All’epoca del suo arrivo nelle sale, nel 2014, il primo Godzilla rappresentò il secondo, grande tentativo (almeno, in tempi recenti) di una produzione prevalentemente occidentale di rendere giustizia al gigantesco kaiju della mitologia giapponese. Venendo dal mezzo disastro che Roland Emmerich aveva compiuto nel 1998, ostinandosi a spiegare in maniera quasi scientifica le origini dell’enorme “lucertolone”, la pellicola di Gareth Edwards fu la principale artefice di una vera e propria rinascita per Godzilla, oltre che l’unico film non asiatico in grado di capire che ciò di cui il pubblico aveva davvero bisogno era un monster movie fatto bene e senza troppi filosofeggiamenti. Cinque anni dopo, a Michael Dougherty (Krampus) è andato un compito per niente semplice: superare il passato, cercando al contempo di restare ancor più attinente al leggendario mito dell’enorme kaiju giapponese, reinterpretandolo in chiave occidentale. Anche se il regista non è più lo stesso ed è stato fatto un massiccio recasting, sia fra gli attori principali che quelli secondari, Godzilla 2: King of the Monsters riparte proprio da quell’idea, trasformandola ed evolvendola in maniera profonda, senza però rinnegarla del tutto.
Proseguire sul solco tracciato dal primo film, in effetti, non era semplicissimo: da un lato si sarebbe potuto scegliere una strada conservativa, fatta di lunghe spiegazioni e di un alone di mistero preponderante per la gran parte della pellicola, volto a “nascondere” il più possibile Godzilla come Edwards aveva pensato di fare cinque anni fa, neanche fosse il T-Rex di Jurassic Park. Dougherty, però, ha intelligentemente deciso di ribaltare il punto di vista, con risultati sorprendenti: Godzilla 2 non è più la storia del grande dal punto di vista del piccolo, ma al contrario si rifà in maniera quanto mai decisa – seppur sempre romanzata – al mito orientale, mettendo al centro di tutto l’ira e il furore delle battaglie degli enormi colossi e l’apocalittica distruzione da essi generata.
Godzilla 2 è un monster movie con tutti i crismi, ancor più del primo
Il primo film, come ricorderete se l’avete già visto, aveva una chiusura che se da un certo punto di vista poteva essere interpretata anche in maniera autoconclusiva (la gigantesca creatura che vince la sua battaglia, salva il mondo e torna a dormire per sempre), dall’altro strizzava fortemente l’occhiolino a un sequel e in generale a un vero e proprio media franchise, poi effettivamente confermato da Warner Bros e denominato MonsterVerse. In quel caso il film funzionava benissimo anche come opera a sé stante, ma lo stesso non si può dire di quel che è venuto dopo. Godzilla 2 ha una trama (anzi, una non-trama) che, se nelle sole sequenze d’azione funziona benissimo, è nel complesso pensata per incastrarsi in un disegno più grande, con archi narrativi che si chiudono e si aprono e storie e personaggi che vengono lasciati in sospeso. Poco importa, però, perché il cuore pulsante del film sono le spettacolari scene di lotta fra i giganteschi kaiju, mentre la parte più debole è proprio la vicenda costruita tutt’attorno a loro, e non solo per la sua appartenenza a un capitolo di transizione. Premessa e svolgimento sono interamente basati sull’idea di convivere con Godzilla e gli altri titani, una sorta di “specie primordiale” che dominava la Terra prima della comparsa dell’uomo, oltre che veri e propri difensori del pianeta. Detto in poche parole e senza scendere troppo nel dettaglio, nel film esistono due fazioni, una con posizioni moderate verso gli enormi mostri, l’altra con idee ben più estremiste: il tutto potrebbe avere anche sviluppi interessanti, se non fosse che l’idea di fondo (inimichiamoci i kaiju e facciamo sì che radano al suolo il pianeta o cooperiamo con loro) venga trattata con disarmante banalità e che al centro di tutto ci sia la solita, trita e ritrita vicenda familiare, peraltro trattata in maniera poco soddisfacente, spiegata troppo in fretta e ripresa per i capelli solamente nel finale. In generale, il film procede su due binari paralleli, di cui il primo è quello delle storie “umane” e di contorno, che funzionano soltanto nei pochi casi in cui ci si limita a dialoghi corti e secchi, lasciando che siano le emozioni e il vortice di eventi a parlare; il secondo, che è in realtà quello funzionale alla buona riuscita delle vicende portate sul grande schermo, è rappresentato dalla lotta per il “trono” di Re dei Mostri fra Godzilla e il suo eterno nemico, l’enorme drago a tre teste Ghidorah. Le scene più riuscite sono proprio queste ultime, il che spiega la lunghissima post-produzione, durata oltre un anno e mezzo: quando c’è da assistere a feroci combattimenti fra grattacieli viventi (e semoventi), Godzilla 2 non è secondo a nessuno, anzi, è probabilmente uno dei film più spettacolari degli ultimi anni.
