The Sinking City Recensione

The Sinking City

Sviluppato da Frogwares e pubblicato da Bigben Interactive, The Sinking City è un open world investigativo interamente ispirato alle opere di Howard Phillips Lovecraft. Gli sviluppatori, già molto noti al pubblico per la realizzazione dei videogiochi basati sul personaggio di Sherlock Holmes, stavolta hanno puntato decisamente più in alto, uscendo violentemente dalla loro comfort zone, ovvero dalle meccaniche investigative combinate al genere dell’avventura grafica. Dunque, hanno nettamente alzato l’asticella, e si sa, “più sali, più ti fai male se cadi”. The Sinking City è ambientato nella città immaginaria di Oakmont, nel Massachusetts degli anni ’20. La cittadina è tutt’altro che un luogo tranquillo in cui trascorrere le proprie vacanze, è afflitta da una strana piaga arrivata dopo “l’inondazione” che ha sommerso l’intero mondo di gioco. Dopo questo tragico, ma non chiaro evento, la popolazione è letteralmente impazzita, costantemente perseguitata da strane visioni e con gli occhi sempre ben aperti, poiché là fuori vi sono creature molto pericolose, con le quali è meglio non avere niente a che fare. Charles W. Reed, il protagonista del racconto, nonché investigatore privato e veterano di guerra, è costretto ad imbarcarsi su una nave diretta verso la terrificante Oakmont, in cerca di risposte sulla malattia che ha colpito il posto. Anche lui, come gli altri, è perseguitato dagli incubi, ed è quindi suo interesse scoprire tutti i segreti che si celano in città, al fine di trovare la fonte che ha scatenato le atroci visioni e porre fine alle disturbanti e ossessive presenze che occupano le menti umane.

Il protagonista è costantemente perseguitato da strane visioni.

The Sinking City: un incubo lovecraftiano

Il racconto non ci ha colpiti particolarmente, complice la presenza di personaggi poco carismatici (compreso il protagonista, pensato seguendo gli stereotipi più comuni, come un passato da eroe di guerra) e di una sceneggiatura incapace di regalare dialoghi di grande impatto, di stordire e di farsi ricordare. A funzionare, ancora una volta, sono i numerosi casi da risolvere, non solo a causa delle stuzzicanti meccaniche investigative, ma anche e soprattutto perché si dimostrano più intriganti del racconto principale, pur essendo incastrati nella stessa linea narrativa. Il racconto, infatti, è diviso in due parti: la prima vede il protagonista impegnato a trovare la fonte delle illusioni, la seconda lo costringe ad affrontare diversi casi. I due percorsi, però, hanno un’unica destinazione, non sono storie separate, bensì due intrecci lanciati su binari differenti, che spesso e volentieri si incrociano. Si avanza così, per circa 20 ore di gioco abbondanti, durante le quali entrerete in contatto con moltissimi personaggi, che come dicevamo, non ci hanno convinti a livello caratteriale, ma la loro rappresentazione estetica, invece, è riuscita a catturare la nostra attenzione. La città di Oakmont è piena zeppa di razze, persone dalle sembianze umanoidi, ma con un aspetto decisamente spiazzante: alcuni somigliano a delle scimmie, altri a delle creature marinaresche. Questa precisa scelta stilistica risulta ben pensata, poiché inserisce all’interno del racconto una tematica molto importante, ovvero il razzismo. Ciò avviene perché “i normali” abitanti disprezzano i “diversi” (sia chiaro, l’inserimento di tali tematiche non è necessariamente un punto di forza, ma se poste in modo intelligente, lo diventa). A quanto detto, aggiungeteci anche un incubo terrificante infilato nella vostra mente, che non mancherà – anche nei momenti più concitati – di irrompere rubando la scena con strane visioni, presenze difficili da spiegare, a livello estetico paragonabili alle creature che avrete modo di combattere per le strade della fittizia location di gioco. Ecco, se da una parte abbiamo elogiato il lavoro estetico compiuto sui personaggi, soprattutto a causa della loro diversificazione, dall’altra, abbiamo trovato il design delle creature davvero poco ispirato, non solo a causa della scarsa varietà dei mostri, ma quanto per la deludente direzione artistica, che scontrandosi con l’ottima presenza scenica delle ambientazioni, crea dei fastidiosissimi contrasti.

Messe da parte le meccaniche investigative, il gameplay rappresenta l’anello più debole della produzione.

