The Dark Pictures Anthology Man of Medan Recensione | Dopo il successo strabiliante di Until Dawn (a questo indirizzo trovate la nostra recensione), divenuto in poco tempo il gioco più visualizzato su YouTube, Supermassive Games – stavolta sotto l’ala protettiva di Bandai Namco – riprova il colpaccio con The Dark Pictures Anthology, una raccolta di cinque giochi intenti a raccontare ad ogni uscita una differente leggenda dell’orrore. Man of Medan, questo il nome del primo componente della collezione, narra la terrificante vicenda di un gruppo di ragazzini che tenta la sorte lanciandosi alla ricerca della “nave fantasma“, nella speranza di documentarne la scoperta per primi. Dopo aver testato a fondo la versione PlayStation 4 Pro, vi raccontiamo se questo stuzzicante ed “innovativo” esperimento può ritenersi riuscito.
Il gruppo è pronto a salpare a bordo della barca del capitano Fliss.
The Dark Pictures Anthology Man of Medan: Déjà vu
Un gruppetto di ragazzi a dir poco sopra le righe ed una storia pronta a terrorizzare i più giovani. Diciamocelo, non è per niente difficile trovate delle similitudini con Until Dawn. Dal progetto rilasciato nel 2015 esclusivamente per la piattaforma di Sony (PlayStation 4), Man of Medan pesca a piene mani: c’è una caratterizzazione dei personaggi assimilabile, una trama leggera, una figura misteriosa che indossa le vesti del narratore (meno impattante e geniale) e i totem, diventati per l’occasione dei quadri che svelano degli avvenimenti futuri particolarmente importanti e pericolosi. Fortunatamente c’è una grandissima novità, in assoluto la più ambiziosa e preziosa della produzione, che speriamo venga utilizzata anche da altre case di sviluppo; ci riferiamo alla cooperativa locale e online. Dal primo istante fino all’ultimo, la produzione di Supermassive Games potrà essere affrontata in compagnia degli amici: un massimo di cinque per la modalità offline (“Serata al Cinema”) e soli due posti per l’online (“Storia Condivisa”). È proprio in una delle due che andrebbe vissuta questa esperienza, poiché letteralmente incapace di stupire ed innovare se giocata in singolo, a causa dell’eccessiva somiglianza con Until Dawn, persino in alcune soluzioni narrative.
Ad ogni modo, sia che scegliate di giocare in singolo che in cooperativa, viritroverete a controllare gli stessi personaggi e a seguire lo stesso copione. La sceneggiatura, infatti, non subirà nessuna variazione; a meno che non siate direttamente voi a mutarli con le scelte, tutti i dialoghi rimarranno invariati. In compagnia, però, avrete modo di osservare e comprendere meglio il racconto. Ci spieghiamo meglio: giocando da soli, gli sviluppatori, di scena in scena, passeranno il controllo ad un altro personaggio, finendo per farveli utilizzare tutti almeno un paio di volte. In “Storia Condivisa”, invece, la prospettiva si moltiplica, e anche se non avrete modo di guardare la seconda (ossia lo schermo del vostro compagno), comunque, vivrete il doppio delle scene, ampliando di conseguenza il racconto. Capita, poi, di incrociare l’altro giocatore o di influenzare la sua vita – o persino causarne la morte – con le scelte, che a proposito, in Man of Medan, seppur banali, raggiungono nuove vette per il team inglese. Nonostante duri quanto una serata al cinema (all’incirca tre ore e mezza), le possibilità sono sconfinate e il più delle volte riguardano la perdita di un personaggio. Una delle più ramificate sezioni di gioco è quella a bordo della barca del capitano Fliss, ampiamente mostrata dal team di sviluppo durante la campagna pubblicitaria del gioco. Qui, le possibilità sono moltissime e modificano pesantemente la seconda parte della trama, anch’essa fornita di momenti assai mutabili. L’unico grosso problema, tralasciando come dicevamo, una banalità talvolta eccessiva, è la presenza di alcuni dialoghi a risposta multipla completamente insignificanti. Per farvi capire meglio a cosa ci riferiamo, dobbiamo necessariamente fare un esempio: nel corso della prima ora, Julia e Alex – due fidanzati – decidono di esplorare un relitto per scoprire l’ubicazione della nave fantasma. Durante l’immersione, il ragazzo chiede a Julia se vuole sposarlo, e noi, nei panni della ragazza, dovremmo prendere una decisione. Ora, se non abbiamo mai conosciuto questa giovane coppia e il gioco non ci ha spiegato al meglio lo stato della loro relazione, su quale base dovremo scegliere? Nessuna. Ci dispiace dirlo, ma non ha alcun senso, e per fortuna non ci sono altri episodi simili. C’è da dire, però, che trattandosi di un titolo caratterizzato da una durata piuttosto breve, è come se ogni difetto pesasse il doppio. In sole tre ore di racconto vendute a trenta euro, ci si aspetterebbe che ogni cosa stia esattamente al proprio posto.