Proprio per questo, in effetti, è molto difficile consigliarvi Godzilla 2 se volete andare a vedere un film dotato di una certa coerenza di fondo: quel che vi ritroverete davanti è, piuttosto, una pellicola che vive di dissonanze volute, come ad esempio la contrapposizione fra morte e distruzione sparse un po’ ovunque e il tono generale, non troppo drammatico ed anzi aperto perfino alla battuta facile. La sua, personale coerenza, più che altro, sta nel non dimenticarsi mai che non è tanto di umani che si parla, quanto di mostri alti 100 piani, attinenti a una mitologia ben precisa. Da questo punto di vista, la produzione è andata a colpo sicuro e ha fatto centro nel ritmo e nella spettacolarità, peccando però di superficialità in alcuni tecnicismi, fra cui la regia, spesso troppo schizofrenica, compensata dall’ottima fotografia, che, complice anche un eccezionale uso del colore, dipinge paesaggi scenografici e mai banali, quasi “vivi”, come citato anche nel film durante una tempesta generata da Ghidorah, preludio a una spettacolare battaglia. Male anche le (pochissime, per fortuna) scene d’azione che coinvolgono fazioni umane contrapposte, talmente goffe da sembrare quasi caricaturali rispetto alle sequenze che vedono protagonisti Godzilla e gli altri titani.
Un mito leggendario trattato con grande coerenza e rispetto
Nonostante qualche sbavatura, però, la vicenda impiega pochissimo per entrare nel vivo e mostrare la sua anima più poderosa e selvaggia, relegando tutte le altre sequenze quasi a degli intermezzi fra un colossale scontro e l’altro, salvati solamente dalle buone performance degli attori coinvolti, con Millie Bobby Brown e Ken Watanabe (che torna nei panni del dottor Ishiro Serizawa) un gradino sopra gli altri, anche perché interpreti degli unici personaggi davvero ben caratterizzati e con qualcosa da dire. Tutti gli altri, invece, scivolano lentamente verso la mediocrità generale, compreso il villain umano, il cui ruolo è stato (almeno per il momento) completamente gettato alle ortiche, relegato a qualche battuta incolore e incapace di comunicare la sua reale personalità. Il nemico più grande e pericoloso, del resto, è sempre e soltanto Ghidorah, mentre il vero protagonista è Godzilla: i personaggi e le fazioni umane, MONARCH compresa (l’enorme corporazione che mira a studiare e controllare i titani), rimangono perlopiù sullo sfondo, limitandosi ad assistere da spettatori non paganti, ma finalmente consapevoli, a una vicenda dalle proporzioni ben più grandi. Rispetto al predecessore sono stati poi ridotti all’osso i momenti in cui erano i mostri ad essere per un attimo messi da parte: qui tutto quanto, dalle vicende più importanti a quelle più insignificanti, ruota solo e soltanto attorno ai titanici e inferociti kaiju, senza nemmeno una fugace sbirciata a quel che accade sotto i loro piedi. Godzilla e compagni vengono finalmente trattati con il rispetto e la coerenza che meritano: enormi titani, quasi semi-dei, con origini che si perdono nella mitologia (terrestre e non) e che nessuno, com’è giusto che sia, ha un reale interesse a spiegare. Realizzare un film del genere è la cosa più facile del mondo se hai a disposizione personaggi come il Re dei Mostri, in grado da soli di trasportare sugli schermi dei cinema un quantitativo di carisma e di fascino pressoché sconfinato. Per fortuna, anche fuori dal Giappone qualcuno l’ha capito.
Come il suo predecessore, Godzilla 2: King of the Monsters è esattamente il tipo di film che ci si aspetterebbe di veder costruito attorno a personaggi del genere. Rispetto a cinque anni fa, il sequel spinge ancor più l’acceleratore sulla spettacolarità, talmente esagerata da sembrare quasi fine a sé stessa in certe scene, in un tripudio di effetti speciali: il risultato è un monster movie che tratta con rispetto il mito a cui si ispira e riesce al contempo a trasformarlo in una pellicola adatta a tutti. Problemi come qualche buco di sceneggiatura e alcuni personaggi mal gestiti vengono eclissati dalla maestosità e dal furore di certe scene, che riescono, da sole, a tenere incollati allo schermo e col fiato sospeso dall’inizio alla fine. Se vi limitate a considerarlo come semplice opera cinematografica, Godzilla 2 è probabilmente un filo inferiore al primo capitolo, specie nei virtuosismi di regia e nella coerenza della sceneggiatura; se invece tutto quel che gli richiedete è di essere fedele alla leggenda e trasporre su schermo una storia di mostri con mazzate ovunque e senza alcuna ibridazione, avete già trovato il vostro film dell’anno.