A Plague Tale: Innocence | L’industria dei videogiochi, negli ultimi anni e non solo, si è dimostrata multiforme e piena di studi, di persone, di ispirazioni e di obiettivi molto diversi fra loro. Il medium stesso è cresciuto e anche noi videogiocatori siamo (e siete) cresciuti con lui, imparando ad accettare l’esistenza di una pluralità di idee e di opere straordinaria, che nel corso dell’ultimo secolo ha reso il cinema una nobile arte e che, piano piano, ha reso e sta tutt’ora rendendo grandi anche i videogiochi. Se le ultime due generazioni ci hanno insegnato qualcosa, è che non sempre, pur magari potendo avere le risorse per farlo, bisogna puntare il più in alto possibile, col rischio di cadere come Icaro: bisogna, piuttosto, fidarsi ciecamente della propria creatività e proporre al mercato quella che è realmente la propria visione, invece di limitarsi a pensare a come vendere i propri prodotti il più possibile. Questo i transalpini di Asobo Studio lo sanno benissimo: è con un simile spirito che hanno costruito A Plague Tale: Innocence, la loro ultima opera. Un videogioco di cui, ricordate le mie parole, si parlerà tanto e a lungo, in parte anche perché pensato e cresciuto con una spontaneità molto, molto rara al giorno d’oggi.
Di fronte ad ambientazioni e giochi di luce simili, non si può far altro che applaudire
A Plague Tale: Innocence è un piccolo capolavoro di autorialità
La storia di A Plague Tale: Innocence comincia nel sud-ovest della Francia, nel 1349, in pieno Medioevo e in un contesto ricostruito in maniera certosina e naturale dal team al lavoro sul gioco, un gruppo di 45 anime. La location scelta coincide infatti con la terra d’origine degli sviluppatori, i quali hanno contribuito in prima persona, col loro vissuto e le loro conoscenze pregresse, alla composizione dello scenario. Il risultato è incredibile, e A Plague Tale: Innocence trasuda fascino e al tempo stesso veridicità in ogni dove, ricco com’è di spunti, di suggestioni visive e di riferimenti storici ai fatti di quel periodo, fra cui la Guerra dei Cent’Anni. In un simile quadro si muovono i due protagonisti della storia, i fratelli Amicia, di quattordici anni, e Hugo, di cinque, appartenenti alla casata nobiliare dei de Rune (realmente esistita). Pur non avendo trascorso l’infanzia insieme, a causa di una misteriosa malattia di cui Hugo è affetto e che gli ha impedito di vedere la sorella con regolarità, entrambi sono molto legati l’uno all’altra e nutrono un forte e vicendevole sentimento protettivo, pur dovendo fare i conti con qualche incomprensione nata – per motivi non banali, anzi – in seno alla loro giovane età. All’inizio dei fatti una terribile tragedia li colpisce, costringendoli ad abbandonare la propria casa e intraprendere insieme un viaggio per mettersi al sicuro, fuggendo dall’Inquisizione, che dà loro la caccia: Amicia, in particolare, deve proteggere il fratellino e mettere in salvo entrambi. Non fatevi però ingannare dall’aspetto piuttosto “pulito” e contraddistinto da uno stile votato al realismo, e non pensate neanche per un secondo a roba come Kingdom Come: Deliverance, lontana anni luce da questi lidi. Se proprio dovessimo indicare una fra le principali ispirazioni di A Plague Tale: Innocence, la mente volerebbe subito a Ninja Theory e al loro Hellblade: Senua’s Sacrifice, perlomeno nelle modalità e nello stile con cui il racconto viene portato avanti. La Francia medioevale immaginata da Asobo è molto più oscura di quanto si possa pensare, e nasconde un terribile nemico, con cui Amicia e Hugo dovranno presto o tardi fare i conti: la Peste Nera, terzo incomodo fra i due fratelli e i cavalieri che li braccano, apparentemente legata alla malattia di Hugo. Sciogliendosi lentamente nell’arco di diciassette capitoli, la narrativa alterna dunque fasi di una delicatezza e di un’umanità quasi disarmante, in cui a farla da padrone sono il rapporto fra i due giovani protagonisti e le loro genuine interazioni, a situazioni ben più problematiche e ogni volta diverse, gestendo il tutto con un ritmo impeccabile: nel corso della dozzina di ore necessaria a giungere ai titoli di coda è molto difficile annoiarsi e non pendere dalle labbra di un team di sceneggiatori e artisti in stato di grazia.
