Nove anni dopo la sua brillante concettualizzazione, e dopo aver riscosso consensi unanimi su Xbox One, PC e Macintosh, Cuphead fa il suo glorioso ingresso nella libreria di Nintendo Switch per la gioia di tutti i suoi proprietari in una versione che, sotto certi punti di vista, può essere considerata davvero quella definitiva: anche se non avete mai avuto modo di provare con mano l’opera prima dei fratelli Moldenhauer, avrete sicuramente sentito parlare o ammirato in foto e video il particolarissimo stile adottato, reminiscente dei cortometraggi realizzati a cavallo degli anni ‘30 e ‘40 da un altro prolifico duo, Max e Dave Fleischer, che sulla console ibrida della multinazionale di Kyoto è stato trasposto alla perfezione grazie alla versatilità di Unity, il motore grafico utilizzato per animare i migliaia di bozzetti disegnati e inchiostrati meticolosamente a mano dalla coppia. A dire il vero, gli occhi più attenti potranno notare una maggiore “morbidezza” dei contorni di Cuphead, Mugman e dei loro inesorabili avversari, nonché qualche trascurabile singhiozzo durante i fuochi artificiali di proiettili più intensi, ma per il resto la conversione è pressoché impeccabile benché, forse, un pelo troppo pedissequa.
Santi numi, Cuphead!
L’estrema complessità del gioco non è mai stata un segreto, a cavallo del sottilissimo confine tra analisi metodica delle decine di pattern degli attacchi nemici e pura e semplice memoria muscolare, riversata anch’essa senza alcuna sofisticazione in questa cartuccia: non fraintendetemi, non sono certo il tipo che si tira indietro di fronte a una sfida e quella offerta da Cuphead è senza dubbio degna di tale nome, ma non tutti sono disposti ad accettare una simile mancanza di compromessi e, sebbene il titolo tenti di mitigare l’impegno richiesto con una modalità semplificata, il minor numero di trasformazioni o l’alleggerimento degli schemi offensivi tornano utili solo fino a un certo punto per abbattere le incarnazioni “complete” dei boss. Aggiungiamoci pure l’impossibilità di concludere l’avventura se quest’ultima viene affrontata con la difficoltà al minimo e la scelta di mantenersi tanto irremovibili dal punto di vista dell’impegno richiesto appare quantomeno opinabile, ma tant’è…
I boss di Cuphead sono tanto feroci quanto straordinariamente originali.
Per fortuna, in soccorso di Cuphead e Mugman accorrono una nutrita serie di potenziamenti messi a disposizione dallo scorbutico proprietario dell’Emporio Cotechino (la nuova patch, fra le altre cose, aggiunge un’ottima localizzazione in italiano), che spaziano da munizioni di vario tipo a capacità speciali supplementari o migliorie di quelle che già possediamo. Di solito, i vantaggi ottenuti vanno a discapito di qualche altro elemento, come ad esempio proiettili dal raggio più ampio ma dalla portata ridotta, e la sperimentazione viene incentivata dall’efficacia di alcune combinazioni specifiche di power up in determinati frangenti, capaci di tramutare una battaglia pressoché impraticabile in qualcosa di non dico agevole ma quantomeno fattibile: l’importante è recuperare le monete necessarie per acquistarli, scovandole all’interno dei livelli a piattaforme, e completare gli stage extra come i santuari che conferiscono al dinamico duo una scelta aggiuntiva di mosse speciali con cui scatenarsi.
Che ne dite d’alzare la posta?
Purtroppo, non posso fare a meno di pensare che l’appetibilità di Cuphead sarebbe di gran lunga maggiore se solo fosse un tantino più clemente: magari i Moldenhauer avrebbero potuto inserire dei checkpoint opzionali da abilitare durante le varie fasi dei boss oppure un modo per fare pratica con le distinte trasformazioni degli stessi in una modalità di addestramento separata per quanti avessero desiderato un’esperienza meno frustrante. Così com’è, il titolo d’esordio di StudioMDHR vanta una presentazione strabiliante dotata del potenziale per attrarre un bacino d’utenza immenso, soprattutto su una console tanto “familiare” come Nintendo Switch, ma ne circoscrive la reale godibilità soltanto a una piccolissima percentuale di appassionati: di fatto, meno del 10% degli acquirenti dalla sua uscita sono riusciti a completarlo al 200%, ovvero a terminare tutti i livelli al massimo della difficoltà e a raccogliere tutte le monete disseminate lungo la manciata di quadri a scorrimento, ed a mio personalissimo avviso non si tratta di una cifra da celebrare. Piuttosto, sarebbe molto meglio se chiunque, indipendentemente dalla propria pazienza e abilità, fosse in grado di saggiare fino in fondo l’opulenza visiva di ogni singolo scontro che questa piccola, spietata gemma gemma ha da offrire. Certo, la possibilità di condividere le vicissitudini delle due tazze antropomorfe (tre, se contiamo la deliziosa Miss Calice inclusa nel nuovo DLC gratuito) con un amico è un’altra concessione che aiuta non poco a lenire le sofferenze, grazie alla facoltà di poter rianimare il compagno caduto con una tempestiva parata a mezz’aria sul suo spettro, ma è necessario che la coordinazione di entrambi sia assolutamente impeccabile per non ritrovarsi a combattere un boss potenziato da soli.
Alcuni boss vanno affrontati in modalità sparatutto, con i nostri eroi trasformati in aeroplanini.
Ho definito questa versione di Cuphead per Switch la migliore tra quelle distribuite e il motivo, per quanto banale, è presto detto: la modalità portatile. Al netto del tributo virtuale di lacrime e sangue che il gioco esige per conquistare l’agognato finale, la struttura a livelli fissi e ben definiti si sposa perfettamente con sessioni brevi e intense, magari per non annoiarci durante il tragitto quotidiano sui mezzi pubblici o per provare una nuova strategia contro quella maledettissima sezione che ci sta facendo dannare da giorni mentre ci rilassiamo nel letto. E’ chiaro che non lo consiglierei a nessuno per conciliare il sonno, tutt’altro direi, eppure il solo fatto di potersi cimentare a piccole dosi nella gravosa raccolta delle anime dei debitori di Satanasso Pigliatutto riesce a contenere l’inevitabile delusione che segue ogni tentativo fallito. Magari non riusciremo a progredire tanto velocemente quanto vorremmo ma, proprio come i liquori di una certa qualità, quella che abbiamo fra le mani è un’avventura che per essere gustata appieno ha bisogno di essere sorseggiata con la giusta calma, e in tal senso il porting su Switch è davvero senza pari.
Splendido da guardare e incredibilmente brutale da provare, Cuphead è una straordinaria aggiunta al catalogo della versatile console Nintendo e un fantastico memorandum di quanto una visione d’insieme risoluta possa tradursi in un prodotto valido e coeso oltre ogni aspettativa. Per i motivi già illustrati, non si tratta ancora del titolo che avrei preferito fosse arrivato sugli scaffali, ma la libertà di poterci giocare ovunque e in qualsiasi momento fa davvero miracoli. E poi, sebbene si tratti di una semplice conversione, è senza ombra di dubbio fra quelle riuscite meglio su Switch (obiettivi inclusi!): rimboccatevi le maniche perché, se deciderete di raccogliere il guanto di sfida hardcore lanciato da Chad e Jared Moldenhauer, ci sarà da sudare parecchio.