Come dichiarato più volte dal team di sviluppo, ciascun gioco della raccolta sarà basato su una differente leggenda dell’orrore, la quale riveste un ruolo massiccio per quanto concerne la trama principale. Abbiamo apprezzato particolarmente l’idea di aprire le vicende di Man of Medan con un prologo completamente dedicato ad essa. I primi momenti, infatti, non solo insegnano le meccaniche di gioco ammorbando poco il giocatore ed integrando il tutto con la storia, ma dedicano anche un paio di minuti all’approfondimento e alla caratterizzazione dell’equipaggio facente parte della nave fantasma. Come dicevamo, l’idea è azzeccata, ma la sua realizzazione lascia parecchio a desiderare. Una volta finita la sequenza introduttiva si ha la sensazione di non aver compreso bene cosa abbia ucciso l’equipaggio e come sia successo: se da una parte è apprezzabile tenere allo scuro il giocatore, in modo da instillargli molta tensione in attesa di una grande rivelazione, arrivare ai titoli di coda con gli stessi dubbi è segno che le cose non siano state raccontate nel modo giusto. Si, è vero, nel menù principale sono presenti alcuni extra il cui compito è quello di narrare la leggenda, ma ciò che il personale della nave volesse fare con il pericolosissimo carico trasportato, rimarrà per sempre un caso irrisolto. Lievemente migliore è invece la caratterizzazione dei personaggi, merito soprattutto della loro diversificazione; ciascuno ha il proprio carattere e le proprie idee, queste possono mutare a seconda delle scelte che andremo a compiere: se proveremo a salvare un compagno, ad esempio, il personaggio in questione diventerà più coraggioso e si comporterà di conseguenza nelle successive scene di gioco. Anche le relazioni tra i personaggi hanno un ruolo in Man of Medan; queste sono tutte visibili all’interno di un menù apposito, consultabile in qualsiasi momento premendo il dorsale destro. Tuttavia, non aspettatevi dei rapporti interpersonali particolarmente stratificati, altrimenti verrete delusi, sono soddisfacenti ma non in grado di farsi ricordare con piacere.
La nave fantasma, la leggenda su cui è basato il racconto, riveste un ruolo importante.
Man of Medan: Tra QTE e fasi esplorative
Controller alla mano, le sensazioni che trasmette al giocatore sono le medesime di Until Dawn. Il gameplay è praticamente rimasto invariato ed è ancora basato sulle sequenze esplorative e quelle dedicate ai QTE, durante le quali bisognerà premere il tasto giusto al momento giusto. Anche stavolta, la regia è completamente nelle mani degli sviluppatori, non la si potrà in alcun modo gestire con la levetta destra. Tale scelta, in alcuni frangenti si dimostra molto autoriale e ben sfruttata, in altri mostra un po’ il fianco, specie quando stiamo esplorando e vorremmo inquadrare meglio una specifica zona. Le aree di gioco, infatti, ospitano al loro interno vari documenti da leggere, il più delle volte riconducibili ai soldati: cartelle cliniche, lettere spedite a casa e via discorrendo. Nulla di assolutamente necessario ai fini della trama principale. Inoltre, quando salirete a bordo della nave, essendo maggiormente impegnati a capire cosa stia accadendo e a subire continuamente strane presenze, urla e rumori, non sarete per nulla invogliati a leggerli. Troviamo che la loro introduzione sia particolarmente forzata, quasi a voler ineluttabilmente offrire qualche contenuto extra al giocatore.
Va precisato a tutti gli appassionati di horror movie/games, che fatta eccezione per una specifica sezione di gioco (molto simile a P.T) e ad alcune situazioni affrontate in coop capaci di coinvolgere in maniera geniale i due partecipanti, le soluzioni utilizzate dai ragazzi di Supermassive Games sono paragonabili a produzioni quali Scream e Twilight. Non c’è – quasi – nulla di psicologico à la The Evil Within, o comunque capace di terrorizzare anche una volta spenta la console. L’espediente più gettonato è quello del jup scare, talvolta presente anche in dosi esagerate. Maggiormente riusciti sono alcuni momenti ribattezzati “mantieni la calma”, nei quali dovremo necessariamente premere il pulsante X all’interno di specifiche onde visualizzate a schermo. Tale soluzione, se vi ricordate, veniva sfruttata anche da Until Dawn, ma in modo diverso, facendo affidamento sul sistema sixaxis del dualshock 4.
Conrad, alle prese con una strana presenza.
Tutta la potenza di Unreal Engine 4
Non avendo più modo di sfruttare il potentissimo Decima Engine di Guerrilla Games, per la realizzazione di Man of Medan è stato scelto l’Unreal Engine 4, un motore indubbiamente molto prestante, ma eccessivamente pesante. Infatti, nonostante la longevità del gioco non sia particolarmente elevata, l’intera installazione supera i 50 GB di spazio di archiviazione. Ciò succede perché i file di gioco non sono stati ottimizzati al meglio e le texture occupano abbondantemente svariati GB. Fortunatamente, però, il risultato finale è di pregevolissima fattura, con modelli ben dettagliati e una risoluzione abbastanza elevata da non sfigurare sugli schermi 4K. L’unica pecca riguarda i volti, nello specifico alcune espressioni facciali, ma si tratta di problematiche passabili. Nota piuttosto dolente, il doppiaggio italiano, pregno di interpretazioni al di sotto degli standard odierni; vi consigliamo vivamente di impostare quello originale (inglese). Chiudiamo, infine, menzionando l’accompagnamento musicale, indubbiamente non memorabile, ma discretamente vario e funzionale.
Nonostante sia sommerso da tante banalità e da alcune soluzioni narrative non proprio brillanti, Man of Medan è un’esperienza da provare assolutamente. L’introduzione della cooperativa, sia locale che online, ha portato una ventata d’aria notevolmente rinfrescante, da sola capace di reggere in piedi l’intero pacchetto, venduto a trenta euro. Un prezzo, considerando la longevità complessiva del prodotto, decisamente troppo alto; sarebbe sicuramente stato meglio optare per i quindici euro complessivi. Permangono, purtroppo, alcuni difetti ormai storici, come un eccessivo utilizzo dei jump scare, alle volte veramente invadente e frustrante. In ogni caso, magari approfittando di uno sconto che sicuramente non tarderà ad arrivare, il consiglio è quello di trovare un paio di amici e concedersi una serata in compagnia di Man of Medan!