Il rapporto fra Amicia e Hugo è forte e al tempo stesso particolare, mai banale o scontato
E’ evidentemente questo uno dei motivi principali in grado di spiegare come sia possibile che uno studio con già oltre 15 lavori alle spalle, quasi tutti tie-in (anche abbastanza ben riusciti, in realtà), sia riuscito a confezionare un videogioco così unico, che fin dai primi istanti riesce a comunicare e a comunicarsi così bene al giocatore, trasmettendogli un fortissimo senso di empatia e immedesimazione. A Plague Tale: Innocence ha praticamente tutti i tasselli giusti al posto giusto, inclusi quelli relativi al gameplay e a tutte le componenti ad esso correlate, mai davvero invasive e finalizzate unicamente ad accompagnare una progressione perlopiù narrativa. Tradotta in termini giocosi, l’avventura può essere definita come un ibrido fra un videogioco stealth e un puzzle game, con elementi action espressi soprattutto nelle (rare) boss fight, in cui Amicia è costretta a fronteggiare in campo aperto il nemico di turno. Per il resto del gioco, però, sia lei che Hugo hanno come prerogativa principale quella di nascondersi dai nemici ed evitare il loro campo visivo, in modo da superare indenni determinate sezioni; Amicia può aiutarsi con una fionda in grado di lanciare sassi, e in questo caso diventa anche “pericolosa” e può eliminare quelli senza armatura; in alternativa deve lanciarli a mano allo scopo di distrarli e passare indenne insieme al fratellino. Che, per tutto il corso dell’avventura, le rimane attaccato alla mano, come una sorta di piccola appendice che può costituire sia un problema che un aiuto, limitando ad esempio i movimenti di Amicia ma al contempo potendo anche aiutare la sorella nella risoluzione di un enigma: in tal caso, per rendere le cose più semplici, possiamo dargli dei semplici comandi, come quello di attendere sul posto per un breve periodo o (in determinati frangenti) di sgattaiolare via da solo. Benché sia controllato dall’IA, Hugo è poi uno dei coprotagonisti più credibili che ci sia mai capitato di vedere in un videogioco: può ad esempio essere scoperto dai nemici, anche se è separato da Amicia; se quest’ultima si allontana troppo da lui lasciandolo da solo, poi, si metterà a gridare in preda al panico, col rischio di farsi scoprire e mandare a monte il piano.
