Gli ultimi Zar | Su Netflix è possibile recuperare la storia di una delle più antiche casate della storia occidentale, i Romanov. Alla fine del XVI secolo la dinastia Rjurikidi cedeva lo scettro ad una nuova e lunghissima stagione imperiale, l’ultima per un territorio, quello russo, che nel 1917 avrebbe conosciuto la rivoluzione bolscevica e la conseguente dittatura del proletariato. In un lasso temporale così vasto, raccontare le vicende degli ultimi zar vuol dire avvicinarsi ad un momento storico determinante sia per lo sconvolgimento degli equilibri interni della nazione, sia per quanto riguarda le nuove dinamiche geopolitiche all’alba del Primo Conflitto Mondiale.
Gli ultimi zar, una docu-fiction che non sa scegliere da che parte stare
Gli ultimi zar è una serie in sei episodi che racconta la fine dell’impero zarista di Nicola II. Adrian McDowal e Gareth Tunley si dividono rispettivamente tre capitoli a testa dirigendo un cast che è composto da Robert Jack (Nicky), Susanna Herbert (Alix) e Ben Cartwright (Rasputin). La scelta linguistica è quella di realizzare un prodotto ibrido, dal forte impianto drammaturgico, di accezione talvolta dichiaratamente teatrale. Ken Follet nel 2010 iniziò a scrivere una delle trilogie storiche più avvincenti e coerenti della letteratura contemporanea, La trilogia del secolo. Il punto di vista delle sue tre opere era quello di una serie di famiglie europee (alcune appartenenti all’aristocrazia, altre al sottoproletariato) che nel corso degli anni faceva i conti con la Grande Guerra, col sorgere dei totalitarismi ed infine la Guerra Fredda. Il primo dei tre libri si chiamava, emblematicamente, La caduta dei Giganti. Il motivo era chiaro. Dopo secoli di monarchia, la fine del conflitto globale si trascinava nella tomba anche anni ed anni di aristocrazia, tagliando a fettine i leviatani della politica continentale. Ed i precursori, in questo percorso a ritroso dal trono al patibolo furono appunto i Romanov. Adrian McDowal e Gareth Tunley decidono allora di riportare in auge una storia tra le più appassionanti degli ultimi tempi, in cui apparentemente non manca nulla: complotti, eros, follia cieca. Nonostante questo però, la scelta di alternare scene recitate a contributi in cui degli esperti danno un taglio maggiormente documentaristico al lavoro non sembra convincere già dalle prime battute. Gli ultimi zar è una serie che a più riprese sembra voler pigiare il piede sull’epica della casata, sulle paure generate dalla Rivoluzione d’ottobre, sui poteri sovrannaturali di Rasputin, sugli intrighi di Palazzo. Sul più bello però le spinte action che potrebbero garantire continuità alla narrazione finiscono per essere stoppate dalle riflessioni documentaristiche che, anziché dimostrarsi valore aggiunto, finiscono per limitarne il potenziale narrativo.
Rasputin, l’immortale
L’attenzione alle famiglie reali negli ultimi tempi sembra essersi davvero decuplicata. Si pensi al successo di format inglesi come The Crown (che per la terza stagione vedrà l’ingresso nel cast di Olivia Colman) o Downtown Abbey, ma anche della stessa The Romanoffs. Sintomo questo che l’impostazione su più personaggi tipica delle vicende di corte ben si sposa con un prodotto seriale, dove si ha tutto lo spazio per sviscerare nel profondo le singole istanze di personaggi principali e secondari. Tra quelli raccontati da Gli ultimi zar, il più accattivante resta di gran lunga Rasputin, il famosissimo monaco siberiano che arriva a palazzo stravolgendo gli equilibri interni della famiglia. Su di lui sono stati spesi metri e metri di pellicola, sintomo di una alchimia che fa del personaggio uno degli antieroi più controversi ed interessanti della storia del cinema. Ed anche in questo caso le sue gesta, le sue relazioni amorose e, soprattutto, il complotto che porta alla sua morte, risultano essere i momenti più interessanti in tutti e sei gli episodi a disposizione.
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In definitiva, Gli ultimi zar è una serie che a priori si dimostrava intelligente nella scelta di voler parlare di una casata di cui tanto si è detto ma che, alla fine della fiera, tanto ancora si vuole sapere. La scelta di fermarsi a metà tra la fiction ed il documentario televisivo non premia però il risultato finale, che alle volte sembra sbandare tra un genere e l’altro senza riuscire mai ad ottenere una autonomia narrativa definitiva ed apprezzabile.