Nella grande inevitabilità della tragedia, spesso, ritroviamo noi stessi. L’uomo va a ripetere la stessa massima da millenni e, in fondo, c’è una vena di riscatto anche nei peggior drammi interni; gli unici in grado di stravolgerci in un battito di ciglia e di farci riflettere sulla nostra stessa esistenza. D’altronde, ciò che non ti uccide dovrà fortificarti, in un modo o nell’altro. Ma qual è il prezzo da pagare? Nel lento abbraccio verso la tragedia vi è l’accettazione, unica meta in grado di far svigorire l’orrore dei ricordi. Per crescere, insomma, è necessaria una scala plutonica da trovare in un deserto sconfinato e, infine, da scalare fino al suo ultimo gradino. L’incertezza conduce all’oblio e i timori al ritorno delle nostre ombre più oscure e distorte. Uscito ben tre anni fa, Layers of Fear riuscì a trasmettere la stessa tematica di fondo nella sua narrazione, mischiando una storia à la Silent Hill con gli ultimi cliché del genere; in un certo senso, la nuova serie di Bloober Team ebbe il coraggio di farlo in un mercato che non era più abituato agli stessi horror psicologici. E se il team polacco riuscì a distorcere il concetto di arte nel suo capitolo originale, ecco che con Layers of Fear 2 la prospettiva viene distorta; non più un pittore, ora il protagonista delle vicende è un ipotetico attore che, nel tentativo di girare la sua magnum opus, finirà inevitabilmente per scontrarsi con i suoi stessi demoni e con il terribile spirito della Icarus, una nave da crociera in continuo mutamento.
Layers of Fear 2 andrà man mano a stravolgere le sue ambientazioni, inseguendo la psiche turbata del protagonista.
Layers of Fear 2: il viaggio della Icarus
Senza lasciarci alcun indizio sul trascorso del protagonista, Layers of Fear 2 ci getta subito all’interno della Icarus; scheggiata, in balia del mare e inondata da continue perdite d’acqua. Da qui, ovviamente, cominciano le domande. E il gioco, in tal senso, non ci tiene mai la mano e, anzi, l’unica cosa che faciliterà la nostra inquietante esplorazione della nave verrà sollevata solo dalla comparsa dei documenti; dal passato o dal presente che siano non importa. Tutti i fogli disseminati attorno a noi ci aiuteranno ad afferrare solo un po’ di più la realtà dei fatti, raccontandoci la storia dei misteriosi James e Lily, le vicende del regista (tra l’altro doppiato da Tony Todd, voce dell’orribile Candyman) e le origini di un terribile mostro deforme che ha cominciato a infestare i corridoi della nave da crociera. Starà a noi decifrare tutte le informazioni che ci verranno gettate addosso, compiendo le scelte giuste per uscire da un incubo che non sembra avere alcuna intenzione di finire.
La narrativa di Layers of Fear 2 dondola quindi tra l’incertezza della nostra storia e il timore di svelare gli orribili avvenimenti della Icarus; un connubio che funziona terribilmente bene, anche grazie al fatto che finiremo presto per immedesimarci nel protagonista della storia, ora atto a rappresentare la maschera che va indossata per cambiare di ruolo in una scena teatrale. Ed è lì, in quella realizzazione, che il terrore sarà nostro; personale ed estremamente empatico. Parte di questo successo va dato all’audio binaurale – utilizzato già in Hellblade: Senua’s Sacrifice – che nel caso di Layers of Fear 2 muta ogni singola sonorità in un brivido che ci scorre immediato sulla schiena. I bisbigli si propagano nelle stanze della Icarus e ogni rumore, anche il più innocuo, finirà inevitabilmente per frenare la nostra avanzata negli stretti corridoi della nave. Queste trovate artistiche, anche nella gestione dei suoni, arrivano tuttavia a cozzare con delle interruzioni casuali delle sonorità o delle musiche; alcuni problemi tecnici, oltretutto circoscritti che, almeno speriamo, verranno risolti con dei futuri aggiornamenti.
La divisione in atti teatrali è solo una delle tante rappresentazioni geniali di Layers of Fear 2.
Come nel capitolo originale, Layers of Fear 2 danza anche nell’arte che vuole analizzare, esplorando la cinematografia anche nei metodi più subdoli e indiretti. Uno che viene sfruttato a più riprese è, ovviamente, il citazionismo. Passando dai classici come Shining e andando a citare anche film più lontani, come Viaggio nella Luna o Metropolis, il nuovo capitolo nella saga di Layers of Fear è un omaggio al cinema nella sua interezza, andandolo a ricordare in ogni momento della nostra discesa nelle viscere della Icarus. Al suo interno, non a caso, troveremo una storia che andrà a dividersi tra cinque atti teatrali; uno stratagemma che vuole chiaramente inscenare una pièce teatrale, e che anche per questo arriva a generare un’atmosfera fuori dal comune e una strabiliante sceneggiatura. La nostra stanza, in tal senso, sarà la sala dalla quale dovranno incominciare i livelli; dei nastri che andremo a raccogliere faranno da interruttore per l’inconscio del protagonista, arrivando a sfigurare gli atri della Icarus e a generare ogni volta un nuovo film da interpretare.