Di tanto in tanto i due fratelli troveranno un riparo dove rifugiarsi, in via temporanea
Malgrado qualche opzione legata al combattimento o alla fuga sia comunque presente, non dovete lasciarvi trarre in inganno. A Plague Tale: Innocence è di base uno stealth ben poco permissivo e che quando vuole sa essere anche piuttosto cattivello, in cui è bene non farsi scoprire mai, a maggior ragione durante la fase di setaccio degli scenari alla ricerca di oggetti utili per il crafting. Il quale è stato sì inserito nelle dinamiche di gioco, ma in maniera volutamente non approfondita e pensata per essere strettamente connessa alla storia, con i materiali per gli upgrade principali distribuiti al posto giusto nel momento giusto: solitamente, per trovarli prima del previsto è necessario superare una guardia molto ben armata, il che rende consigliabile, almeno al primo playthrough, godersi la storia senza preoccuparsi troppo di lanciarsi nella minuziosa esplorazione che pure le aree più aperte permetterebbero. Alcuni potenziamenti, come l’aumento deille munizioni trasportabili e dell’efficacia della fionda, possono comunque fare comodo, ma non temete: anche giocando normalmente, non li sbloccherete troppo in là. La componente puzzle di cui prima accennavamo è invece legata all’affrontare enormi orde di ratti pestilenziali che infestano il sottosuolo e le caverne: in questo caso, Amicia e Hugo devono risolvere semplici enigmi, principalmente legati ai giochi di luce, per evitare di essere sopraffatti dai roditori, e, per averla vinta, possono fare affidamento anche su rudimentali componenti alchemiche, come una mistura incendiaria utile ad accendere i bracieri da lontano ed altre tipologie di munizioni speciali per la fionda. Nonostante la relativa linearità di fondo di queste fasi, non mancano alcune trovate brillanti e in grado, di tanto in tanto, di sorprendere, specie quando (e accade spesso) è richiesto anche il coinvolgimento diretto del più piccolo fra i due fratelli de Rune. Sia le fasi stealth che quelle puzzle, comunque, sono caratterizzate da un buon equilibrio e da uno studio e un approfondimento delle meccaniche non indifferente per un titolo marcatamente story driven, il che non può che lasciare soddisfatti, specie considerato il prezzo a cui viene venduto (49,99 euro), tutto sommato corretto in relazione a una simile esperienza.
Pur strutturalmente basilari, le fasi stealth possono essere abbastanza impegnative
Un aspetto che lascia senza fiato di A Plague Tale: Innocence dall’inizio alla fine, senza stare troppo a sindacarci sopra, è il suo comparto audiovisivo in generale. Abbiamo già decantato in apertura delle beltà visive del gioco, eppure, in maniera abbastanza sorprendente, dobbiamo spendere qualche elogio anche per la causa motrice che rende possibile tutto quanto, ovvero il motore proprietario dello studio, l’Asobo engine. Un software, a detta del team, pratico e versatile e che ha permesso loro di dar vita alla propria visione esattamente come desiderato: visto e considerato che senza di esso il gioco non avrebbe lo stesso aspetto, nitido ma dai contorni delicati, con giochi di luce soffusi ed eterei assolutamente perfetti e quel non so che di decadente, non si può non includerlo nella lista dei pregi. Di qualità eccezionale anche il doppiaggio: l’italiano è assente, se non nei sottotitoli, ma le versioni in inglese e soprattutto in francese sono superlative (la prima per qualità complessiva, la seconda per fedeltà alla ricostruzione storica), con alcune interpretazioni particolarmente significative, come quella di Charlotte McBurney, che presta la propria voce ad Amicia. Di pregevole fattura anche la colonna sonora, ispirata e coinvolgente, composta da un “certo” Olivier Deriviere, noto per gli accompagnamenti musicali di Obscure, Alone in the Dark, Remember Me e Vampyr.
A Plague Tale: Innocence è una piccola perla in un mercato che, in questi anni, sta pian piano imparando a ragionare con la propria testa e non con quella dei trend e dei grandi numeri. Non a caso, il videogioco di Asobo è prodotto da Focus Home Interactive, che negli ultimi tempi di titoli “AA” complessivamente ben riusciti ne sa qualcosa: nessuno, però, nel recente passato, era mai riuscito a raggiungere il livello dell’avventura di Amicia e Hugo, destinata a rimanere scolpita in questa generazione come un piccolo gioiello di narrazione e di ricostruzione scenica. Ma anche a gridare ai quattro venti che con quel modello produttivo si possono realizzare anche videogiochi di una simile portata: un precedente, questo, che speriamo venga imitato sempre più volte. Il videogioco stesso, come medium, ha sempre maggior bisogno di piccoli e inattesi capolavori di autorialità come questo, e sta a noi non perderne mai la memoria e dar loro il risalto che meritano.