Le strade di Oakmont, seppur molto meno popolate di quanto si potrebbe pensare inizialmente, sono caratterizzate in maniera certosina. L’ispirazione, come dicevamo in apertura, arriva dalle opere di Howard Phillips Lovecraft, ma non solo. A tratti, abbiamo avuto la sensazione di rivivere alcuni dei migliori scorci che caratterizzavano il primo BioShock, arrivato ufficialmente nel 2007 e anch’esso ambientato in una location fittizia galleggiante. Il fatto che le strade siano poco affollate, però, non solo fa perdere molto fascino alle ambientazioni, ma rende l’open world di The Sinking City privo di qualsivoglia interazione interpersonale, salvo chiaramente per i mercanti o i locandieri, con i quali, soprattutto durante i casi è possibile parlare. Importante sottolineare, che raramente le nostre scelte influenzeranno pesantemente il racconto. Certo, capita che il titolo ci conceda la libertà di scegliere, per esempio potremmo decidere di non rivelare l’identità di un assassino – magari dopo aver discusso apertamente con lui – o ancora, di affrontare le varie missioni e situazioni, liberamente. Infatti, non vi è alcun ordine preimpostato, o meglio, la storia procede in maniera lineare, ma i vari obiettivi potranno essere completati seguendo la disposizione che più vi aggrada.

Un investigativo controverso

L’anima ludica di The Sinking City è profondamente segnata da molti bassi. I picchi alti, sono ancora una volta rappresentati dalle meccaniche investigative, da sempre il marchio di fabbrica di Frogwares, anche se stavolta, a causa della poca cura riposta nella scrittura dei dialoghi e nella recitazione digitale, queste vengono un po’ affossate, riescono a malapena a reggersi in piedi grazie ad alcune trovate intelligenti. A differenza dei giochi basati su Sherlock Holmes (titoli più inquadrati e lineari), questa nuova avventura è un open world. Ciò significa che le mappe di gioco sono ben più estese che in passato, e per tanto, gli sviluppatori hanno fatto in modo che le indagini spingessero il giocatore ad esplorarle. La trovata, molto furba, riguarda l’assenza di un indicatore che vi indichi dove andare. Solamente esplorando per bene la scena del crimine scoprirete l’ubicazione del prossimo luogo, che comunque, non vi verrà mai indicato in maniera esplicita. Vi saranno solamente forniti degli indizi – in alcuni casi molto chiari – i quali andranno compresi per poter avanzare. Il protagonista, come solito ormai nei giochi di questo tipo, è dotato di uno strano dono che gli consente di vedere ciò che gli altri non possono. Una vista “speciale” che vi tornerà molto utile durante le fasi di esplorazione, a patto di non esaurirla del tutto, altrimenti dovrete aspettare che questa si ricarichi nuovamente. Una volta trovati tutti gli indizi, si sbloccherà il così detto “palazzo mentale“, una schermata attraverso la quale dovrete dimostrare di essere in grado di trovare un collegamento tra le varie prove raccolte. Questa possibilità, a seconda del tipo di difficoltà impostato, muta sensibilmente, più sarà alto, più sarà difficile venirne a capo. A tal proposito, va segnalata la possibilità di selezionare in maniera indipendente il livello di sfida, sia per quanto riguarda i combattimenti che per le investigazioni, un po’ come succede nell’ultimo Tomb Raider. Ma arriviamo ai problemi più marcati della produzione, ossia il combattimento corpo a corpo e le fasi shooting, entrambi inseriti a forza e mal amalgamati con il resto dell’avventura. Se non ci fossero stati, non ne avremmo assolutamente sentito la mancanza, poiché il fulcro dell’esperienza è un altro, ed è basato, come dicevamo, sull’esplorazione e la risoluzione dei rompicapi. Tuttavia, queste meccaniche, essendo state inserite all’interno della produzione, non possiamo esimerci dal giudicarle.

Iniziamo dal combattimento melee, che appare sin dai primi utilizzi parecchio grezzo e scarno. Le possibilità sono infatti ridottissime, e si limitano ad un banale attacco rapido da sferrare con il dorsale destro. Come se non bastasse, l’IA nemica complica ulteriormente le cose, impallandosi durante gli scontri. Ci sarebbero da far notare anche numerosi problemi di compenetrazione poligonale, ed un feedback dei colpi molto abbozzato. In merito alle sparatorie, abbiamo ben poco da elogiare, la gamma di armi da fuoco presente e sufficientemente varia e stimola il loro utilizzo, ma l’intero sistema ideato dagli sviluppatori è tra i peggiori di questa generazione. Non stiamo esagerando, per quanto ci riguarda le sparatorie rappresentano la perla più brutta di una collana già malconcia e poco abbellita. L’inserimento di queste fasi abbassa notevolmente la qualità complessiva dell’offerta e, purtroppo, gli sviluppatori non hanno in alcun modo provato a mascherare il problema, inserendo, piuttosto, numerose sparatorie. Come prevedibile, essendo stato strutturato all’interno di una mappa liberamente esplorabile, il mondo di The Sinking City può essere navigato a bordo di una barca, caratterizzata da proporzioni piuttosto piccole. Questa scelta, è dovuta dal fatto che la città, come ci suggerisce il titolo del gioco, è allagata, molte delle strade, quindi, saranno inaccessibili senza di essa. Anche in questo caso, va segnalato che il sistema di guida non è proprio il massimo, funzionale all’esperienza, ma costruito con pigrizia, poiché la fisica e le collisioni sono stati completamente trascurati. Nel gioco è stata inserita anche la possibilità di espandere le capacità del proprio avatar virtuale. Attraverso l’albero delle abilità, infatti, è possibile migliorare le statistiche del personaggio, come ad esempio prolungare la sua resistenza, in modo da utilizzare più allungo la visione speciale. Prima, però, bisognerà ottenere i classici punti abilità, accumulabili attraverso l’ottenimento di punti esperienza, facilmente guadagnabili completando i compiti primari e secondari, o uccidendo i nemici. Completa l’offerta ludica, un sistema di crafting piuttosto semplicistico, ma funzionale, attraverso il quale è possibile creare sostanze curative o pallottole per le armi. I materiali necessari per la creazione, sono disseminati per gli ambienti, fornendovi una motivazione sufficientemente valida per esplorarli al meglio.

