perennemente uggioso e soprattutto circondato e abitato da macchine semoventi dotate di intelligenza. Una volta terminato un rapido editor di gioco il protagonista si ritrova alle prese con una gita in barca apparentemente spensierata: tutto va invece a finire molto pale in pochi minuti, il giocatore si ritrova da solo e sperduto, circondato da ambiente e macchine ostili; macchine grosse a volte quanto una normale vettura, in altri casi quanto un palazzo, tutte rigorosamente vogliose di massacrarlo. Questo è l’inizio di Generation Zero: non si capisce bene il perché e il percome, ma qualcosa di molto brutto è accaduto alla Svezia. In passato, infatti, queste macchine senzienti erano state create per difenderne i confini nell’ottica di una politica isolazionista successiva alla Seconda Guerra Mondiale. Nei fatti (che restano inspiegati) le macchine hanno prese il sopravvento e tutti gli abitanti (tranne noi) sono spariti. Non è la linea narrativa più originale di questo mondo, ma mantiene comunque un proprio fascino: peccato che non venga mai condotta davvero con convinzione da parte della regia, tanto che dopo le prime missioni ci si dimentica semplicemente di quanto sia accaduto nel mondo di gioco e che cosa si stia cercando. L’articolazione delle missioni principali e secondarie è lacunosa e la maggior parte di esse presenta finalità altamente ripetitive e scontate: trovare determinati oggetti, depredare determinati edifici, raggiungere determinati posti, affrontare determinate creature. Tutto così determinato che ci si stupisce della mancanza di un semplice e preciso obiettivo di fondo, fosse stato anche quello di interpretare gli eventi soprannaturali/umani che hanno avuto luogo nel mondo di gioco. I pochi collezionabili presenti cercano di giustificare la situazione surreale, senza riuscirci particolarmente e non offrendo particolari stimoli.
Un super mecha pronto alla distruzione
Il gameplay
Passando dall’esaminare la trama e il contesto di Generation Zero al gameplay di gioco è finalmente possibile tirare un sospiro di sollievo: al netto di alcuni errori e imprecisioni dovuti alla sua gestione, funziona molto bene. Il gunplay è responsivo, immediato, appagante; il sistema di combattimento in prima persona e la quasi totalità di armi da fuoco presenti trovano senso e giustificazione nel mondo di gioco, rivelandosi inoltre funzionali al combattimento contro le gigantesche macchine che infestano la Svezia rurale e urbana. Il tipo di armi presenti è anche sufficientemente variegato e ben gestito dagli sviluppatori; semmai è possibile lamentare una progressione dello sviluppo del proprio personaggio davvero troppo lenta. Per sbloccare una determinata abilità o potenziare un determinato aspetto del protagonista ci vuole davvero tantissimo tempo, troppo per un titolo che di area in area punta a proporre nemici più complessi e agguerriti; troppo nonostante il fatto che vengano parzialmente ricompensate non solo le vittorie, ma anche le fughe da gruppi di nemici numerosi. Risulta infatti possibile approcciarsi a Generation Zero con due diverse tendenze: una coraggiosa e sprezzante verso gli avversari robotici (il più delle volte si rivela anche una tendenza suicida); una più calcolata e strategica, che non disdegna nascondigli, sotterfugi e lo sfruttamento della “deficienza artificiale” delle macchine. Sì, perché i mostri di Generation Zero non sono poi tanto svegli: negli spazi aperti diventano precisi, letali, a volte davvero ostici; in presenza di muretti, scali, semplici piani d’appoggio verticale che nascondano la posizione del protagonista, non riescono invece a capire più nulla e si rincitrulliscono. Valla a capire, la tecnologia.
Pronti alla battaglia
La progressione del giocatore in Generation Zero è fin troppo lineare: si sposta di città in città, di centro abitato in centro abitato, affrontando prima, durante e dopo le macchine bellicose. Presso ogni zona sufficientemente fornita di case recupera medikit, munizioni e armi, cercando di potenziare quelle in suo possesso. E poi si prosegue in questo modo all’infinito, con avversari che diventano sempre più forti e senza alcun vero obiettivo lungo la strada, se non quello di spendere qualche ora in spensieratezza in compagnia dei propri amici (che possono unirsi alla partita in qualsiasi momento, ma i progressi vengono mantenuti solo dall’host della stessa). Generation Zero appare quindi inesorabilmente un prodotto che comincia bene, subito dopo avverte i primi tentennamenti, infine cade e non si rialza più. I difetti possono essere considerati a seconda della preferenza come contenutistici (mostri vari, ma limitati nelle specie; missioni ripetitive e tutte simili; ambienti di gioco tutti uguali) e strutturali (progressione lineare e lacunosa; trama incompleta e parziale; poche meccaniche di gioco, anche se efficienti). Non abbastanza per giustificare un acquisto immediato da parte del consumatore, dato che allo stesso prezzo (e anche a meno) si trova di meglio; le cose potrebbero cambiare naturalmente qualora Avalanche Studios decidesse di tornare sul proprio gioco integrando tutte le mancanze e rivedendo alcuni aspetti che ci sentiremmo di imputare a mancanza di budget o volontà di programmazione.
Generation Zero è un prodotto affascinante ma incompleto, ed è un vero peccato: le potenzialità sono molte, e se avessero lavorato in sinergia avrebbero portato ad un titolo davvero imperdibile per gli appassionati degli action open world a tematica sci-fi. Resta un gioco divertente solo per qualche ora, solo per gli amanti dei robottoni, della Svezia e delle atmosfere surreali da fantascienza novecentesca, il tutto accompagnato da una modalità multigiocatore cooperativa discreta e da un comparto grafico, tecnico e sonoro sufficientemente solido. Per ora Generation Zero si porta a casa la promozione, più avanti si vedrà: avrà intenzione di lavorare sui propri errori?