Nei suoi ultimi anni di vita, la game industry sta pian piano riabbracciando un concetto fondamentale: le idee, le ispirazioni del singolo e la volontà collettiva di realizzare qualcosa di unico sono sempre gli elementi più importanti da tenere in considerazione, quale che sia il disegno creativo che si intende portare a compimento e la sua scala di grandezza. E’ con questi dettami che Dry Drowning, avventura a metà fra il punta e clicca e la visual novel, è nato e cresciuto, nutrendosi grazie a un oceano di riferimenti ludici e cinematografici: il videogioco di Studio V e VLG è l’espressione pratica di uno spiccato amore per la narrativa di genere, dai romanzi ucronici di George Orwell al fumetto di Sin City, passando per le tinte noir di Blade Runner. C’è tutto questo e molto altro, nell’opera di debutto del team italiano, guidato da un’interpretazione squisitamente personale di un filone artistico mai così popolare come negli ultimi anni.
Dry Drowning è un’avventura noir con una connotazione forte e personale
La premessa di Dry Drowning è bella forte, di quelle che non possono lasciare indifferenti se si conoscono ed apprezzano le opere summenzionate. Ci troviamo a Nova Polemos, una distopica città stato nord europea in cui piove sempre ed è sempre notte, in un futuro vicino e immaginario: uno scenario urbano che si colloca a metà fra la Los Angeles del 2019 e un regime sovietico anni ‘50, oligarchico e autoritario, in cui la latente intolleranza verso il diverso cresce sempre più e la società, all’apparenza tranquilla e con un tasso di criminalità prossimo allo zero, si trova sull’orlo di una guerra civile, cui basta solamente un pretesto per poter divampare. Il protagonista è Mordred Foley, un investigatore privato la cui credibilità professionale è stata distrutta dalla contraffazione di alcune prove per un caso legato a un pericoloso serial killer, che hanno portato alla sedia elettrica due innocenti. Mordred, insieme alla collega Hera, deve nuovamente fare i conti con il suo passato quando gli viene proposto di tornare in pista, in via ufficiale allo scopo di indagare per scagionare un potente politico, ma con la possibilità di trovare i veri colpevoli e ripulire la sua immagine. Da un simile incipit prende avvio una storia matura, costruita attorno a un sistema di scelte e conseguenze che ricorda alla lontana le opere di Quantic Dream, per il dedalo di possibilità e i riferimenti stilistici, oltre che, per l’andamento lineare della storia, i Life is Strange di Dontnod, dai quali però si differenzia per la volontà di consegnare al giocatore il pallino delle decisioni più importanti e significative, che condurranno poi a diversi finali.
Malgrado la demo da noi provata fosse monca dell’ultimo capitolo, snodo cruciale del racconto, abbiamo già potuto intuire il brillante modo in cui Dry Drowning è strutturato: ogni scelta compiuta durante il gioco ha un suo peso specifico, e conduce a un finale tripartito a seconda delle nostre azioni. Il director Giacomo Masi ci ha spiegato questa particolare struttura in una recente chiacchierata: l’ultimo capitolo, da solo, dovrebbe contenere oltre due ore di gameplay, completamente differenti a seconda del percorso intrapreso fino a quel momento, ed essere di conseguenza rigiocabile altre due volte dopo la prima, per scoprire tutti i finali. Al primo playthrough è comunque impossibile capire verso quale strada ci si stia spingendo: grazie a una scrittura intelligente e a interessanti trovate di sceneggiatura, non vi ritroverete mai a pensare alla scelta più giusta da compiere, ma agirete quasi sempre d’impulso, in controtendenza con la chirurgica precisione con cui bisogna invece approcciarsi alle scene del crimine.
Dry Drowning, infatti, è prima di tutto un’avventura investigativa, in cui analizzare prove e risolvere casi, nell’ambito di una struttura che, se a livello narrativo è complessa e coinvolgente, sotto il profilo ludico si caratterizza per un approccio ben più minimale, pur funzionale al dipanarsi della storia. Malgrado le apparenze, Mordred non è un tipo taciturno, ma al contrario ha un umorismo sottile e tagliente: ciò, nelle sue svariate interazioni con l’ampio sottobosco di personaggi secondari, gli permette spesso di ottenere informazioni fondamentali alla risoluzione dei singoli enigmi, in un contesto in cui gli interrogatori e l’analisi e il riesame delle prove si legano a doppio filo alla narrativa, in maniera naturale e sorprendente. Se poi pensate di dover giocare al classico “poliziotto buono, poliziotto cattivo”, avete completamente sbagliato strada: Dry Drowning vi immerge in un mondo dipinto a scale e sfumature di grigi, in cui da una scelta sbagliata se ne origina una potenzialmente giusta, e viceversa. La sua anima più profonda e convincente sta proprio qui, nel modo in cui ci racconta ogni scelta e ogni scambio di battute, sullo sfondo di uno scenario urbano che, se inizialmente è permeato da un certo ermetismo, inizia poi pian piano a svelare tutti i suoi segreti.
Filo dopo filo, la narrativa viene intessuta in maniera indissolubile da tutto il resto, fungendo da colonna portante per un’esperienza che si muove su una linea sottile sospesa su una vera e propria bomba a orologeria, che poi è la stessa città in cui muoviamo i nostri passi. Quando si parla di un’opera del genere, la vera maestria non sta tanto nel riversare decenni di cinema sci-fi in un calderone e poi mescolare alla rinfusa tanto per dimostrare di saperlo fare, quanto lasciare che la storia prosegua da sé e poi tirare fuori trovate interessanti al momento giusto. Ed è esattamente così che Dry Drowning scopre pian piano le sue carte, anche grazie a una direzione artistica magistrale. Le splendide atmosfere, a metà fra il noir e il cyberpunk con marcati riferimenti stilistici e architettonici al passato e al futuro, all’oriente come all’occidente, vengono addirittura valorizzate dall’uso di fondali statici, mossi da poche ma significative animazioni; complice l’obbligo di un clic sul mouse per compiere qualsiasi azione e il conseguente ritmo lento e compassato, il gioco permette di ammirare la città di Nova Polemos con la dovuta calma e in tutta la sua seducente bellezza. Anche le musiche, in un quadro generale dipinto con grande furbizia e intelligenza, fanno il loro: noi ci siamo letteralmente innamorati del tema principale, tanto da rimanere per interi minuti ad ascoltarlo a ripetizione nei menu. Allora, però, la notte di Dry Drowning era appena iniziata: speriamo solo che l’alba non arrivi mai.
Pur senza arrivare al finale, che potremo provare solamente quest’estate e quando il gioco completo arriverà su Steam, siamo rimasti davvero ammaliati da Dry Drowning già dalle prime battute. Studio V è riuscita a ricostruire un microcosmo che non si limita a vivere di citazionismo esasperato, ma fa davvero “sue” le tante fonti di ispirazione e vive di luce propria e non riflessa, grazie a un protagonista arguto e non banale, a una storia ritmata e ammaliante e soprattutto a uno stile visivo e sonoro azzeccatissimo, capace di esprimersi nello spazio di poche istantanee. Noi non vediamo l’ora di sapere come si concluderà la storia di Mordred Foley, e soprattutto se riusciremo a salvarlo dall’annegare, metaforicamente, nelle spire di una città senza speranza.