Il titolo, artisticamente è molto ispirato, ma la realizzazione tecnica lascia molto a desiderare.

Il comparto artistico non è supportato da una valida realizzazione tecnica

Saremo piuttosto schietti, è giusto che ci legge sappia che il comparto tecnico di The Sinking City è al momento inaccettabile. Sicuramente a breve arriverà una patch correttiva, che speriamo possa risolvere tutti i problemi, ma la versione da noi testata è colma di problemi. Ce ne sono alcuni trascurabili, come il pop-up delle texture, ed altri molto gravi, come un frame rate nei limiti del sopportabile, con cali drastici sotto i 20 FPS. Anche la modellazione poligonale, se confrontata con le attuali produzioni, appare anni luci indietro, ma ce lo aspettavamo, ciò non toglie che la bellezza ed il fascino delle location perdono un po’ di verve a causa dello scarso comparto grafico, realizzato con il potentissimo Unreal Engine 4, utilizzato in maniera egregia da Bend Studio, nel videogioco Days Gone. La versione da noi testata è quella PlayStation 4 Pro, nella quale abbiamo riscontrato anche parecchi problemi legati alla risoluzione, dato che il gioco, su monitor e TV 4K sfigura non poco. Non sappiamo come sia la situazione su PC e Xbox One X, ma confidiamo che le problematiche siano bene o male le stesse in tutte le piattaforme. Durante l’anno, dovrebbe arrivare anche una versione pensata per la console ibrida di Nintendo, ovvero Switch. Sinceramente, visti i problemi legati alla versione PlayStation 4 Pro, siamo parecchio dubbiosi sulla qualità del port. Chiudiamo, infine, spendendo qualche carattere in merito all’accompagnamento musicale e al doppiaggio, che, trattandosi di un videogioco investigativo (in cui è necessariamente richiesta una buona recitazione), lascia un po’ a desiderare, pur rimanendo nella media e lasciandosi tranquillamente ascoltare. Molto belle e suggestive, invece, le musiche di gioco, che contribuiscono a rendere il mondo di The Sinking City ancora più inquietante.

Se siete arrivati fino a questo punto, avete capito che The Sinking City è un titolo trascurabile, poiché molti elementi lasciano parecchio a desiderare: le meccaniche TPS, per esempio, sono state realizzate in maniera posticcia, al punto che avremmo di gran lunga preferito che non ci fossero all’interno della produzione, così come il corpo a corpo. Gli sviluppatori, alzando notevolmente l’asticella e le ambizioni, hanno fatto il così detto “passo più lungo della gamba”. È evidente che non siano ancora pronti per la realizzazione di un prodotto di questa portata, che se costruito in maniera più furba e con meno desideri, avrebbe sicuramente potuto lasciare il segno. La componente investigativa, infatti, stuzzica moltissimo l’avanzamento; il giocatore si ritrova costretto a sviscerare i menu di gioco, ad impazzire cercando il nesso. Sono questi i momenti più riusciti della produzione, e solo questi meritano di essere apprezzati. Purtroppo la storia non è eccezionale, e i personaggi difficilmente vi conquisteranno, ma se cercate un’esperienza investigativa accompagnata da uno story board sufficiente, noi, vi consigliamo di prenderlo in considerazione, magari non a prezzo pieno. Tenete ben a mente, però, che l’investigativo per eccellenza, oggi, è soltanto uno: L.A. Noire. E con molte probabilità, lo rimarrà per tantissimo tempo, perlomeno fino a quando Rockstar Games non si deciderà a svilupparne un seguito.

Antonio è un appassionato di cinema, serie TV, ma soprattutto di videogiochi. Li ha scoperti alla tenera età di 4 anni e non li ha più mollati. Tra i suoi preferiti ci sono la saga di Metal Gear ed il videogioco The Last of Us. Infine, segue con molto interesse l'intera industria videoludica ed attende con molta trepidazione l’arrivo della prossima generazione di console.