Ed è forse Icarus la vera stella di Layers of Fear 2. La ricostruzione della nave funziona perché non è una semplice imbarcazione fittizia, ma risulta anzi incredibilmente realistica. Dai corridoi delle stanze ai piani più inferiori, passando per le mense e le sale da pranzo, la nave da crociera in cui metteremo piede stupisce proprio perché arriva a contrastare con gli orrori psicologici che ci troveremo ad affrontare. Nonostante le solite incertezze tecniche, il mondo creato da Bloober Team riesce proprio dove aveva fallito il capitolo originale, mutando lentamente tutti i piani della Icarus nei ricordi più disturbanti del nostro protagonista.
Le scelte che ci troveremo ad affrontare andranno a influenzare anche alcuni scorci di Layers of Fear 2.
Ecco quindi che entrano in gioco vascelli da pirata, giardini labirintici e stanze coordinate da un manipolo di manichini; saranno loro a peggiorare l’estraniazione dietro le singole stanze della nave; stranamente vuote, eppure ancora abitate da alcuni oggetti inanimati. Un sentimento che viene d’altronde accentuato dai continui stravolgimenti dei corridoi che ci troveremo ad attraversare. Ci basterà difatti un movimento della visuale verso un’altra direzione per aprire un vicolo cielo o per chiudere, allo stesso modo, una strada fino a un secondo prima raggiungibile. Le sale cambieranno totalmente nei colori, la nostra visuale muterà dalle colorazioni accese della Icarus al bianco e nero dei nostri ricordi, e così via a ogni sequenza significativa di Layers of Fear 2. Ogni scelta stilistica è stata dosata proprio per incutere una certa sensazione al protagonista e a noi intesi come giocatori, ed è anche lì che Bloober Team è riuscito a regalarci una eccellenza inattesa.
Questi stravolgimenti immediati spalancano tuttavia le porte ai soliti jumpscare, ignoranti e bombastici, che tutto fanno fuorché aiutarci nella nostra esplorazione della nave; un’altra caduta di stile che cozza chiaramente con le atmosfere intime e terribilmente reali della Icarus, e che a nulla servono nella storia di Layers of Fear 2. In tutto ciò è forse il gameplay a perdersi nei cliché più disparati del genere, facendolo oltretutto in maniera confusa e, in certi casi, addirittura meccanica. Gli inseguimenti con il mostro deforme saranno difatti un’acchiapparella nella quale saremo costretti a fuggire senza alcuna soluzione nel mezzo e che finiranno per rovinare l’atmosfera che Bloober Team tenta a più riprese di creare. Una linearità così forzata, insomma, elimina il timore di un antagonista e, anzi, trasforma la mostruosità in un mero ostacolo da oltrepassare, dando modo al giocatore di proseguire senza più quella ossessione verso l’ignoto che tanto dovrebbe contraddistinguere un Layers of Fear. Fortunatamente entrerà in gioco un sistema di scelte che, come nel capitolo originale della serie, andrà a stravolgere non solo le visioni del nostro protagonista ma anche la conclusione della nostra stessa storia. Tra una serie di finali diversi, insomma, ci sarà uno spazio tutto dedicato alla rigiocabilità di Layers of Fear 2; un bene da non sottovalutare, visto che la durata del gioco si aggirerà sulle 4-5 ore totali.
Pur creando una nave da crociera incredibile nel suo realismo e dirigendo la nostra storia con una direzione artistica fuori dal comune, Bloober Team si muove tra l’eccellenza di un capolavoro dell’orrore e la mediocrità di uno dei tanti videogiochi sul mercato, alterando dei momenti eccezionali dal punto di vista della scrittura con i tradizionali jumpscare e alcune sequenze elementari nella loro realizzazione. La sceneggiatura è sicuramente geniale nel suo svolgimento, innalzando Layers of Fear 2 a uno dei migliori casi dell’horror psicologico di questa generazione, ma allo stesso tempo inciampa in una serie di difetti – divisi tra artefatti tecnici e serie limitazioni nel gameplay – che sviliscono il lavoro totale di Bloober Team. Tralasciando gli aspetti ludici, Layers of Fear 2 rimane una tra le più grandi esperienze dell’orrore di questa generazione e, ne siamo sicuri, continuerà a far parlare di sé negli anni a venire.